Scopriamo l'altra Sardegna quella dei nuraghi e del tempo senza fine

Scopriamo l'altra Sardegna quella dei nuraghi e del tempo senza fine Turismo e archeologia Scopriamo l'altra Sardegna quella dei nuraghi e del tempo senza fine SASSARI — Per troppo lungo tempo la Sardegna è stata soltanto Orgosolo. Oggi è soprattutto Costa Smeralda, o l'uno e l'altra insieme, oro dei banditi e oro dell'Aga Khan. Ma il vero oro è altrove. E' quello che brilla in una Sardegna più segreta, più misteriosa, ma assai più vera della falsa immagine che viene soltanto dal banditismo o soltanto dalla Costa Smeralda. Però il viaggiatore che vuole conoscere questa Sardegna, non può servirsi delle coordinate di tempo e spazio cui lo ha abituato un'antica consuetudine. Rischierebbe veramente di capire poco o nulla, perché lo spazio, qui, è un altro spazio, e il tempo un altro tempo, o forse nessun tempo. Qui, il visitatore deve fare continuamente i conti con la storia e, anzi, con la preistoria. Si può tracciarne un itinerario, da Sassari a Cagliari, per tutta la lunghezza dell'isola; si può procedere con un certo ordine di tempi e di luoghi, ma sarebbe, in fondo, una cavillosità assai poco rimunerativa, convenendo, invece, immergersi nell'onda del tempo, nella casualità degli incontri, proprio perché, insomma, il Caos, la preistoria, sono sempre a un passo da noi. Basta una pietra (un betilo, ad esempio, che è una pietra votiva) per farci fare un gran salto allindietro di migliaia di anni. E, dentro un nuraghe (non sono pochi, come si crede, ma innumerevoli: circa settemila), si può provare, per dirla con Carlo Levi, «un antichissimo, delizioso spavento». Dentro il nuraghe c'è quasi tutta la storia sarda, una storia che è dentro la preistoria. E non basta vederne uno, per dire d'averli visti tutti, o di saperne abbastanza. Ognuno ha la sua storia, di pietre e di uomini; ognuno risponde a un tipo particolare, a un'era; ce ne sono semplici, composti appena da una cella di pochi metri e da una torre tronco-conica; ce ne sono di assai più complessi, con più torri e più stanze, disposte in più piani; ci sono interi villaggi nuragici, come quello, esemplare, di Barùmini (a 3 km dal centro omonimo a nord di Cagliari) che domina la stupenda Giara di Gèsturi, dove ancora vivono in piena libertà i famosi cavallini «dal manto del colore delle sughere appena scorzate, gli occhi a mandorla e come bistrati di nero che gli donano un aspetto inconfondibile» (Fulco Pratesi e Franco Tassi: Guida alla natura della Sardegna, Mondadori). Questi cavallini, ormai, purtroppo in via di estinzione —ce ne sono poche centinaia — si abbandonano, spesso, a corse sfrenate, come impazziti dal silenzio delle valli sterminate, e il loro lieto rumore è il solo che ne rompa l'armonia. L'esempio massimo di nuraghe è quello di Santu Antine (Torralba, a 37 km da Sassari) che è certamente uno dei più belli della Sardegna e, per giunta, splendidamente conservato. Ha sette celle disposte su tre piani. Vi si acce- de per una scala elicoidale ricavata sulle murature del nuraghe, da cui si raggiunge anche la terrazza. Ma sono anche famosi i nuraghi Losa (Abbasanta, vicino a Cagliari), Orrubiu (Orroll, in Barbagia) e S. Barbara (Macomer). Queste costruzioni gigantesche di grandi massi aggettanti e incombenti presentano, tuttavia, una fessura stretta e bassa per l'ingresso e l'uscita, un po' come le piramidi egizie. Ma sono costruzioni gigantesche anche le tombe (e le chiamano, et pour cause, « tombe dei giganti»): risalgono, come i nuraghi, a migliaia d'anni avanti Cristo. Sono tombe megalitiche — veri e propri dolmens a forma allungata — con stele centrale, presso le quali, probabilmente, non solo dormivano il sonno eterno gli eroi defunti ma riposavano anche, temporaneamente, i sardi vivi che volevano stargli accanto per trarne incitamento a egregie cose. Una delle più maestose è la tomba Goronna di Paulilàtinu. Costruzioni gigantesche per i vivi e per i morti. Ma poi quando si va a vedere i famosi bronzetti nuragici, che dovrebbero confermarci questa illustre prosapia di giganti, si deve constatare che i sardi erano (e sono) tutt'altro che Ciclopi, ed anzi sono piuttosto bassi. Mistero. Certo è che i morti hanno contato sempre molto, in Sardegna. Già prima dàlie tombe dei giganti, c'erano qui le domus de janas, o case delle fate, dove credevano che le fate ci fossero davvero e tessessero la tela su telai d'oro e che, morte, diventassero pietra. E ci sono alcune importanti necropoli, come Anghelu Ruju, presso Alghero-Porto Conte: una città dei morti poveri, quasi tutti marinai, pescatori, agricoltori, minatori ecc. Sono stati trovati coperti da cumuli di valve e di molluschi. Uno aveva il tridente. Era forse Nettuno? La Sardegna archeologica non cessa di sorprendere. Fino al punto di offrire — nella costa sud orientale — la possibilità di un viaggio appassionante dentro una città, parte terrestre parte subacquea, come Nora (a 3 km da Pula), in cui varie civiltà, dalla nuragica alla fenicia, alla romana, hanno lasciato consistenti tracce del loro succedersi. Sono visibili e godibili: un teatro romano, il foro e rovine di alcune ville patrizie (una sorta di Costa Smeralda ante litteram/ Ma a Nord restano anche i moli sommersi, di costruzione fenicia, il tempio di Tanit e quello di Eshmun. Un subacqueo potrebbe felicemente 'Centrare' queste amabili prede. Lo spettacolo — terrestre ed acquatico — si ripete, ma non eguale naturalmente, a Tharros, presso Oristano, dove i resti di mura antichissime, di una necropoli, di un altare monolitico testimoniano un'esaltante stratificazione di civiltà diverse. E restano i tophet, i celebri luoghi sacri dove s'immolavano i fanciulli a Tanit, secondo il rito punico. Ma forse solo un velo di polvere o d'acqua separa la civiltà di oggi da quella nuragica. La clessidra che misura il tempo dei Sardi impazzisce, qualche volta, e vuota tutta la sabbia. Quando si va a vedere si constata, magari, che era soltanto un'immagine rovesciata, e che la sabbia è ancora tutta lì. Perché questo è, insomma, il succo e il gusto di un viaggio in Sardegna: l'incontro con una civiltà di uomini e di pietre che sconvolge le categorie codificate e rimescola le carte per un gioco di specchi — di tempi, di luoghi — perfino allucinante. La Sardegna è anche questa infinita contraddizione. Ci sono infinite Sardegne, e poi un gran buco nero in cui tutte sprofondano, ed è il buco nero, appunto, del Caos. Basta poco a rimuovere dal viaggiatore l'inquietudine del primo abitante della terra; ma basta un nulla a risospingerlo nel buio. Angelo Mundula 1"~ Statuette bronzee fenicio-puniche

Persone citate: Aga Khan, Angelo Mundula, Carlo Levi, Franco Tassi, Fulco Pratesi, Losa, Porto Conte, Ruju