Ai socialisti le chiavi di Atene? di Arrigo Levi

Ai socialisti le chiavi di Atene? LE GRANDI SPERANZE DEL PASOK (E I TIMORI) PER IL VOTO D'AUTUNNO Ai socialisti le chiavi di Atene? «Vinceremo noi le elezioni», dice Haralambópoulos, alto dirigente dei partito - E anticipa programmi di governo: «Un referendum deciderà se usciremo dalla Cee» - Una giornalista liberale: «Non ho paura di Papandreu, ma della gente che ha paura di lui, in Grecia e a Washington» - Un ministro: «Temo di trovarmi tra tanti Gheddafi» - Il rischio di «golpe» DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE ATENE — Che probabilità ha il Pasok, il partito socialista massimalista di Andrea Papandreu, di vincere le elesioni che si terranno in Grecia entro l'autunno? E se vincerà le elesioni e formerà un governo, che politica farà? Per il Pasok ha risposto con molta pasiensa alle mie domande Ioannis Haralambópoulos, che è il capo del gruppo del Pasok al Parlamento europeo e uno dei vice di Papandreu. Papandreu stesso, mi dicono colleghi giornalisti, pur essendo un intellettuale -articolato^, rifugge, se può, dalle interviste: forse perché non vuole ancora impegnarsi a dare risposte categoriche alle domande che gli verrebbero rivolte. Haralambópoulos, uomo dal portamento aitante ed ex ufficiale (unche se era già ci¬ vile e deputato del Centro quando andarono al potere i colonnelli, che lo perseguitarono ferocemente), ha risposto con molta sincerità a tutte le mie domande; ma, come si vedrà, le sue parole confermano chiaramente che il Pasok vuole ancora tenersi molte strade aperte. Questa è in parte normale tattica preelettorale; in parte, dicono amici e nemici di Papandreu, è una manifestasione dell'opportunismo papandreista, e della sua tipica mentalità da «capo dell'opposisione», che per di più si trova alla testa di un partito poco strutturato, un partito «personale», dove lui decide tutto e gli altri seguono; infine, Papandreu sarebbe un indeciso che cambia opinione facilmente, e insomma imprevedibile. Se questo ritratto crìtico sia tutto vero, non so: c'è tut¬ ta una tradisione sul personalismo e l'opportunismo dei politici greci, come sull'instabilità degli umori delle masse greche, tradisione a cui i greci stessi credono (a noi sembra di sentir parlare dell'Italia). I Paesi però cambiano, anche se talvolta gli ultimi ad accorgersi di essere cambiati sono i diretti interessati. I leaders del Pasok sono convinti che la Grecia sia appunto cambiata e che il frutto del cambiamento sarà la loro vittoria elettorale. Come in Inghilterra, all'inisio del secolo, i laborìsti spodestarono i liberali, così i socialisti «mediterranei» greci confidano di poter prendere il posto che fu dell'«Unione di Centro», oggi frantumata, ma che nel 1964-1965, guidata da Giorgio Papandreu, padre di Andrea, aveva vinto le elesioni e tenuto brevemente il go- verno, prima che il partito si scindesse, anche per le pressioni del re Costantino. Saprà far meglio A ndrea ? Sintetisso il mio colloquio con Haralambópoulos. — Chi vincerà le elesioni? «Le vinceremo noi. tanto da conquistare la maggioranza anche in Parlamento». — Alle ultime elesioni avete avuto il 25 per cento dei voti, contro il 41 di «Nuova Democrazia» (sufficienti, con la legge elettorale greca, per darle il 54 per cento dei seggi) e il 12 dell'Unione di Centro: dove prenderete tanti voti da spodestare «Nuova Democrasia»? «I voti erano chiusi nella trappola dei partiti di destra, senza ragione. Noi abbiamo ora liberato i greci dalla trappola». — Ma se non arriverete ad avere la maggioranza assoluta, come farete il governo? Farete una «grande coalisione» con Nuova Democrasia? O vi alleerete con i comunisti (10 per cento alle ultime elesioni)? «Noi siamo sicuri di avere la maggioranza assoluta, e questa convinzione non ci permette di guardare al di là. Siamo troppo occupati a prepararci alla campagna elettorale, a presentare un programma pratico e concreto. Ci battiamo da soli, senza alleati». — Ma non avete escluso future alleanse con altri? «Non so rispondere alla sua domanda su ciò che faremmo se non avessimo la maggioranza assoluta, perché penso che l'avremo. E' quasi una certezza per noi». — Che rapporti ha il Pasok col socialismo europeo? «Non siamo membri, nemmeno osservatori, dell'Internazionale socialista. Pensiamo che per il momento è meglio essere liberi ed avere contatti con quei partiti che sono più vicini a noi. Abbiamo incontri con i partiti socialisti mediterranei, francese, italiano, spagnolo, portoghese». — E nel Parlamento europeo? «Abbiamo sette deputati europei, cooperiamo con il gruppo socialista, anzi ne facciamo parte, ma essendo liberi di esprimere le nostre vedute: lei sa che ci siamo pronunciati contro l'ingresso della Grecia, come decimo membro, nella Comunità europea». — Qual è la vostra posizione attuale sulla Cee? «Vorremmo