Appuntamento a giugno

Appuntamento a giugno Appuntamento a giugno DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE PARIGI — La Francia si è svegliata lunedi mattina non più giscardiana. un po' incredula dell'audacia dimostrata, forse stupita di avere osato spezzare la continuità di un potere che durava da ventitré anni, sia pure con stili diversi, dalla fondazione della Quinta Repubblica. Determinato da una maggioranza incontestabile (Mitterrand ha distanziato l'avversario di oltre un milione di voti), anche se subito da una minoranza che resta consistente, il cambiamento era nell'aria da tempo in questo Paese tradizionalmente tenace nelle esitazioni e all'improvviso pronto alla dissacrazione. Più volte la sinistra era arrivata sulle soglie del potere. Basta ricordare che Giscard vinse sette anni or sono per soli quattrocentomila voti. Eppure la sua netta sconfitta ha sorpreso. E' come se i francesi avessero eletto il primo presidente socialista della storia di Francia «sema saperlo e sensa dirlo-. Non per sbaglio, non per un errore di calcolo o per un colpo di testa. Il vantaggio di Mitterrand e le manifestazioni di gioia, spontanee e pacifiche nella capitale e in provincia, hanno provato che la scelta di cambiare presidente non è stata timida. Ma si ha l'impressione che la decisione sia maturata in molti cittadini della Quinta Repubblica fuori dagli schieramenti politici tradizionali, che sia affiorata e poi esplosa spesso a livello personale, in diversi settori della società, senza una concertazione. Domenica sera per le strade di Francia le bandiere rosse si alternavano a quelle tricolori. Queste ultime devono avere profondamente ferito il capo dello Stato sconfitto, poiché di solito vengono sventolate sui Campi Elisi dalla destra. «La disfatta è anzitutto il fallimento personale di Valéry Giscard d'Estaing-, scrive con severità il direttore di Le Monde. «Questa vittoria è in definitiva quella del rispetto sul disdegno, del realismo sull'illusione, della franchezza sull'artificio, insomma, quella di una certa morale-. Sono parole impietose per lo sconfitto. E' un giudizio che avvalora la tesi del rigetto del Paese nei confronti di Giscard, del suo stile nell'esercitare il potere. Lo cito unicamente per il significato politico che racchiude. La sinistra ha vinto, ma i suoi dirigenti commetterebbero forse un errore se pensassero di disporre di un'ampia maggioranza, se ritenessero di poter manovrare liberamente sul terreno politico e sociale. La sinistra è stata premiata da consistenti frange elettorali moderate (ecologisti, chiracchiani, oltre i giovani ai quali Giscard ha dato il voto) ansiose di spazzar via un presidente in cui non si riconoscevano, che non ha fatto le riforme promesse, che con la sua gestione autoritaria accentuava il già rigido centralismo francese. Su quest'ultimo punto la sinistra, non più giacobina, ha aperto una grande speranza. La maratona politica francese non è finita. Mitterrand ha conquistato la presidenza della Repubblica, gli resta da conquistare il Parlamento. Tra quaranta giorni i cittadini ritorneranno alle urne per rinnovare l'Assemblea Nazionale, il cui controllo è indispensabile al capo dello Stato eletto per usufruire degli am- pi poteri che gli accorda la Costituzione a certe condizioni. Altri due turni (il 21 e il 28 giugno) attendono gli elettori. E saranno determinanti. Appena finita la campagna presidenziale, ne comincia un'altra. S'è iniziata, appena chiusi gli scrutini, domenica sera. Il calendario è fitto di appuntamenti. Tra dieci giorni al massimo, entro il 20 maggio, il Consiglio Costituzionale deve proclamare Mitterrand capo dello Stato. Ma per entrare all'Eliseo ed esercitare la funzione il neoeletto deve attendere la scadenza del mandato del suo predecessore. E qui nasce un primo problema. Il capo dello Stato ancora in carica fu eletto il 19 maggio, fu proclamato presidente il 25 e si insediò all'Eliseo il 26. Qual è la data valida per il cambio della guardia? Il Consiglio Costituzionale propende per il 24 o il 25. Non essendovi precedenti nella Quinta Repubblica (De Gaulle e Pompidou non finirono il settennio: il primo dette le dimissioni, il secondo mori) gli esperti si stanno accapigliando. Non è soltanto un cavillo giuridico. I giorni sono preziosi per Mitterrand: impegni internazionali e anzitutto la necessità di far votare i francesi prima delle vacanze di luglio, lo costringono ad accelerare i tempi. Il presidente socialista non può sciogliere l'Assemblea Nazionale se prima non è stato insediato all'Eliseo, se prima non ha ricevuto le dimissioni del primo ministro in carica e non ne ha nominato uno nuovo. Raymond Barre, con un gesto d'orgoglio, si è già rifiutato di presentare le dimissioni a Mitterrand. Le presenterà al presidente che lo ha designato. Significa il risparmio di qualche ora. Sciolta l'Assemblea, i cittadini devono anda¬

Persone citate: De Gaulle, Giscard D'estaing, Mitterrand, Pompidou, Raymond Barre

Luoghi citati: Francia, Parigi, Valéry