Etiopia, il gioco dei potenti di Mimmo Candito

Etiopia, il gioco dei potenti NEL CROCEVIA AFRICANO DI AFFARI E COMPLOTTI Etiopia, il gioco dei potenti I sovietici ne hanno fatto un caposaldo, portandovi rubli, armi e generali - I cubani si occupano dell'addestramento agrìcolo - Ma i padroni del Paese sono i tedeschi dell'Est: controllano la polizia, lo spionaggio, la stampa - Arrivano gli americani - Menghistu vuol essere meno dipendente dagli aiuti comunisti? DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE ADDIS ABEBA — Non è più il tempo che i vecchi Paesi dell'altro mondo si vedono stando seduti al bar del loro albergo più elegante. Eppure le notti al bar dell'Hilton. tra le luci un po' cieche e la musica che arriva soffice dalla discoteca, hanno ancora un certo fascino retro. Il bar è piccolo e a suo modo discreto: discreto almeno per quanto può esserlo un posto dove passano obbligatoriamente tutti gli affari, le maldicenze, la corruzione e gl'intrighi del nuovo potere etiopico. Le rogasse stanno sedute ai tavoli della parete di fondo, hanno facce quiete, lucide di trucco, la gonna copre sempre il ginocchio: bevono una birra che non finisce mai. Vanno avanti a piccoli sorsi, silemiose, composte come educande. Il bar vive dalle otto di sera a mezzanotte e ci passano tutti quelli che contano: non gli uomini del Derg, certo, che guidano la rivoluzione dalle loro caserme e dai ministeri militarizzati. ma il resto del sottobosco che controlla la burocrazia e gli affari del regime — mediatori, trafficanti africani, imbroglioni della costa, i ricchi commercianti che inventano milioni facili nei retrobottega di Churchill Road. Vengono da soli, con la faccia allegra di chi vuole compagnia e sa come trovarla: bevono un drink quasi di corsa e ridono forte, sicuri del loro potere. Sono risate tracotanti ma rapide, si levano e muoiono in pochi attimi, assorbite subito dal brusio di fondo. Le risate dei bianchi sono diverse, durano a lungo, restano nell'aria a vincere ogni altro rumore. Sono le risate di qualche pescecane della vecchia colonia europea, insab- biato ad aspettare in eterno il risarcimento delle industrie che il nuovo regime di Menghistu gli ha nazionalizzato; o le risate gorgoglianti dei nuovi padroni bianchi dell'Etiopia, i tedeschi tutti uguali della Germania di Pankow. In giro si vedono poco, di giorno, anche se sono già alcune migliaia. Stanno chiusi dietro la facciata piacentiniana dei vecchi ministeri o nelle sale tutte vetri e cemento di qualche nuovo ufficio governativo: consigliano e hanno la forza dei milioni di marchi che il loro Stato ha già investito in quest'impero negro. Come negli altri Paesi dell'Africa che hanno accettato l'aiuto e lo presenza dei -tecnici- del inondo.comunista, anche qui la divisione delle specializzazioni passa per una sorta di risente nazionali: se ai cubani spetta l'addestramento agricolo e ai russi quello militare con le armi più sofisticate, i tedeschi dell'Est hanno competenza assoluta nel settore della propaganda, dell'informazione e della sicurezza. Hanno riorganizzato la polizia, controllano lo spionaggio e la delazione, insegnano come si fa un giornale di regime. Sono grandi e grossi, differenti in tutto dai negri di qui, che sono piccoli, secchi e con le gambe lunghe diAbebe Bikila. Vanno assieme in frotte bionde e spiccano come una loro caricatura: non li si vede quasi mai con le ragazze etiopi e questa è una bella diversità dai cubani per esempio, che ne hanno combinate tante, da assatanati com'erano, che hanno dovuto mandarli via verso l'interno in tutta fretta. Un cliente fisso del bar è una giovane spia israeliana. E' biondo, muscoloso, non sorride a tutti, ma