Nel museo delle vecchie fisarmoniche anche quella che suonò per Garibaldi di Ermete Grifoni

Nel museo delle vecchie fisarmoniche anche quella che suonò per Garibaldi Castelfidardo: esposti un centinaio di cimeli, altri ne arriveranno Nel museo delle vecchie fisarmoniche anche quella che suonò per Garibaldi E' stata donata da un architetto di Milano, era di un avo che a 18 anni partì con i Mille Un busto a Paolo Soprani, che costruì i primi strumenti divenuti famosi nel mondo CASTELFIDARDO — Da ieri la fisarmonica è in pace con la sua storia. Le hanno infatti dedicato un museo internazionale a Castelfidardo. la cittadina delle Marche dove nel 1863 nacque il primo organetto italiano. Un esordio che sa di domestica leggenda: fu un contadino di queste parti, che poi ebbe onori e divenne un famoso industriale, a costruirlo sul modello di una primitiva concertina che un pellegrino al santuario di Loreto si portava dietro. Il viandante, che sembra fosse un austriaco, aveva chiesto ospitalità nel casolare di campagna, e in una notte il contadino, che si chiamava Paolo Soprani, ideò la «sua» fisarmonica: aveva una rudimentale tastiera per il canto e una per l'accompagnamento e sfruttava attraverso il mantice il principio dell'ancia insufflata, la linguetta che, mossa dall'aria, produce un suono, principio già noto del resto ai cinesi nel 900 a.C. con il tcheng, l'organo a bocca. Da quel giorno, la moderna fisarmonica segnò i momenti lieti e tristi della vita popolare, accompagnò i soldati al fronte e gli emigranti sulle navi, i balli sull'aia e le serenate di paese. C'è ancora tanta gente non più giovane a cui si fanno gli occhi lucidi al pensiero di -Quando suona Veronica, la fisarmonica». Ma anche i ragazzi d'oggi non disdegnano gli epigoni di quel primo patetico modello tutto rabeschi di madreperla, oggi divenuto un lucido e sofisticato strumento elettronico, con decine di registri timbrici per gli effetti, degno di entrare nei conservatori di musica per le sue raffinate possibilità espressive. Questa storia è dunque raccontata nel museo di Castelfidardo, voluto dal Comune, dalla Pro loco, e da Italia Nostra nel sotterraneo quattrocentesco del Palazzo Municipale, dove ci guida il responsabile della raccolta Beniamino Bugiolatti. Gli strumenti esposti sono per ora un centinaio, e vengono da tutto il mondo, grazie a scambi, acquisti e anche donazioni per effetto di un appello lanciato dalla trasmissione televisiva «Portobello». Alcuni sono autentici cimeli. C'è per esempio un organino donato dall'architetto Renato Morganti, di Milano, ereditato da un suo avo garibaldino. Renato Cuttica, che a 18 anni parti volontario con i Mille. Suonò sul Volturno, è del 1857, antecedente quindi alla nascita della vera e propria fisarmonica. Ha appena dieci tasti e dua bassi. Ci sono i prototipi del 1880, di Mariano Dallapè. con un curioso ornamento di specchietti, e di Simone Merlo di Vercelli. Infatti, da Castelfidardo la fabbricazione artigiana di organetti si era diffusa in Italia negli ultimi trent'anni dell'800: a Stradella con Dallapè, a Vercelli con Ranco, Cavagnolo e Opezzo. a Castellazzo Bormida con Francesco Massobrio, e inoltre a Diano Marina, Teramo. Catania. Erano tutti strumenti diatonici: con un solo tasto si ottenevano due suoni diversi, a seconda se il mantice si chiudeva o si apriva, ed erano tutti in legno in quanto la celluloide non veniva ancora applicata. E accanto a questi i confratelli tirolesi, austriaci, tedeschi, russi perché sembra che proprio nella steppa Paolo Soprani abbia avuto qualche oscuro antesignano. Molti esemplari sono stati donati. Tra le offerte più cospicue vanno citate quelle di Antonio Lajolo di Torino, un collezionista che ha inviato al museo ben sei rari esemplari, di Amleto Dallapè, di Stradella. Pasquale Ficosecco, di Castel- fidardo. Secondina Pilone, di Torino. A guardarli ad uno ad uno questi prototipi in vetrina si indovinano storie sul filo del sentimento, si immaginano vicende estrose e fantastiche. Mantici fatti con legno di rosa, casse trasparenti, tastiere intarsiate con il Liberty del primo Novecento. La fisarmonica suggerisce anche una storia dell'arte applicata e del costume. C'è un curioso organo che viene da Murano, una fisarmonica da tavolo suonata orizzontalmente durante le processioni; ci sono i romantici bandoneon con due o tre mantici separati, i classici del tango argentino: le cromatiche francesi e finlandesi dove la tastiera procede per semitoni divisi su tre file, un singolare piano-corno (accoppiamento di fisarmonica e corno) fabbricato a Numana e c'è un patetico organino di mezzo secolo fa che è arrivato da Sant'Angelo dei Lombardi. L'artigiano, Felicino Del Priore, fabbrica ancora organetti nella casa terremotata. Dice Pio Boccosi, direttore della rivista «Strumenti e musica»: -Non c'è strumento che rappresenti con tanta efficacia la nostra tradizione musicale popolare quanto la fisarmonica. Ma siamo forse afflitti da complessi snobistici, per dirlo a chiare lettere». Ci accompagna anche un celebre fisarmonicista, Gervasio Marcosignori. che aggiunge un giudizio tecnico: -Non esiste neppure un altro strumento ad ancia libera che consenta di personalizzare la musica. La fisarmonica è soprattutto espressione». Fuori del palazzo. Castelfidardo vive la sua grande giornata con le bandiere, la banda, il ministro Foschi, la gente delle fabbriche assiepata sulla piazza. Il busto in gesso di Paolo Soprani, che stavolta ha sul panciotto la gran croce di cavaliere, è 11, sull'ingresso, a darvi il benvenuto. Ermete Grifoni