Nel fiume della vita scorre la nostra inquietudine

Nel fiume della vita scorre la nostra inquietudine Sala: «La piena dell'Adda» Nel fiume della vita scorre la nostra inquietudine UNA delle ambizioni più durevoli e costanti della letteratura è di riuscire a imprigionare in sé la vita, tutta la vita, sema residui, nelle sue avventure, nelle sue vicissitudini, nei suoi incontri, nelle sue trepidazioni, nelle sue sconfitte. E', cioè, l'aspirazione alla totalità: di racchiudere nella scrittura tutto ciò che si è sperimentato e saputo direttamente della vita: sia per una consacrazione e una garanzia di durata nel tempo, oltre il disfarsi della memoria e il trascorrere degli anni e le incende di mutamento e di morte: sia per l'intento di rassicurare e di rassicurarsi perseguito dall'autore con il mettere un termine ben preciso al proliferare senza tregua delle forme della vita col farne il catalogo definitivo in cui specchiarsi con la presunzione che più nulla ci sia al di fuori che possa suscitare dubbi, inquietudini, angosce e rimettere in gioco la conoscenza e l'interpretazione a cui lo scrittore è giunto. Proprio all'enciclopedia della vita aspira Alberico Sala ne La piena dell'Adda: molto più di un romanzo anche per la scrittura continuata che si prolunga senza pause per tutta l'opera, ecco, quasi un poema, come suggerisce il procedere del discorso per brevi notazioni e immagini e scorci di vicende che si aggiungono luna all'altra, con tutti i salti, le contraddizioni, le assurde combinazioni, la splendida e dolente casualità della vita. C'è, sì, il punto costante di riferimento costituito dallo scrittore stesso, dalla sua casa nella campagna lombarda, dai frammenti di incontri e di esplorazioni del mondo, soprattutto dallo svariare di cieli e stagioni e temporali e fiori e acque intorno alla casa, nel fondo della pianura, con accanto il cane fedele: ma di qui diramano le storie di un'infinità di personaggi, le linee di infiniti altri paesaggi, i destini grotteschi ora e ora tragici o anche soltanto patetici e teneramente ironici, di una folla di gente che esce nella luce della scrittura spesso per un attimo soltanto, tanto da dare l'impressione di non essere molto più che l'incarnazione ben presto liquidata di un sogno o di un capriccio dello scrittore. Ecco: l'autore è il grande e inesauribile demiurgo del suo mondo di fantasie, di sogni, di invenzioni, di descrizioni di fran¬ tumi di vita, di evocatore di aneddoti che hanno, per lo più. soltanto l'apparenza della curiosità e del divertimento, ma, in realtà, lo spessore e il fondo suono dell'angoscia per lo spreco che è la vita, per la troppo gremita e vociante folla che si accalca nella memoria e pretende di essere citata dallo scrittore. Il «poema» non può, allora, avere mai fine: ma si trova a essere anche continuamente lacerato, all'interno, dalla dissociazione moderna della vita fra sublimità e ridicolo, deformità e grandezza, tragicità e grottesco. Sala sa benissimo che l'ambizione della totalità non può che essere delusa: e allora non resta che andare fino in fondo lo stesso, intrepidamente, con una disperata allegrìa, con un doloroso, ma inarrestabile fervore, anche con la consapevolezza del gioco che è mescolare figure e personaggi della cronaca e della vita con quelli del sogno o del cuore, ma si tratta di un gioco che è l'unica sfida possibile alla morte e al silenzio. Avviene così che l'enciclopedia della vita divenga anche, per forza di ironia e di gioco, l'enciclopedia della letteratura, con intarsi, citazioni, abilissimi rifacimenti, allusioni, ricostruzioni di testi di un'infinità di autori. Ed è anche inevitabile che il flusso delle invenzioni e della scrittura ricchissima, acuta, piena di trovate e di ire, di dolcezze estreme, di grandi abilità compositive, di stupite creazioni verbali, di meraviglie descrittive e di fulminee delineazioni di personaggi e di storie, finisca a urtare, concludendosi, nella morte: che è quella del fedele cane Smile, ma come compendio di tutte le morti che pongono la scrittura di fronte al silenzio che le è intorno e la minaccia di continuo e la rende, in ultima analisi, disperatamente vana. Anche per questa consapevolezza La piena dell'Adda appare un'opera di rara intensità ed esemplarità: la scommessa della letteratura con la vita (e, di conseguenza, col tempo e con la morte e anche con se stessa) è sempre perduta. Ma lascia pure dietro di sé qualcosa che, come il libro di Sala, vale la pena di ripercorrere con trepidazione e con amore. Giorgio Bàrberi Squarotti Alberico Sala: La piena dell'Adda, Rusconi, 354 pagine, 10.000 lire.

Persone citate: Alberico Sala, Giorgio Bàrberi Squarotti