tutti lo conoscono. Il suo mestiere ufficiale è assai più semplice, ma l'importanza strategica dell'Etiopia ormai è tale da ren-' dere inevitabile la presenza dì questi «onorevoli scolari-. Oggi, forse, non c'è posto migliore di Addis Abeba per sentire soffiare i venti dell'Africa: col Mar Rosso che si scioglie sulle spiagge dell'Eritrea e con i pozzi sauditi che sputano fuoco appena di fronte, dall'altra parte del mare, questo è un crocevia straordinario di paure, di tensioni e di complotti. Dicono che Menghistu voglia ridurre la sua dipendenza dall'aiuto e dall'assistenza dell'Est. Forse è vero. Anche se ufficialmente non pare: JEthiopian Herald ha pubblicato con grande rilievo la vìsita di non so quale Komsomol, mentre taceva l'arrivo del ministro degli Esteri italiano. Nel giornalismo che tedeschi orientali (e bulgari) insegnano ai giovani redattori etiopi, una simile valutazione del notiziario quotidiano è più loquace d'un discorso ufficiale: i fatti taciuti perché non graditi valgono come mai accaduti, l'omissione e il silenzio rimuovono e cancellano la realtà. In concreto, forse, le cose sono più complesse e i teoremi del giornalismo di regime alla fine non riescono a guadagnarsi la loro dimostrazione. Gli americani, che di fatto non hanno mai accettato l'idea di aver perduto l'Etiopia, cominciano a sentire che qui tira di nuovo aria buona e si rifanno vivi. Il bar dell'Hilton misura anche questa ricucitura ch'è appena agli inizi. Le loro facce rispuntano la sera davanti a un bicchiere di bourbon sempre pieno e iwnno avanti nella notte senza mostrare fatica: sono le solite facce yankee, sopra spalle quadrate e grandi camicie dai colori brillanti. Qualcuno che si sente più furbo parla di Cia e dice che già se ne vedono fin troppi in giro per il Paese. Ma y n sembra un gioco un po' scemo, come a guardie e ladri nei vecchi film degli Anni Cinquanta. L'Etiopia vale assai di più. I sovietici ne hanno fatto il caposaldo della loro avventura africana: le hanno dato armi per duemila miliardi di lire, coltivano l'approdo di Daklah con l'attenzione ossessiva delle teste di ferro, vi hanno portato uomini, generali e rubli. Da questo alto- piano verde, dove gli animali pascolano e uccidono come ancora in un paradiso terrestre, si dominano le tentazioni di mezzo mondo: il conti-,' nente gli sta tutto di sotto e alle sue pendici s'appoggiano il Medio Oriente e il teatro armato del Golfo. La storia sarà obbligata a passare per la strada di Salomone. Il Grande Gioco, che Kim un secolo fa apprendeva a migliaia di miglia da qui. ormai è arrivato fin dentro la punta gibbosa del Corno d'Africa: e l'antico impero che chiuse la strada ai nubiani e si fece baluardo sulle frontiere animistiche del mondo negro ne è coinvolto con la rabbia irruente di tutte le società nuove. 1 ritratti di Marx. Engels e Lenin accompagnano le strade che s'arrampicano lungo le colline dei cento villaggi che fanno Addis Abeba; giovani americani occupano invece la hall dell'albergo con un vestito blu e la ventiquattrore gonfia di opuscoli, fotografie, contratti sostanziosi. Alcuni di loro son gli stessi che poi consumano la notte al bar dell'Hilton con le loro camicie sfrontate, protetti fino alla testa da disinfettanti e vaccinazioni d'ogni tipo. Sorridono alle ragazze tristi, hanno sempre qualche amico africano al quale offrire un drink. Quando il bar chiude, c'è sempre chi va a fare un lungo tuffo nelle acque termali della piscina; alle luci che piovono giù dalla grande hall dell'Hilton si vedono le nuvolette di fumo che salgono su dall'acqua calda, nell'aria fresca della notte africana. Mimmo Candito

Persone citate: Bikila, Churchill Road, Engels, Lenin, Marx