«La scala mobile non si tocca» ripete la base sindacale lombarda di Marzio Fabbri
«La scala mobile non si tocca» ripete la base sindacale lombarda I delegati delle maggiori fabbriche a confronto con i dirigenti confederali «La scala mobile non si tocca» ripete la base sindacale lombarda MILANO — Sotto l'arcata di vetro e cemento del Palazzetto dello Sport l'onda de «la scala mobile non si tocca» partita dall'Alfa Romeo quindici giorni fa ha fatto accorrere, davanti alla platea e alle gradinate riempite dai delegati di tutte le fabbriche metalmeccaniche della Lombardia, buona parte della dirigenza, locale e non, del sindacato e delle confederazioni. I discorsi si susseguono mattina e pomerìggio resi di difficile ascolto dal brusio incessante e dall'acustica cattiva: accolti con applausi caldi e prolungati quelli dei delegati, di cortesia e molto più brevi quelli dei funzionari. Il timore dei rappresentanti dei lavoratori giunti qui con il preciso mandato di non far cedere di un millimetro sulla scala mobile vedono quell'onda spontanea (sorta per reazione alle ipotesi di congelamento), arginata e sospinta dagli interventi dei quadri sindacali, in mille rivoletti, tutti nella stessa direzione, ma ormai priva di forza. La relazione iniziale tenuta da Umberto Pedroni. segretario regionale Firn (Uilm), è la punta più avanzata, gli altri, malgrado certi toni tribunizi, in realtà sono molto più cauti: no al taglio dei salari reali, dicono i dirigenti dalla tribuna, e sarà solo una sfumatura, ma l'impresione è che vogliano dire una cosa un po' diversa dal fatto che «la scala mobile non si tocca». Pedroni non risparmia critiche alle confederazioni: «Per la definizione di una linea unitaria e strategica di politica economica e rivendicativa — esordisce — la Federazione nazionale Cgil, Cisl e Uil aveva proposto una con- sultazione di massa, prima dei singoli congressi confederali. E' grave che quell'iniziativa non si sia potuta svolgere a livello nazionale e che solo in Lombardia la consultazione si sia fatta, pur se in termini insufficienti e inadeguati». Sono le stesse critiche sul «metodo e sul merito» mosse alle proposte contenute negli ormai famosi 18 punti di Carniti sin dall'origine della protesta spontanea. Per di più, accenna Pedroni, le misure sin qui varate dal governo garantiscono non il «raffreddamento dell'inflazione ma quello dell'attività produttiva, dei livelli occupazionali e il ritardo forse irreparabile nell'ammodernamento e riqualificazione dei settori portanti della nostra economia». Il relatore riconferma la minaccia già espressa più volte in questi giorni: «Di fronte a misure unilaterali del governo rispetto alla modifica della scala mobile o al blocco della contrattazione la risposta è sciopero generale (solo qui è ovazione), con ciò riconfermando la validità di questo strumento il cui uso in questi anni è sempre stato rivolto all'obiettivo della difesa e del rafforzamento del quadro istituzionale democratico e della lotta contro il terrorismo». Segue poi l'elenco delle misure necessarie contro l'inflazione. In breve: programma energetico, zone terremotate, settori in crisi, piano agroalimentare, riordino partecipazioni statali, qualificazione produttiva della spesa pubblica, imposta patrimoniale, blocco tariffe pubbliche e prezzi industriali, blocco equo canone. Infine una tirata d'orecchi alle segreterie romane: «Dove dovessero valutare l'opportunità di presentare ulteriori proposte relative alla politica salariale... la Firn ritiene che sia necessario discuterle preventivamente con l'insieme dei lavoratori». Quando prende la parola Morese, segretario nazionale Firn (Firn), deve conquistare un uditorio freddino con una sparata sui medici in sciopero che abbandonano i pensionati e una su coloro che con l'inflazione si sono arricchiti. Quello della lotta all'inflazione proclama: «E' il terreno sul quale possiamo costruire un'inversione di tendenza» e ancora: «La scala mobile è il segno storico del nostro essere sindacato perché è la difesa dei più deboli». Ma passa quasi inosservata dalla platea una sua esortazione a non credere nella scala mobile «come in un dogma di fede». Lo stesso accenno contro presunti tabù lo fa Alberto Bellocchio a nome della Cgil. Cisl e Uil regionale che ammonisce: «Sarebbe suicida se per salvare la scala mobile cedessimo su tutto il resto»; non dice se sarebbe ugualmente suicida sacrificare la scala mobile per salvare tutto il resto. Marzio Fabbri
Persone citate: Alberto Bellocchio, Carniti, Morese, Pedroni, Umberto Pedroni
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