I contrasti bloccano in Parlamento la legge per il terremoto

I contrasti bloccano in Parlamento la legge per il terremoto I contrasti bloccano in Parlamento la legge per il terremoto Il pei vuole fare del sismo l'occasione per programmare la ristrutturazione delle province danneggiate La de punta invece a ricostruire presto dove sono avvenute le distruzioni -1 socialisti sono in una posizione intermedia - Si vorrebbe meccanizzare l'agricoltura e impiegare i contadini in industrie di trasformazione - Ma c'è chi considera il progetto prematuro, anche se fondato sulle cooperative DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE AVELLINO — In tribunale gli avvocati che contano si spostano trascinandosi dietro una coda di questuanti, spicciafaccende. amici degli amici, che rappresentano l'altra faccia del dopo-terremoto: quella della calamità come politica. Adesso che le macerie in città sono state in gran parte rimosse, la tendenza è a lottizzarle; al pari delle altre che su per le montagne dell'Irpinia stanno invece assai spesso poco più in là di dove le avevano ammucchiate gli scrolloni del 23 novembre. La processione comincia già sul piazzale antistante, dove i posteggiatori occhieggiando le automobili parcheggiate informano: «... si, il professore è arrivato;... no, stamattina non si è affacciato;... vedete in Cancelleria». Prosegue lungo i corridoi, tra uscieri che lasciano intendere di sapere tutto di tutti, ma diventano loquaci soltanto con chi se lo sa meritare. «Ce lo offriamo un caffè?», esordisce uno. E mentre ci facciamo strada verso il bar al pianoterra spiega: «Risarcimenti, perizie, sussidi, chi non capita prima qui ci viene subito dopo essere passato per la Prefettura, vogliono spingere, capite...'. Accanto alla cassa, la fotocopiatrice lavora a getto continuo e ogni foglio finisce sotto il naso di un avvocato: «... voi mi consigliate?», domanda il potenziale cliente. L'avvocato dice la sua, in fretta, poiché c'è già un altro al quale rispondere e quelli che poi pagano una qualsiasi parcella sono pochi. Nessuno rifiuta un parere, però, per quanto occasionale e sommario possa essere. Non perché siano dei qualsiasi «paglietta», bensì perché ad Avellino, nel Mezzogiorno, la gente attorno fa comunque potere e il potere si vende e si compra. Comincia con queste quattro parole distribuite gratis davanti a un caffè ristretto la formazione delle clientele: la gratitudine serve al consenso. Raccontano che da queste parti la fine di Sullo nella Democrazia cristiana sia cominciata quando gli avvocati hanno cominciato a voltargli le spalle. De Mita e Gerardo Bianco, i due «leaders» che si disputano la supremazia nella provincia, fanno ben attenzione a non perderne la fiducia. L'impiego pubblico è da sempre la risorsa numero uno della zona, la numero due sono le pensioni. Ora, con la prospettiva della ricostruzione, è sempre allo Stato che bisogna rivolgersi. I politici di Roma sono più necessari di prima, gli avvocati di Avellino anche. La ricostruzione, ecco la posta in gioco per i terremotati. « Vogliamo farla da soli, sema i soliti ladri», mi dicono in un circolo dietro piazza del Popolo gli attivisti dei Comitati di lotta. Non sono numerosi, ma neppure quattro gatti: giovani alla ricerca del primo impiego che non trovano, «sessantottardi» dispersi dalla diaspora dei gruppetti, qualche autonomo, ragazzi del pei e del psi. Alla Democrazia cristiana affermano che a manovrarli sono i comunisti. Alle federazioni comunista e socialista ne parlano con diffidenza, sebbene senza attaccarli. -Vogliamo farla finita con la questua dei favori, con le cattive se con le buone non si può», dichiarano quelli dei Comitati. Colantuono. da due mesi sindaco di Lioni. è dell'idea che bisognerebbe farli partecipare: «Se non riusciamo a decentralizzare siamo perdu- ti». Dice cosi lui, socialista; dicono altrettanto i comunisti; anche i democristiani sono d'accordo per far ricostruire alle popolazioni colpite, ai loro amministratori locali, senza far piovere le decisioni dall'alto. Ma intanto la legge sulla ricostruzione non va avanti, perché in realtà un profondo contrasto divide quanti puntano a ricostruire presto laddove è stato distrutto, da coloro che vorrebbero fare del terremoto un'occasione per programmare la ristrutturazione delle Provincie danneggiate. I comunisti sono alla testa di questi ultimi; tra i primi ci sono i democristiani. I socialisti esprimono posizioni intermedie. Taluni di essi polemizzano aspramente con il pei. accusandolo di voler ricostruire Napoli con i soldi del terremoto per favorire la giunta presieduta da Valenzi. «La legge non marcia perché non ci si intende sulla parte che riguarda Napoli. Ma perché non fare per Napoli una legge a parte?», osserva con veemenza l'avv. Corona, socialista, sindaco di Caposele. uno dei paesi maggiormente danneggiati dal sismo. E non risparmia frecciate neanche a Zamberletti: «Aveva detto di essere il commissario del terremoto, non di Napoli; poi si è lasciato trax>olgere...». Rossi-Doria e la scuola di Portici propongono di ammodernare l'agricoltura, sfolten- dola dei troppi contadini che vi lavorano e mettendo le macchine al loro posto. Fin qui nessuno obietta. Ma dove impiegare gli agricoltori espulsi dalla terra? In un'industria di trasformazione dei suoi prodotti da realizzare in pianura, rispondono i comunisti in sostanza. E' un progetto fondato sulle cooperative. «Prematuro, però; perché la nostra agricoltura attualmente non produce abbastanza per sostenere un'apparato industriale. Quella del pei rischia di diventare una posizione ruralista», sostiene il sindaco di Lioni. Colantuono. La sua opinione è che invece ci vorrebbero presto quegli stabilimenti già previsti dalla Cassa per il Mezzogiorno nel 1975. per la fabbricazione di carpenteria metallica, materie plastiche, concimi, capaci di fare da supporto allo sviluppo dell'agricoltura e dell'edilizia, offrendo contemporaneamente una decina di migliaia di nuovi posti di lavoro. Nella de gli uomini di De Mita invitano alla prudenza per quanto riguarda gli insediamenti industriali, ma non contrastano la scelta. Semmai vogliono controllarla. Perplessi appaiono i gruppi vicini a Gerardo Bianco, eredi di un certo popolarismo cattolico forte tra i coltivatori, preoccupati che il loro avvenire venga deciso, nei palazzi di Roma e Avellino, senza tener conto delle tradizioni, del modo di vivere della gente dei campi. Il nuovo, ancorché lontano, qui non solleva entusiasmi. Livi0 Zanotti Avellino: la ricostruzione comincia con lunghe code, sussidi, scartoffie