Bussotti: sono l'unico operista vivente di Alberto Sinigaglia

Bussotti: sono l'unico operista vivente Intervista Bussotti: sono l'unico operista vivente Prosegue l'inchiesta sulla nuova musica attraverso le interviste ai grandi compositori. Dopo Goffrè-' do Petrassi, Luciano Berlo e Karlheinz Stockhausen, ascoltiamo Sylvano Bussotti. MILANO — Bussotti come Balzac. Dopo Le Racine alla Piccola Scala il dicembre scorso, dopo Phaidra-Heliogabalus al Regio di Torino in febbraio, prepara un'altra novità: Le bai Mirò, che inaugurerà la prossima Biennale Musica, il 26 settembre. 'Un'opera di danza su cinque album di disegni stupendi. Idee di Juan Mirò per un balletto immaginario che finalmente si realizza*. Poi rifinisce le musiche di scena per il Pinocchio di Carmelo Bene dedicato al centenario di Collodi. Poi medita un Tamerlano per il Teatro alla Scala. E sogna «una Fedra a tutto tondo, che fin da bambino desidero scrivere. Un'opera lirica vera, con orchestra e coro*. Cinquantanni, pittore, scenografo, regista, costumista. A Milano sta curando la regia di La fiera di Sorochintey per il Musorgskij Festival scaligero, accanto a Tono Zancanaro, zio e scenografo preferito. — Dunque, senza un attimo di tregua. •Balzachianamente detto varie partiture a vari scrivani e il mio bisogno di scrivere musica non si esaurisce. Anche questa mattina ho avuto una botta di ispirazione, che andava fissata, altrimenti... Ma mi pare di vivere gli ultimi giorni di Pompei: se le cose continuano ad andare per questo verso, le nostre musiche si finirà per non suonarle più. Le prospettive perché un mio lavoro di musica nel teatro abbia il suo naturale sviluppo mi sembrano sempre più oscure, sempre più minacciose, sempre meno possibili-. — Pensa a intensificare l'attività di regista e pensa al cinema e si fa scrittore... «La libreria Novecento di Palermo pubblicherà entro l'anno La filosofia del melodramma, il primo volume dei miei diari. La serie s'intitolerà: "I miei teatri"». — Come «Le mie prigioni*? «£ sennò un titolo cosi malandrino non l'andavo a pescare. Se non pensando che, con tanti altri sovrintendenti e direttori artistici (la nota montatura sugli enti lirici, n.d.r.), un pochino in prigione ci sono stato anch'io*. — Che significa il «boom» della musica? « Quello che mi sembra in crisi, e in maniera anche abbastanza allarmante, spaventevole, è proprio la musica. C'è un consumo di massa, c'è un pubblico che gremisce le sale da concerto, i teatri, gli stadi addirittura; c'è un contatto quasi capillare della gente con la musica, col fenomeno sonoro. Ma non ci sono compositori. Siamo i soliti quattro gatti. Dico quattro perché per me è sempre vivo Bruno Maderna. Altrimenti dovrei dire tre. • Certo, si esegue moltissima musica di giovani compositori. Ma quello che si sente, salvo poche eccezioni, è imbarazzante. Si è scatenata un'incredibile facilità di musicare. Tutti sono saltati su questo sistema di carezzare la musica. La musica carezzevole ci ha invasi indiscriminatamente. Che tristezza, che monotonia! E pensare che si vituperava Boulez, che per primo sembrava scrivesse musica gradevole da udire... E' una brutta crisi: per troppi anni si è fatto pochissimo teatro musicale, se ne è avuta paura. Ricordo quando Stockhausen, negli Anni Sessanta, rispondeva offeso alla proposta di scrivere un balletto. Mentre adesso — Ne ha colpa anche la critica? 