Cose concrete, non grandi obiettivi Questa è la nuova programmazione
Cose concrete, non grandi obiettivi Questa è la nuova programmazione Il ministro del Bilancio La Malfa interviene in un dibattito a Torino Cose concrete, non grandi obiettivi Questa è la nuova programmazione TORINO — La parola programmazione, usata (quasi sempre a vuoto) fino alla consunzione e al discredito per tutti gli Anni 60 e 70, torna di attualità in coincidenza con l'approvazione del piano a medio termine. Questo documento, infatti, dovrebbe costituire la nuova guida dello sviluppo economico italiano da quiall'S3. Di nuovo, in questo piano, c'è il fatto che ai grandi obiettivi astratti del passato (la crescita della produzione, gli investimenti globali, il saldo della bilancia dei pagamenti, l'occupazione! viene sostituita la programmazione precisa (o precisabile di anno in anno) degli investimenti pubblici, unitamente alla manovra di elementi controllabili dalle autorità come il bilancio pubblico e la creazione di moneta. Non più un •libro dei sogni» ma una serie di impegni del governo e delle pubbliche amministrazioni a fare certe cose, poche e limitate, ma in compenso possibili. Questa differenza è stata sottolineata da Paolo Savona, segretario generale della programmazione, nell'aprile ieri a Torino (Camera di commercio) un dibattito sui rapporti tra pianificazione di impresa e programmazione economica nazionale organizzato dal Ceep (Centro studi di politica economica) e patrocinato dalla Esso Italiana e dalla Olivetti. Sono intervenuti, tra gli altri, William Barnes, presidente della Esso Italiana. Carlo De Benedetti, amministratore delegato della Olivetti, Walter Mandelli, vicepresidente della Confindustria, Cesare Romiti, amministratore delegato della Fiat, Claudio Simonelli, assessore alla programmazione del Piemonte, Ettore Massacesi, presidente dell'Alfa Romeo. Bruno Trentin. segretario confederale della Cgil e il principale ispiratore del piano a medio termine, il ministro del Bilancio Giorgio La Malfa. Moderatore è stato Francesco Forte. Come possono pianificare il proprio futuro, oggi, le imprese italiane? La diagnosi, molto secca, l'ha fatta Romiti: -La mancanza di linee di azione, l'instabilità politica, l'incertezza e il ritardo delle decisioni rendono non soltanto carente, ma imprevedibile etndecifrabile il quadro di politica economica e industriale». E di questa incoerenza ha citato alcuni casi clamorosi: .Troppo spesso — ha aggiunto — nel nostro Paese all'origine della scarsa redditività delle imprese stanno ritardi e insufficienza delle azioni di politica economica e industriale e carenze gravi del sistema». / casi dell'auto e di altri settori industriali sono esemplari, in questo senso. Lauto aveva bisogno di un grande sforzo di innovazione e questa necessità era stata recepita nel .decretone» dello scorso agosto, che aveva previsto un • fondo- appunto per l'innovazione. «Purtroppo — ha sottolineato l'amministratore delegato della Fiat — un provvedimento che tutti giudicavano della massima urgenza un anno fa, ha dovuto attendere sette mesi, dopo la caduta del decretone. per essere riproposto come legge, con una formulazione che segna un enorme passo indietro rispetto all'impostazione originale ». Altro problema centrale, secondo Romiti, è quello del costo del lavoro, che influenza l'anda¬ mento dell'inflazione. «Il primo passo da fare — ha detto — è l'abolizione degli automatismi, sostituendo la scala mobile con un sistema più governabile, basato su contratti annuali che fissino il limite massimo degli aumenti del costo del lavoro in tutte le sue componenti.. Costo del lavoro, mobilità, inflazione, scala mobile: questi fantasmi non sono mai usciti dalla sala del convegno torinese: ne ha parlato anche Mandelli, e alla fine Trentin ha dato la risposta del sindacato: se la programmazione riesce a dare trasparenza alle intenzioni delle imprese si può discutere di una gestione flessibile della forza lavoro, -si può tentare di programmare anctie il costo del lavoro». De Benedetti aveva sottolineato che nei prossimi anni la competizione avverrà sempre più tra grandi sistemi produttivi (ha citato il «sistema Giappone»; e tra singole imprese: perciò queste devono appoggiarsi a strategie nazionali nell'ambito di un quadro programmatorio semplice, dotato di strumenti comprensibili e «coerenti con la logica delle imprese, cioè dell'efficienza e della redditività degli investimenti». La programmazione degli Anni 80 avrà piii successo dei tentativi precedenti? La Malfa ha spiegato perché di questo metodo di governo dell'economia non si può più fare a meno: «Bisogna spezzare la spirale dei provvedimenti presi giorno per giorno, sospendere "per qualche mese" le decisioni prese sotto la spinta delle necessità urgenti che sono il frutto di 20 anni di mancanza di programmazione dell'economia. Il piano triennale deve servire per riprogettare la spesa pubblica, l'intervento dello Stato, perché non si capisce quasi più niente della società italiana». La nuova programmazione non indica più dei grandi obiettivi che potrebbero dipendere dalla politica di Reagan o dalle decisioni dei signori del petrolio: indica degli strumenti concreti, che sono nelle mani delle autorità di governo. Vittorio Ravizza
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