un accordo speciale, come l'ha la Jugoslavia: non è vero che vogliamo tagliarci fuori dal mondo o dall'Europa». — Che cosa farete se andrete al governo? Uscirete dalla Cee? «Anzitutto è indispensabile che il popolo greco sia informato pienamente dei fatti. Poi riteniamo che dovrebbe esserci un referendum, perché il popolo decida: indire il referendum è una prerogativa presidenziale, ma pensiamo che il presidente Karamanlis dovrebbe concederlo». — Ma voi non avete già detto che uscirete dalla Cee? «No. non l'abbiamo detto». — E dalla Nato? «Noi eravamo fin dall'inizio contrari a rientrare nella Nato: non ci protegge abbastanza contro i turchi. In Parlamento, quando si discusse il rientro, Papandreu disse che il Pasok, se farà il governo, riporterà la questione al Parlamento». Senza la Nato? — Ma avete annunciato di voler uscire dalla Nato? «No, Papandreu ha detto che riporterà il problema in Parlamento». — E sulle basi americane? «In linea di principio noi siamo contro le basi straniere nel nostro territorio. Ma le basi americane ci sono, questo è un fatto, ed essendo realisti noi non diciamo che nel giro di 24 ore queste basi debbano essere chiuse. Noi prevediamo che verrebbe dato un tempo ragionevole, anzitutto (non sappiamo quanto ci vorrà) perché le basi siano staccate, isolate, dal sistema greco di difesa nazionale». — Se vincerete le elesioni, temete un colpo di Stato militare? «Ci sono ancora sacche di nostalgici nelle forze armate. Ma noi non crediamo, dopo le esperienze amare dell'esercito, che ci sii-, alcuna possibilità di un colpo di Stato, perché le forze armate e il popolo greco hanno capito che cosa significa perdere la libertà: la dittatura dei colonnelli è finita in una catastrofe». — Avete fiducia che ci sarebbe un normale passaggio dei poteri? «Si. ne siamo convinti». Questa è la voce del Pasok: con molte sicuresse, e molte prudenze tattiche. Che cosa ne pensano gli altri? Le opi'nioni variano. Ne cito alcune, ansitutto quella del ministro della Difesa Averoff: «Credo che il Pasok non vincerà, per la stessa ragione per la quale non posso rispondere alla sua domanda: che accadrebbe se vincesse. E cioè: il Pasok ha detto tutto e il contrario di tutto, dal marxismo estremista a un socialismo ragionevole. Questo lascia l'elettorato nel dubbio, e perciò il Pasok non vincerà; per la stessa ragione non è dato sapere che cosa accadrebbe se vincesse». Averoff, numero due di «Nuova Democrazia», sconfitto di misura da Giorgio Rallis per la successione a Karamanlis quale leader del partito, mi ha anche detto: «Non romperò il partito: una scissione garantirebbe H primo posto al Pasok». Un perìcolo Un altro autorevole ministro, che preferisce non farsi citare, mi dice: «Alla domanda se ci sia pericolo di un colpo di Stato militare se vince il Pasok. non so rispondere (Averoff me lo aveva escluso categoricamente, né riteneva possibile una crisi istituzionale, se il Pasok rispetterà la Costitusione). Quello che ci spaventa non è che il Pasok nazionalizzi alcune industrie, o che mi porti via casa e lavoro: ho paura di dover lasciare l'Occidente, di trovarmi in compagnia di tanti Gheddafi. Questo è il pericolo, ed è la ragione per-cui il Pasok non vincerà». Il ministro degli Esteri, Mitsotakis, un ex uomo di centro, anch 'egli convinto che non vincerà il Pasok, dice: «Anche se vincesse, non credo, anzi sono certo che la politica estera greca non cambierebbe radicalmente. Ma la Grecia entrerebbe in un periodo di ambiguità e di incertezze, un periodo pericoloso». , Cito ancora l'opinione di due osservatori molto interessati. Un grande ambasciatore occidentale: «La possibilità che il Pasok vinca esiste, la cosa più probabile è che nessuno dei due partiti abbia la maggioranza assoluta al Parlamento. Se il Pasok vincesse, non credo che Papandreu comincerebbe, all'indomani delle elezioni, a trafficare con la politica estera: dominerà la politica interna. E poi, il Pasok ha moderato recentemente i suoi punti di vista: e poiché è durissimo con la Turchia, che senso avrebbe far uscire la Grecia dalla Nato, lasciandola indifesa?». Infine, la grande giornalista liberale Elena Vlahos: «Non credo che Andrea abbia davvero la speranza di vincere, e non credo che se vincesse farà le cose che dice. Non ho paura di Papandreu. Ma se dovessi andar via per due anni dalla Grecia, che è la mia casa, preferirei lasciare le chiavi di casa in mano a Rallis, anziché a Papandreu. Rallis non ha carisma; ma è un uomo sincero e onesto, di grande coraggio personale, fisico e morale. Andrea è fondamentalmente un egocentrico e un insicuro; è anche stato 22 anni professore in America, amatissimo dagli studenti. Non è un sovversivo, e al potere sarebbe molto meno esplosivo delle sue parole. No, non ho paura di Papandreu: ma della gente che ha paura di lui, in Grecia, e a Washington». Arrigo Levi