Israele e Siria rischiano lo scontro per le zone di sicurezza nel Libano di Giorgio Romano

Israele e Siria rischiano lo scontro per le zone di sicurezza nel Libano Calma relativa, dopo gli aspri combattimenti di martedì Israele e Siria rischiano lo scontro per le zone di sicurezza nel Libano NOSTRO SERVIZIO PARTICOLARE TEL AVIV — Una calma quasi totale regna da martedì sera nel Libano dopo l'abbattimento dei due elicotteri siriani nei cieli della Beka da parte di Israele, che ha dichiarato di essere deciso ad aiutare i cristiani del centro e di voler impedire una maggiore acquisizione del potere nel Paese da parte della Siria. Un portavoce del governo libanese ha dichiarato che ieri mattina aerei israeliani hanno sorvolato la capitale e sono stati fatti segno ai tiri della contraerea, ma da parte israeliana non c'è stata nessuna conferma e solo un comunicato del primo pomeriggio dava notizia che l'aviazione aveva colpito concentramenti di palestinesi nelle regioni meridionali nei pressi di Nabatieh e di Beaufort. Alla relativa calma sul terreno (interrotta dai quotidiani combattimenti nel Sud del Libano) si è accompagnata un'intensa attività diplomatica: il ministro siriano degli esteri. Abdel Habib Haddan. ha incontrato a Beirut, oltre agli esponenti del governo, anche quelli della falange. Gemayel e Chamoun. che hanno mostrato poi un prudente ottimismo. Negli ambienti ben informati si afferma che Haddan. il quale è tornato a Damasco per riferire e farà ritorno domenica mattina a Beirut, vorrebbe ottenere che i libanesi firmassero una carta nazionale in quattordici punti che accorderebbe alla Siria certi privilegi. Quali possano essere questi privilegi si può dedurre da una dichiarazione dell'ambasciatore sovietico a Beirut. Alexandr Suldatov. al giornale Die Welt: -L'Unione Sovietica considera la Beka libanese come zona di sicurezza per la Siria: ogni minaccia contro di essa indurrebbe l'Urss ad accordare alla Siria l'assistenza prevista dal trattato d'amicizia del dicembre scorso». Chiaro monito a Israele, il cui primo ministro aveva precisato martedì sera: «Non abbiamo l'intenzione di cacciare la Siria dal Libano né mineremo le nostre divisioni per sloggiare quelle siriane, ma siamo pronti ad impedire a qualsiasi costo die Daìnasco assuma il controllo di tutto il Paese e non consentiremo alla Siria di annientare la comunità cristiana». Prescindendo dalla proclamata difesa degli interessi cristiani nel Libano, manifestata da Begin con molta enfasi e con un paragone con la sorte dell'ebraismo europeo sotto il nazismo, è chiaro che la delicatezza della situazione deriva dall'atteggiamento israeliano e dall'accresciuta possibilità di conflitto con la Siria e i suoi alleati dopo che Israele si è dichiarato paladino non solo dei cristiani del Sud. suoi confinanti, ma di tutta la comunità cristiana, anche di quella del Centro-Nord. Ieri mattina il premier ha ricevuto l'ambasciatore americano Samuel Lewis, con il quale ha discusso della situazione nell'area. Non si sa quale sia stato il preciso tenore della conversazione, ma il portavoce dell'ufficio del primo ministro si è affrettato a dire che non c'è stato da parte del diplomatico americano nessun passo che suonasse rimprovero per l'azione e le dichiarazioni israeliane né alcuna pressione per invitare alla moderazione. Si ricorda anzi che Washington aveva ripetutamente ammonito Damasco nei giorni scorsi e che il monito alla moderazione viene latto anche attraverso l'Unione Sovietica, il cui ambasciatore Dobrinin è stato ricevuto anche ieri al dipartimento di Stato. Corrono intanlo voci di un imminente viaggio a Mosca del presidente Assad ed è interessante notare che la stampa egiziana giudica severamente Damasco per il suo atteggiamento nel Libano, ma non risparmia nemmeno Israele. Proprio ieri mattina l'editoriale di Al Akhbar sosteneva severamente che «la difesa della comunità cristiana nel Libano è un affare del governo di Beirut e non di quello israeliano». Giorgio Romano

Persone citate: Abdel Habib Haddan, Assad, Begin, Beka, Chamoun, Gemayel, Samuel Lewis