Al processo urlò all'avvocato «Ho studiato, non sono matto» di Igor Man

Al processo urlò all'avvocato «Ho studiato, non sono matto» Al processo urlò all'avvocato «Ho studiato, non sono matto» L'attentato contro Giovanni Paolo II è l'ultimo e il più clamoroso dei «fattacci» a sfondo politico che, da dodici anni a questa parte, hanno insanguinato Roma. A sparare contro il Papa, si sa, è stalo Mehemed Ali Agca, studente universitario, nato 23 anni fa a Yesiltepe, comune della provincia di Malatya, nella Turchia sudorientale, condannato a morte in contumacia il 28 aprile 1980 per l'uccisione di Abdi Ipekci, il Casalegno turco, vicedirettore di Milliyet. Dopo l'assassinio di Abdi, Mehemed Ali Agca, che allora aveva vent'anni, lasciò le armi nella sede del partito di azione nazionale del funesto colonnello Turkes. Riuscì facile alla polizia arrestarlo e accertare com'egli appartenesse a una organizzazione giovanile di estrema destra detta «degli idealistica, uno dei tanti gruppuscoli teleguidati dai «lupi grigi» di Turkes. Quel che distingue Agca è un'assoluta rozzezza ideologica tipica, nel segno comune della contraddizione, dei giovani terroristi turchi di destra. Comparso davanti alla Corte marziale, dà sulla voce al suo avvocato che cerca di farlo passare per incapace di intendere e volere, dicendo: « Uno come me che ha fatto studi universitari non può in nessun caso soffrire di turbe mentali». E al giudice che gli ricorda i docenti universitari vittime del terrorismo, replica: «Mi stupisce che un insigne giurista come lei possa porre un lacchè del sionismo, un ebreo convertito qua! era Ipekci nello stesso gruppo dei professori di talento». Più tardi, tuttavia, dichiara: «Ho ucciso Abdi Ipekci per por fine al massacro di uomini, bambini, contadini e studenti, per stroncare l'aggressione armata dei gruppi di pressione dell'economia e della borghesia. E' un fatto che scienziati illustri sono stati eliminati per gli stessi motivi. Io vole¬ vo che Istanbul precipitasse nell'anarchia. Voi potreste dire che io avevo smarrito la ragione. Può darsi, io non lo so. Volevo solo farla finita con l'attuale sistema. A vevo selezionato i responsabili interni ed esterni: Abdi Ipekci, l'ambasciatore degli Stati Uniti, l'ambasciatore dell'Urss e il Papa. Mi dispiace di aver ucciso il signor Ipekci, ma non rimpiango di averlo fatto. Non lo conoscevo, non avevo nessun legame con lui. Ho ucciso un grande giornalista». Allucinante ma emblematica: così Emin Colasan definisce la deposizione di Agca. Emin Colasan, collega di Ipekci, è l'autore di un'inchiesta sul terrorismo turco pubblicata dal Milliyet. Due anni fa mi disse che i terroristi turchi sono giovani (dai sedici ai 24 anni) in maggioranza studenti falliti, di povera famiglia, nati in villaggi o piccole città e subito venuti a Istanbul, Ankara, Smirne attratti dal falso benessere delle grandi città. Le bidonvilles che sfregiano come una lebbra dannata le grandi città (nella sola Istanbul, che ha quintuplicato in vent'anni la sua popolazione, gli immigrati sono la metà dei due milioni e mezzo di disoccupati turchi) sono divenute il serbatoio ideale della manovalanza del terrorismo. Vi hanno pescato a piene mani soprattutto gli «amici» di Turkes, ma anche gli emissari della nebulosa di sinistra e, a quanto si vuole da più parti, pure l'Eia (l'esercito segreto per la liberazione dell'Armenia). Arrestato il 25 giugno 1979, Agca fuggiva il 25 novembre 1979, dalla prigione militare di Istanbul: usci indisturbato dal carcere indossando la divisa militare. Pochi giorni prima dell'evasione, sul suo conto in banca erano state accreditate 300 mila lire turche (circa tre milioni di lire italiane). Latitante, scrisse al giornale Milliyet, proprio alla vigilia del viaggio di Giovanni Paolo II in Turchia: «Se questa visita inopportuna non verrà annullata, ucciderò il Papa. E' questo l'unico motivo della mia fuga dalla prigione». Il Papa, per lui, è il «comandante dei crociati mascherati i quali paventano che la Turchia fondi in Medio Oriente, con le nazioni sorelle islamiche, una nuova potenza». Mehemed Ali Agca fu catturato di nuovo ma riuscì a fuggire un'altra volta. L'11 maggio 1980 le autorità turche diffusero una lista di 18 terroristi; fra di essi figurava l'attentatore del Papa. Ora il giornale turco Gumhuriet scrive: «C'erano e ci sono molte organizzazioni oscure, centrali segrete che appoggiano Mehemed Ali Agca e queste hanno collegamenti internazionali. Con il loro appoggio egli potè uscire di prigione e starsene tranquillamente per un certo tempo in Germania. L'attentato contro il Papa è opera -di un'organizzazione assetata di sangue». Qual è Vorganizzazione che ha minacciato il Papa? Che si sappia una sola, finora, lo ha fatto apertamente. E' l'Eia, l'esercito di liberazione armeno. Il 1" settembre 1980 in una intervista rilasciata a Panorama, Hagop Hagopian, «cervello» del)'£/a, denunciò la supposta attività antiarmena dell'Ansila (che fa parte del consiglio mondiale delle chiese) minacciando di colpire i «centri», coinvolti, a suo dire, nel traffico di emigranti armeni, «compreso il Vaticano e il Papa». Scriviamo questo solo a titolo di cronaca. E sempre a titolo di cronaca ricorderemo come dopo i «fattacci» del 1980 (sei attentati a Roma dal marzo al giugno) fu deciso «di intensificare i controlli al valico di Fiumicino». Infatti è una certa politica di «accoglienza» che andrebbe rivista e non già per discriminare nessuno: Roma può ben essere la capitale di tutti ma non una città aperta allo scarico delle tensioni del Medio Oriente. _ Igor Man