Il costosissimo «no» della Loren

Il costosissimo «no» della Loren All'asta la sua pinacoteca (valore tre miliardi) confiscata dallo Stato Il costosissimo «no» della Loren L'attrice, in una causa giudiziaria, aveva negato che i preziosi quadri le appartenessero ROMA — Asta Ponti-Loren: tra non molto, tutti i collezionisti italiani potranno partecipare a questa appassionante gara d'acquisto. A disposizione di chi può comprarli, ci saranno quasi cinquecento tra quadri e sculture: tutti pezzi che all'indiscutibile valore artistico (ci sono tele di Picasso. Braque. De Chirico. Guttuso) uniscono, per chi ci tiene, il pregio di aver ornato gli splendidi saloni di villa Ponti, a Marino. Con le prime disavventure valutarie della celebre coppia, l'intera collezione era stata sequestrata, nonostante fosse stata cautamente affidata alla custodia di una banca. Adesso con una sentenza della Cassazione che ha confermato un vecchio provvedimento di confisca, tutte le opere sono divenute proprietà dello Stato. Ora non resta che aspettare: tra breve, il ministero di Grazia e Giustizia deciderà la destinazione da dare a questa eccezionale galleria d'arte. Alcune opere, più che in un'asta, meriterebbero di apparire in un museo: è il caso di un quadro del Canaletto, caposcuola dei vedutisti nel Settecento veneziano. Altre però dovrebbero essere vendute, per consentire al- lo Stato di rientrare almeno in parte dei 22 miliardi di crediti. Il valore complessivo della collezione era stato fissato, all'epoca del sequestro, in tre miliardi e 132 milioni. Sennonché, interrogata su quei quadri in una convulsa notte di tre anni fa. Sophia Loren aveva dichiarato che non erano suoi. E nel giudizio della Cassazione questo si é rivelato, alla fine, l'elemento fondamentale. La storia è intricala, densa di ingiunzioni, espatrii. processi, irruzioni della Guardia di Finanza. Per capirla, è sufficiente però sapere che la collezione era stata sequestrata nei forzieri della Banca Commerciale dopo l'improvviso trasferimento a Parigi dell'attrice e del produttore. L'intera collezione, accertarono i finanzieri, si apprestava a lasciare l'Italia, diretta alle camere blindate della «Sostar Establishment», società registrata (naturalmente) a Vaduz. nel Liechtenstein. In quel momento Ponti e la Loren non sapevano ancora di quanto, per le infrazioni valutarie che venivano loro contestate, sarebbero stati debitori verso lo Stato italiano. Solo ai primi del 1980, dopo un lungo processo svoltosi in assenza degli imputati, l'entità della multa si sarebbe precisata: 22 miliardi, lira più lira meno. E proprio in quel processo, per evitare di essere colpita con Ponti dalla gigantesca multa, la Loren esibì attraverso i difensori una dichiarazione rilasciata alla Finanza la sfortunata notte del suo arrivo a Fiumicino (con fermo, interrogatorio notturno e rilascio, all'alba, sotto gli impietosi flashes dei fotografi). «La collezione — aveva giurato Sophia — non mi appartiene». Malauguratamente, anche i giudici della terza sezione della Cassazione (cui i legali dell'attrice si erano rivolti, per cercar di salvare la collezione) le hanno creduto.

Persone citate: Asta Ponti, Braque, De Chirico, Guttuso, Loren, Picasso, Sophia Loren

Luoghi citati: Italia, Parigi, Roma, Vaduz