Cesare e Pietro Chiabotti scrivono in due memoriali le loro «verità»

Cesare e Pietro Chiabotti scrivono in due memoriali le loro «verità» S'inizia oggi in tribunale il processo per lo scandalo petroli Cesare e Pietro Chiabotti scrivono in due memoriali le loro «verità» I titolari della «Isomar» di Sant'Ambrogio hanno voluto rompere il silenzio dopo la fuga in Sud America - Stamane i documenti consegnati ai giudici - Ruolo dei finanzieri I due personaggi-chiave del processo «Isomar uno» che prende il via ufficialmente slamane davanti alla seconda sezione del Tribunale, si sono finalmente falli vivi. Cesare e Pietro Chiabotti. titolari dell'azienda in Val di Susa. epicentro del fiume di gasolio di contrabbando uscito dai depositi di Sant'Ambrogio, hanno deciso di rompere il silenzio. Si presentanteranno al processo? Neanche immaginarlo, stanno troppo bene all'estero a godersi i miliardi sotlratli al fisco. Si difenderanno, si fa per dire, con un memoriale fatio pervenire ai loro avvocati. Cesare Zaccone e Claudio Morra. Saranno due i memoriali che slamane gli stessi legali consegneranno al presidente Fassone perché ne dia lettura. Il primo é di Pietro Chiabotii. il giovane petroliere che in questi giorni si sta crogiolando al sole in qualche sper¬ duta spiaggia dell'America del Sud. Lunghissimo il documento fallo pervenire agli avvocati: una ventina di pagine in cui racconta la storia dell'azienda, i traffici più o meno leciti, i controlli dell'Util. le responsabilità dei pubblici utficiali. Più concisa la «memoria» scritta dal padre Cesare, soltanto un paio di cartelle. La versione di entrambi é ricca di spumi interessanti ma molti di più sono gli aspelti che i Chiaboiti preferiscono non chiarire. Chissà, ad esèmpio, come sono riusciti ad espatriare, visto che i documenti d'identilà gli erano slati ritirali. Il loro amico e complice, ing. Enrico Ferlilo. funzionario Ulif a Torino, non aveva avuio molle difficoltà a procurarsi documenti falsi per fuggire all'estero. Un altro loro amico e big del contrabbando. Salvatore Galassi. era ricorso ad un espediente purtroppo non insolito per chi. sentito odore di mandalo di cattura, preferisce seguire all'estero gli sviluppi delle inchieste. Alle prime avvisaglie giudiziarie. Galassi s'è premunito di dichiarare lo smarrimento del passaporto, facendosi rilasciare un duplicato dalla Questura. Quando la magistratura ne ha chiesto il ritiro per impedire la fuga, il conirabbandiere s'è premuralo di consegnare il duplicalo del passaporto, l'originale ce l'aveva in tasca. Per un ex ufficiale della Finanza come era Galassi. non c'è male. Dove si rilugia Galassi? In Svizzera e da qui tiene quasi quotidianamente i rapporti con due legali, gli avvocati Angelo Vaccaro e Giulio Formalo. Con Galassi c'è anche l'amico Vincenzo Gissi. I due legali non sanno d'avere il telefono sotto conirollo. parlano liberamente con i due latitanti. I magistrati riescono a scovare il luogo esatto del rifugio elvetico di Gissi e Galassi. Emettono un mandato di cattura internazionale. l'Interpol può arrestarli. Ci riesce? Macché. Succede addirittura che due ufficiali di polizia tributaria inviati a Lugano per ricerche abbiano la fortunata coincidenza di pranzare in un ristorante fianco a fianco di Gissie Galassi. Risultato? I due laiiianti sono uscili indisturbali dal locale. L'episodio l'hanno Tacconato al giudice Mario Vaudano gli stessi avvocali Formalo e Vaccaro. durante un confronto. I petrol-conirabbandieri d'assalto, una volta smasche¬ rati dai giudici, hanno fatto l'impossibile per costringere autisti e impiegati a non collaborare con i magistrati. Prima hanno tentalo con le buone e i premi-fedeltà, poi con minacce brutali. Significative le dichiarazioni rese a verbale di alcuni tesli o imputati. Deposizione di Maurizio Benelli: «-4 tutti noi è stata datu una specie di superliquidasione perché collaborassi con Gissi e Galassi al momento di essere interrogato. Personalmente ho ricevuto dieci milioni». Gli autisti Angelo e Giovanni Arrigoni: «Fummo invitati a mantenere sempre la stessa versione iniziale, diversamente ci sarebbero capitati dei guai». Francesco Risposi, aulista. confessa a Vaudano: «Anch'io ho taciuto per paura. Quand'ero in carcere, a me arrivò, tramite un detenuto, un biglietto in cui c'era scritto di confermare sempre la stessa versione. Il biglietto lo inghiottii». (ìuido .1. Paglia Cesare Chiabotti

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