I sovietici dicono accuse non provate di Fabio Galvano
I sovietici dicono accuse non provate I sovietici dicono accuse non provate DAL NOSTRO CORRISPONDENTE MOSCA —A pochi giorni dalla visita di Gheddafi, esaltata da Mosca come un vertice di «Paesi fratelli», l'Urss reagisce indignata alla decisione americana di chiudere l'ambasciata libica a Washington. La Tass parla di «provvedimento unilaterale», ed è esatto: ma il tono esprime condanna, come conferma — nel sottile gioco linguistico tanto caro ai sovietici e sul quale si sono scervellate generazioni di cremlinologhi — la parola «deportazione- con la quale si descrive il perentorio ordine di partenza impartito dal dipartimento di Stato a tutti i diplomatici di Tripoli. L'agenzia ufficiale sovietica sottolinea che, nell'annunciare la decisione del governo americano, il portavoce del dipartimento di Stato «ha ancora una volta fatto ricorso ad accuse non comprovate contro la Libia di violare le regole di condotta e di appoggiare il terrorismo internazionale». Washington, afferma ancora la Tass. «è nota per l'uso dell'espressione "terrorismo internazionale" per indicare la lotta di liberazione nazionale dei popoli, una lotta che cerca di sopprimere con ogni metodo». L'Urss, che ieri ha reagito indignata al passaggio della prima portaerei americana nel Canale di Suez dopo il 1967, non nasconde la sua crescente apprensione per il fruttuoso dialogo a due instauratosi fra Usa ed Egitto. Nel concedere il diritto di transito alla portaerei, scrive la Tass, il presidente Sadat si è dimostrato «un complice diretto dei preparativi militari Usa nell'Oceano Indiano». E l'Egitto viene citato, accanto alla Cina e al Pakistan, in ogni denuncia sovietica per l'attività americana attorno all'Afghanistan. Arroccandosi sul castello dell'intransigenza araba, la Libia rappresenta per il Cremlino una forza non sempre facile da controllare (il militarismo di Gheddafi preoccupa Breznev, che nel recente incontro gli avrebbe negato una fornitura di armi), ma capace di bilanciare il filoamericanismo del Cairo Fabio Galvano
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