Dal microbus al lussuoso granturismo di Fabio Vergnano

Dal microbus al lussuoso granturismo Il multiforme mondo degli autobus: una miriade di modelli e versioni per ogni impiego Dal microbus al lussuoso granturismo Un'evoluzione che dura da quasi ottantanni - I prodotti italiani, molto apprezzati anche sui mercati esteri, hanno avuto un discreto 1980, ma l'orizzonte è denso di nubi - Quello che dicono gli esponenti del settore All'inizio del Novecento, pur se il traino animale non è ancora stato sconfessato, tram elettrici ed autobus diventano i protagonisti di un rinnovato paesaggio urbano. I secondi in particolare si fanno preferire per maggior velocità, minore costo e minore rumorosità, maggior flessibilità e mobilità di utilizzo in relazione alle esigerne sempre crescenti del trasporto di persone. L'immagine di un autobus nel primo decennio del secolo è pressappoco questo, un telaio di autocarro sul quale è stata applicata la cassa di una diligenza ippotrainata. Con la sua forma panciuta poggia direttamente sui longheroni, ha tanti sportelli laterali quante sono le file di sedili, non ha corridoio al centro. La parte anteriore è quella dell'autocarro con il caretteristico cofano il cui volume appare sproporzionato rispetto alla retrostante carrozzeria, e sul quale spiccano i grandi fanali. La struttura della carrozzeria è di legno, il mantice è ricoperto di tela olona. Non si vergogna di mostrare la meccanica che si scorge sotto i longheroni, come non si vergognano di mettere in evidenza le gambe le ballerine del can-can. Cosi parte per il suo lungo viaggio l'autobus, la cui evoluzione, magari solo a piccoli passi, non ha d'allora più conosciuto soste. Si comincia cosi ad allungare il passo e la lunghezza massima, ad ammorbidire le balestre perché rispetto alle merci il carico umano necessita di maggior confort. Si aumenta ancora la velocità per consentire a quella che viene definita « corriera», di migliorare il proprio servizio che allora era prettamente extraurbano. Agli inizi degli Anni Trenta l'autobus adotta il motore Diesel, posto ancora fuori, finché si compie un ulteriore passo avanti con la cabina avanzata ed il motore a fianco del posto di guida. Da questo momento inizia l'odissea del collocamento del motore (siamo già negli Anni Quaranta), finché gli americani risolvono il problema mandando il motore in fondo all'autobus e collocandolo trasversalmente. Di lì non si muoverà più. Gli europei però ne ritoccheranno definitivamente la posizione sistemandolo longitudinalmente in quella che sembra essere la sua posizione definitiva. Dopo l'ultima guerra una grande svolta. Si abbandona la struttura di legno per l'acciaio e si adotta la cassa portante, guadagnando in peso, robustezza e nell'architettura generale dell'autobus. Ma sarebbe troppo lungo seguire passo dopo passo la storia di questo insostituibile protago¬ nista della vita d'oggi. Oramai, sulle nostre strade circolano delle specie di case viaggianti dotate dei più sofisticati conforts e plasmate dalle abili mani di designers di fama, soprattutto per quel che riguarda l'autobus da gran turismo. Ma la realtà italiana in questo settore non induce all'ottimismo. Nel 1980 c'è stato un consistente aumento produttivo, valutabile in oltre il 44 per cento rispetto all'anno precedente, ma occorre sottolineare che si tratta solo di un recupero dei livelli del 1974, cui seguì una fase di profonda depressione. La produzione complessiva è stata l'anno scorso di 8514 autobus. Non altrettanto favorevole l'andamento delle immatricolazioni in Italia che, rispetto al 1979, sono cresciute solo del 14 per cento, anche a causa del forte passivo delle aziende pubbliche. Più che triplicata invece l'esportazione rispetto al 1979, che era stato un anno particolarmente negativo, con sole 3030 unità esportate. Oggi la produzione italiana di autobus pesanti è praticamente concentrata in poche aziende, e precisamente l'Iveco, con i marchi nazionali Fiat ed OM, la carrozzeria Menarini di Bologna, la Macchi di Varese ed il consorzio Inbus che raggruppa la Breda di Pistoia, la De Simon di Osoppo, la Sicca di Vittorio Veneto e la Sofer di Pozzuoli. Sia Menarini che Inbus operano non solo come costruttori ma anche nel settore della carrozzeria vera e propria, così come Barbi, Bianchi, Borsoni, Cam, Caria- sco, Essti, Garbarini, I.Me.r., Lam, Setra, Macchi, Mat Mar, Mauri, Minerva, Neoplan, Portesi, Ruggeri, Sicca, Dalla Via, Introzzi, Mìnonzio, Angelo Orlandi, Renzo Orlandi, Officine Padane, Seac. Il 1981 s'è iniziato in un'atmosfera decisamente recessiva, e ai tanti problemi dipendenti dall'economia nazionale sono venuti ad aggiungersi i provvedimenti antinflazionistici che hanno convogliato nuove nubi su questo già depresso panorama. Si spera ora che l'approvazione della legge istitutiva del Fondo Nazionale Trasporti attivi in breve almeno il mercato dei mezzi per servizi urbani. Eppure esisterebbero i presupposti per una ripresa del settore. La domanda nell'ambito del trasporto collettivo è potenzialmente elevata. Il .parco» veicoli italiano è il più vecchio d'Europa ed inoltre l'industria del ramo lavora da anni a ritmi inferiori alla capacità effettiva. All'apertura del settimo Salone Internazionale del Veicolo Industriale e Commerciale, sentiamo il parere dei protagonisti, ossia i costruttori. Secondo il ragionìer Eugenio Menarini, amministratore della Carrozzeria Menarini, «non si può non dire che in questo momento l'industria per la costruzione degli autobus stia attraversando una delle crisi più pesanti del dopoguerra. Diverse le ragioni. Innanzitutto le aziende pubbliche di trasporto hanno rallentato i programmi di rinnovo in attesa del completamento dell'iter parlamentare della legge quadro sui trasporti. Quindi tutto 11 meccanismo delle sovvenzioni pubbliche per l'acquisto di autobus, sia per quanto riguarda le aziende sia i privati, riprende con circa sei mesi di ritardo. Come conseguenza c'è stato un assoluto vuoto di programmazione e un ricorso alla Cassa integrazione per le aziende di maggiori dimensioni. Lo stesso accade per il settore turistico. Il Salone è certamente l'occasione migliore per sondare il mercato, le sue tendenze e soprattutto le esigenze tecniche perii futuro». Il cav. Ilvo De Simon, vicepresidente del gruppo Inbus, che detiene il 30 per cento circa del mercato nazionale di autobus urbani, suburbani ed interurbani, spiega che «oggi non solo l'Inbus ma tutto il settore è in grado di offrire mezzi pienamente rispondenti alle più gravose condizioni di esercizio, economici nella manutenzione, confortevoli e sicuri. Il grado di perfezione tecnica raggiunto fa bene sperare per l'avvio di una corrente esportativa anche sui mercati esteri caratterizzati da condizioni di impiego altrettanto gravose». Fabio Vergnano

Luoghi citati: Bologna, Europa, Italia, Osoppo, Pistoia, Pozzuoli, Varese, Vittorio Veneto