Alla festa argentina la morte sale sul ring di Angela BianchiniOsvaldo Soriano

Alla festa argentina la morte sale sul ring L'ultimo Soriano: «Quartieri d'inverno» Alla festa argentina la morte sale sul ring MOLTI anni fa, lo scrittore argentino Hector Murena, faceva della città la pietra di paragone per i peccati del suo paese e confrontava i mostruosi agglomerati cittadini di immigrati traditi nella loro attesa di rinnovamento con la Pampa ingiustamente degradata a sinonimo di barbarie. Rinnovata e aggiornata secondo i tempi, la tesi di Murena si ritrova nelle pagine apposte da Miguel Angel Garda al romanzo Mai più pene né oblio (Einaudi. 1979) del suo conterraneo Osvaldo Soriano: «Anche la Pampa è triste — egli dice —, perché come i sobborghi urbani è pur essa una fabbrica, dove pochi individui si arricchiscono con il lavoro altrui. Non ci sono villaggi contadini, come in Europa... il passaggio della capitale... ha ridotto le tradizioni e i sogni degli immigrati... alla monotonia d'una sostanza uguale, fatta di sudore e delusione per certuni e d'un lento impinguarsi dei conti in banca per altri. I paesi della provincia di Buenos Aires sono intercambiabili, quasi usciti dalla stessa catena di montaggio». In questo Immenso e squallido paesaggio, la letteratura argentina ha saputo, però, ritagliarsi dei luoghi dell'anima che sono quasi sempre lo specchio della disperazione che colà vi abita: tale la Coronel Vallejos dei due primi romanzi di Manuel Puig, tradimento di Rita Hayworth e Una frase, un rigo appena, dove il tango e il cinema riempivano e lievitavano le giornate vuote di quegli immigrati degli Anni Trenta, che a mille chilometri da Buenos Aires non avevano alcuna cultura da imporre al Paese. Soltanto nello sceneggiato radiofonico a cui diede tanto impulso Eva Perón, essi riuscirono a incanalare i loro sogni di modesti amori e successi piccolo-borghesi. Colonia Vela, centro rurale anch'esso immaginario, collocato a Sud di Buenos Aires, in Mai più pene né oblio, di Osvaldo Soriano, é una sorta di Coronel Vallejos degli Anni Settanta, quando il processo politico argentino, lontano dalla capitale, si trasforma in lotta di opposte fazioni, e perciò incubo domestico, tortura, guerra cieca, guerra che nessuno vede («se Perón ci vedesse», osserva un personaggio), tangibile soltanto nella scomparsa degli uni. nel trionfo degli altri. Chi ha detto che in queste cittadine non accade nulla? Si accentua, invece, se non altro, la qualità del non vivere in Quartieri d'inverno il libro più recente di Soriano, ex calciatore, ex giornalista sportivo e politico, esule a Parigi e rivelatosi ormai, all'età di trentasette anni, come una delle colonne più solide della letteratura argentina di oggi. Colonia Vela ha acquisito la patina della indifferenza contemporanea. In un giorno imprecisato, nella stazione deserta, proprio come accade nei film western, scendono da un treno due individui: Galvan, un ex cantante di tango già sul declino, e l'altro, una sorta di gigante buono. Rocha, pugile quasi suonato. La cittadina li accoglie con «un viale dagli alberi in fiore... All'angolo c'era uno spiazzo coperto d'erbacce fra cui qualcuno aveva costruito una specie di baracca sorretta da due alberi robusti. Un paio d'isolati oltre passai davanti a un baretto dove sei tizi giocavano a "truco"e bevevano... Un'aria calda, serena, accarezzava le foglie delle acacie. Per il viale passò una jeep dell'esercito su cui c'erano i due che ci avevano controllati alla stazione». E' Galvan a parlare: è stato chiamato nella cittadina per un recital di canzoni, cosi come Rocha che dovrebbe partecipare a un incontro pugilistico con il campione dell'esercito. Ma in realtà. Galvan. e il lettore con lui. capisce che negli spettacoli sta il tranello per eliminare lui e Rocha. ambedue invisi per le loro opinioni politiche. Il lettore sa. fin dall'inizio, che i due eroi, nella loro solidarietà scomoda e beffarda, stanno a un passo dal precipitare nella morte oscura, la morte dei «desaparecidos», quella che allunga le liste di Amnesty International. L'organizzazione degli spettacoli, il controllo delle carte, l'assetto di guerra che invade e irrompe ovunque, dalla chiesa al bordello, è ormai la seconda natura di Colonia Vela: nelle sue strade diritte, gli abitanti camminano veloci, quasi invisibili, pilotati da una presenza incombente. Ma da sotto questa coltre di disumanità, emergono due personaggi di qualità diversa e più antica: quello del vagabondo decaduto, dall'animo nobile e chiaroveggente, di ascendenza ispanica, e l'altro, più giovane e debole, ma anch'esso indistruttibile, della fanciulla innamorata. Servono da contrappunto, nelle loro voci presto destinate a tacere, al «ringhio assordante», ai tuffi feroci dell'elicottero dell'esercito che impone la sconfitta di Rocha. In un vero western, i due eroi riuscirebbero a prendere il treno, magari l'ultimo, che può portarli lontano da tanto orrore. Ma il treno di Galvan e di Rocha moribondo è diretto a Buenos Aires, dove regna uguale terrore. A proposito di Osvaldo Soriano, della sua lucida, umoristica agilità, si è parlato, fin dal primo romanzo. Triste, solitario y final, di «racconto cinematografico». Ma. nella prospettiva dell'America Latina, dove i mezzi di comunicazione di massa, feuilleton, tango, cinema, radio televisione, fotoromanzi hanno una risonanza abnorme, penserei piuttosto alla matrice del serial: uno di quei serials lunghissimi, dove realtà e immaginazione si trovano in uno scambio fluido e continuato. Soltanto che in questo serial, i nostri, i salvatori non arrivano mai. Angela Bianchini Osvaldo Soriano. Quartieri d'inverno, Einaudi, traduzione di Angelo Morino, 141 pagine. 5000 lire.

Luoghi citati: America Latina, Buenos Aires, Europa, Parigi