Quando 8 terremoti concedono il «bis» di Lorenzo Casertano

Quando 8 terremoti concedono il «bis» Le ardue ricerche per lo studio e il controllo dei fenomeni sismici Quando 8 terremoti concedono il «bis» Grande importanza ha individuare meccanismi e caratteristiche delle scosse - Quella del 14 febbraio '81 era forse una replica di quella che sconvolse la Campania nel novembre 1980 La scossa avvertita in Campania alle ore 18 e 27 di sabato 14 febbraio 1981 ha fatto sorgere l'interrogativo se dovesse considerarsi una replica del terremoto del 23 novembre 1980 oppure un sismo indipendente. Per l'importanza che può avere nell'interpretare il meccanismo del terremoto e le caratteristiche della susseguente crisi è opportuno fare alcune considerazioni. Si deve ricordare, innanzitutto, che la statistica applicata allo studio dei terremoti, analogamente a quanto si verifica negli altri campi, consente di avere soltanto un'idea generale e generica del fenomeno, senza alcuna indicazione delle sue particolarità. Ben diverso è il caso quando si può discutere la causa dei sismi. Per le crisi sismiche statisticamente, insieme a una diminuzione, più o meno regolare, nel tempo del numero e della intensità delle repliche è stato dedotto che l'intensità massima di queste può rag¬ giungere valori fino a quello di un grado inferiore all'intensità del terremoto che ha dato origine alla crisi. Trattandosi di una conclusione statistica essa non permette di precisare né il valore effettivo che avrà la replica di intensità massima, né il periodo nel quale si verificherà. Quella del Friuli, innescata dal terremoto del 6 maggio 1976 (magnitudo 6.5. intensità all'epicentro X grado Mercalli) ebbe, il 15 settembre successivo, una replica di intensità leggermente superiore a quella che era da attendere: infatti ebbe una magnitudo di 6.1 e l'intensità epicentrale superiore, seppure di poco, al IX grado Mercalli. Per l'intensità il sismo del 14 febbraio (magnitudo 4.8: intensità epicentrale Vili grado Mercalli) potrebbe essere considerato replica del terremoto del 23 novembre, per il quale fu calcolata una magnitudo di 6.5 e un'intensità epicentrale del X grado Mercalli. Ciò che invece fa escludere questa possibilità è il fatto che l'epicentro del sismo del 14 febbraio, localizzato presso Baiano (Avellino), risulta spostato rispetto a quello del terremoto del 23 novembre, fissato presso Laviano (Salerno). E ciò non tanto per la distanza, circa 60 km. fra le due località, quanto perché quello dell'ultimo sismo è chiaramente fuori dell'allineamento, parallelo all'asse appenninico, determinato dagli epicentri delle repliche del terremoto del 23 novembre registrate nei primi due mesi di attività sismica. D'altra parte, la produzione di un sismo interdipendente da quello disastroso del 23 novembre, trova piena giustificazione nella causa del sismo stesso, vista nell'alterazione dell'equilibrio fluido-dinamico intercrostale. Questo sismo può anche avere agito come causa concomitante con quella fondamentale. In relazione a questo, si ricorda che la produzione dei terremoti indotti da estrazione o immissione di fluidi dal e nel sottosuolo si spiega con l'aumento della pressione di poro nel materiale permeabile e poroso contenente fluidi, essenzialmente liquidi. Questo aumento, provocato da quello della pressione dei fluidi causa, a sua volta, deformazione dello scheletro della roccia, da questa microfratturazioni e infine terremoto. I terremoti indotti risultano, generalmente, distribuiti piuttosto irregolarmente nell'area interessata dall'alterazione fluido-dinamica, come è stato comprovato con i microterremoti flegrei del periodo 1970-1974. Alla luce di questa interpretazione trova la spiegazione un'interessante osservazione fatta, in occasione del terremoto di Avezzano del 13 gennaio 1915. da Emilio Oddone che. con dati sperimentali, dimostrò come una grande frattura, notata nella zona epicentrale. era in realtà effetto e non causa del terremoto. L'osservazione di Oddone, da una parte porta a concludere che le faglie possono essere effetti e non cause dei terremoti: dall'altra, avvalora l'ipotesi realizzata quarantanni prima. In tal modo risulta logico attribuire la sismicità delle zone già sedi di antichi laghi e degli attuali bacini idrologici all'alterazio¬ ne dell'equilibrio fluido-dinamico. La conformazione geomorfologica delle zone appenniniche maggiormente colpite da terremoti giustifica pienamente la possibilità del verificarsi di tale alterazione anche per cause naturali. Per il terremoto del 23 novembre 1980 essa sarebbe confermata da variazioni di portata delle sorgenti di Cassano Irpino e di Caposele. comprese nella zona epicen- I trale. E' anche in base a queste considerazioni che nasce la speranza che in Italia, forse prima e meglio che altrove, possono essere intraprese le ricerche per lo studio del controllo del terremoto, con l'individuazione delle modalità per far sviluppare in modo continuo ed asismico le energie che si vanno accumulando nel sottosuolo. Lorenzo Casertano dell'Università di Napoli

Persone citate: Baiano, Emilio Oddone, Mercalli