'Ma dove sono i critici? Un simile appellativo è estremamente diffuso. Però a contarli basta forse un dito di una sola mano. Un vero critico prova a assistere magari a otto repliche di un'opera nuova e si accorge, leggendo lo spartito, che l'ottava dura ventisette minuti meno della prima sema che sia stata cambiata una sola nota. Invece, ignari di musica, ci si rifugia nello scandalismo*. — E' cosi anche per la critica del balletto? -Peggio! Abbiamo orribili befane che imperversano, che inebetiscono la cultura ballettistica del nostro Paese e abbiamo una serie di paurosi incompetenti. E' un campo veramente disseminato di croci. Così alligna la retorica della calzamaglia, della danza pura faccenda ginnica, secondo le scoperte dì Béjart e di altri imbroglioni*. Che cos'è oggi avanguardia? Il ritorno alla tonalità? «/ ritorni sono sempre delle scemenze. Oggi continua a esserci un solo grande musicista d'avanguardia: piaccia o no, si chiama Pierre Boulez. Non mi interessa quanta musica scriva, quanto sia raro. Boulez mi ha detto: "Faccio la mia musica come si fanno le autostrade, per pezzi. Interviene una legge, o qualche cosa, che ne blocca un pezzo, poi se ne fa un altro". Trovo che sia un'immagine straordinaria, soprattutto pensando alla musica di Boulez, che è musica in senso pieno. Io, con i miei soliti eccessi, vedo in lui quello che vedo in Mahler e mi disgusta il successo discografico dal quale quest'ultimo è stato afflitto, dunque ucciso due volte: quand'era in vita non ebbe mai il successo e ora ce l'ha in questa forma ignobile... In ogni modo il termine di avanguardia è stato superato troppo presto: non avevo tutti i torti da ragazzo a dire che era un termine brutto perché mi ricordava i balilla*. — Che termine usare allora? «Non ci sarebbe bisogno di usare termini se ci fosse la musica... Comunque nego che la nuova tonalità sia avanguardia. Nego la sua esistenza, la sua fondatezza*. — E il nuovo? 'Dice Shakespeare: "Così come il sole ogni giorno è nuovo e vecchio, il mio amore ti ridice sempre quello che fu detto". E' nuovo quello che è necessariamente nuovo*. —L'opera ha un futuro? •A misurare dal passato, si direbbe di si. Adesso c'è molta confusione. Siamo arrivati all'acme di questa Babele discografica e cinematografica. Mai come adesso con tanta brutalità si è rappresentato il museo, il repertorio, il già visto. Mai come adesso si è resistito all'opera nuova. Mi pare che l'opera resti l'organismo artistico più straordinario e composito e ricco che esista nella storia dell'arte intera. E credo di avere il diritto di considerarmi l'unico vero operista vivente*. — Perché non si scrivono più opere buffe? «Ci sono stati goffi tentativi di scribacchini d'opera. Nelle opere che si scrivono oggi un po' di ironia serpeggia. Buffo e ironico sono categorie diverse? Non possono coesistere? Io un progetto l'avrei. Verdi scrisse la sua opera buffa a ottant'anni... Perché pretenderla prima? E poi crediamo veramente, per esempio, che le opere di Donizetti siano buffe? O, meglio, quelle di Rossini? Per niente! Sono opere di un tragico grottesco sottile... Direi soprattutto che non si fanno opere divertenti, perché se un'opera è tragica tragica diverte moltissimo: la gente gode per la raffigurazione di un tragico che la sconvolga*. — Chi fu il vero rivoluzionario della musica? 'Monteverdi. E poi Mahler, non c'è dubbio, fu un vero rivoluzionario*. — Più di Schoenberg? 'Insieme con Schoenberg, il quale non lo appariva, sembrava un inattuale. E' una costante storica che vorrei venisse smentita. Personalmente, mi considero un rivoluzionario. Come Boulez. Lo sono perché ho tutta l'apparenza di un inattuale. Di me Stockhausen dice: 'Peccato, fa della bella musica cosi demodée"». — C'è, ci sarà ancora poesia? 'Purtroppo sì, perché esiste molta gente bella, inconsapevole di esserlo, e per questo anche più bella. Come fa a non esserci poesia? Sono in pochissimi a crederci e si ha pudore a dire queste cose. E fa fino scostarsene, per carità! Però tutti ne hanno una fame immonda*. — Un giudizio sulla cultura del nostro Paese. •Mai ignoranza musicale fu più diffusa nella nostra cultura. Mai tanta acquiescenza, tante ginocchia piegate davanti ai miti del momento. C'è molta confusione*. Alberto Sinigaglia Sylvano Bussotti

Luoghi citati: Milano, Palermo, Pompei, Torino