Prezzoline non ho ricordi il mio passato è una fabbrica di libri di Giuseppe PrezzoliniGiuseppe Prezzolini

Prezzoline non ho ricordi il mio passato è una fabbrica di libri Lo scrittore e i suoi cento anni Prezzoline non ho ricordi il mio passato è una fabbrica di libri CREDO di esser nato fra i libri. Mio padre, già compagno di scuola di Nencioni e Carducci, con i Frati Scolopi che istruivano cattolici per farne degli indifferenti, gli avevano insegnato troppo. Si racconta che Dio ad un Uomo che gli chiedeva la Verità: rispose: «Tu la vuoi, e Io te la darò: ma sarai infelice». Mio padre diventato poi prefetto del Regno d'Italia, soleva ridere dei suoi colleghi che libri non avevano. Diceva: che ignoranti! Nessuna stanza nella Prefettura ne mostrava traccia. Sicché il babbo si por- tava dietro, ad ogni cambiamento di provincia, due scaffali smontabili. Morì con libri sul comodino da notte. Anch'io farò forse la sua stessa fine. La nostra camera matrimoniale ha una parete tappezzata di libri e di manoscritti. Non di armadi di abiti da sera e di impiccacravatte. Il nostro parlor (mia moglie è americana) oltre al tavolo, due poltrone e quattro sgabelli, non mette in mostra ritratti, dipinti, foto, ricordi; ma soltanto dei libri, a destra, a sinistra, davanti. Soltanto cinque grandi finestroni guardano il lago, quando non c'è la nebbia. In questi cento anni non mi si è mai attaccato il «culto del libro». Son contento di averne. Mi servono. Il mio parlor è, in spagnolo, una oficina. Randagio come fui, lasciai i libri che mi avevan servito alle biblioteche locali. Son seminati da Parigi a New York e da Salerno a Lugano. Salvo pochi regali d'amici e un patrimonio, al quale attingo quando la mia memoria fallisce, composto di dizionari e di repertori, quasi nulla rimane del passato. Non è un cimitero. E' una fabbrica di articoli e di libri. La mia collezione de La Voce è in casa di mio figlio a Firenze, insieme con un quadro di Soffici. Poco tempo fa regalai ad un avvocato, che mi aveva dato gratuitamente un parere legale, la prima edizione del Galateo. Era piena di ricordi per averne fatto il confronto con un manoscritto originale giacente in un palazzo di un signore di Montepulciano nella provincia di Siena. E la vista che avevo da quella magione del Cinquecento, che rivelava tre laghetti ed una infinità di borghi e di ville e di coltivazioni a me note, mi attirava più delle pagi¬ ne dalle quali quel prudente monsignore, primo inventore della lista dei libri proibiti dalla Chiesa, aveva cancellato la parola peto. Non è forse una tremenda qualità la buona memoria? Quanti errori, quante mancanze di buon gusto e di cortesia, quanti silenzi, e, chi sa? quante cattive azioni la signora memoria ci fa tornare alla coscienza. Ma insomma la mia vita fu piena di libri: libri da leggere, libri da sfogliare, libri da consultare. libri da ridere, libri da recere; e l'infinita lista dei libri da sbadi- ' gliare. Qualche volta mi domando se non avrei fatto meglio a spendere il mio tempo in belle passeggiate; con una donna amata accanto, che correre fra le lunghe fratesche colonne di schedari delle biblioteche di New York. E furon quelle che mi permisero un giorno, in cui il direttore del giornale al quale collaboravo mi chiese telegraficamente un atticolo sugli «Ufo», di rispondergli immediatamente che c'erano tre biblioteche di aeronautica le quali catalogavano quelle apparizioni sotto la voce «Illusioni». Non mi soffermerò sui libri che furono utili, sebbene non siano sufficienti in Italia coloro che capiscono questo aspetto della cultura. Il libro è una chiave del mondo. E come le chiavi, si può usarlo bene o male. Eppure debbo quasi tutto della mia vita ai libri, persino il primo dieci in composizione alle scuole medie dove mi accadeva di non sentire commossi testa o sensi da un tema dato dall'insegnante e mi presentavo a lui con il foglio bianco: finché venne il giorno del 10 quando, avendoci il sopraddetto lasciati liberi di scrivere qualunque cosa si voleva, improvvisai un ringraziamento ai libri (non quelli scolastici, ben inteso) ma di avventure, di amori, di lotte, di scontri, e di tutto quello che mi portava lontano dalla scuola e dalle tesi da dimostrare vere, mentre mi parevano false, oppure stupide. Non conservo facilmente nemmeno i libri che mi hanno dato gioia e apertura di mente. Penso ora con rammarico alla prima edizione della Estetica mandatami da Croce, che lessi all'ombra d'un faggio o d'un pino all'entrata delle Cascine di Firenze. E che cosa dir di «San» Berkeley in edizione secentesca che trovai in una biblioteca italiana e mi pareva che il diavolo fosse venuto a soffiarmi all'orecchio che tutto quello che vedevo non era una realtà, ma una mia illusione; e mi fece credere di esser uno dei pochi a saperlo, e mi portavo dentro quel segreto chiuso nella mia zucca, e guardavo la gente che incontravo con l'aria di chi ha trovato un tesoro e non vuole esser scoperto; oppure del primo poeta che mi commosse Francois Villon con il suo francese antico che solo lessi in una bibliotechetta di Grenoble, dopo aver suscitato l'ira del sorvegliante che voleva dormire nella sala dov'io ero il solo a chiedere un dizionario del francese antico, e lui mi domandava: «Quale lettera?». Ed io nel mio insolente e farfugliato francese gli spiegavo con ira che volevo tutte le lettere dell'alfabeto, perché parbleu. c'erano troppe parole che non conoscevo in francese moderno ma meno ancora che mai in quello del Quattrocento. Sicché viva i libri! Certo spesso ci spesi i soldi che un altro avrebbe sacrificato per corteggiar puttanelle. Ma i libri che più mi piacciono sono quelli che ho dentro alla mia testa, e preferirei che fossero scritti in caratteri chiari e che il testo fosse garantito da un filologo moderno di cui non sapreiimitare nemmeno la z. Viva i libri! Viva i librai! Viva i bibliotecari, ci.e il pubblico non cura e che porrebbero, pi:r conto mio, sostituire benissimo i professori per almeno tre quarti del loro insegnamento. Che bel paese sarebbe l'Italia se ci fossero più biblioteche accanto ad ogni officina, presso ogni tribunale, in ogni piazza del centro, biblioteche senza universalità ma specializzate secondo il quartiere o il borgo... Ma «stai diventanto un sognatore», mi dice il diavolo che ha promesso a Satana di portarmi all'inferno dritto dritto soltanto insegnandomi delle verità. Giuseppe Prezzolini Giuseppe Prezzolini

Persone citate: Carducci, Francois Villon, Nencioni, Soffici