Fermo di polizia «troppo duro» «No, servo contro i terroristi»

Fermo di polizia «troppo duro» «No, servo contro i terroristi» Viaggio tra i referendum del 17 maggio: la legge Cossiga Fermo di polizia «troppo duro» «No, servo contro i terroristi» Radicali e dp sostengono che le norme sono inutili e poco applicate nelle zone più colpite dall'eversione - I sostenitori ribattono che la scarsa utilizzazione dell'istituto dimostra l'infondatezza dei timori di abusi e atti arbitrari Per fronteggiare l'offensiva del terrorismo e della criminalità comune il 15 dicembre 1979 il governo emanò una serie di norme sull'ordine pubblico, convertite in legge il 6 febbraio 1980. E' la cosiddetta «legge Cossiga». Pessima legge, proclamano i radicali, i quali sostengono come sia pericoloso un eccessivo rafforzamento dell'esecutivo e paventano un avanzare dell'autoritarismo per cui chiamano a raccolta i cittadini perché il 17 maggio facciano piazza pulita di tutte le disposizioni. Chi difende la legge non se ne dimostra sempre entusiasta, ma ritiene che i pregi siano superiori ai difetti. Le norme prevedono: 1) fermo di polizia di sicurezza nei confronti di individui sospettati di essere in procinto di commettere reati di terrorismo; 2) perquisizioni a vasto raggio nei quartieri: 3) blocco totale della circolazione nelle zone interessate: 4) l'allargamento dei poteri di polizia giudiziaria (interrogatori, controlli bancari sul denaro «sporco»): 5) pene più gravi per i reati di terrorismo sino all'ergastolo per l'assassinio di magistrati ed esponenti delle forze dell'ordine: 6) periodi più lunghi di carcerazione preventiva (vale a dire la carcerazione che precede la sentenza definitiva) sino a 10 anni e 8 mesi per i reati più gravi. La legge, infine, favorisce le dissociazioni., dal partito armato riducendo in modo no- tevole le sanzioni ai terroristi che forniscono elementi utili per colpire l'eversione. Secondo i promotori del referendum queste disposizioni «mascherano lo sfacelo delle istituzioni giudiziarie, non combattono il terrorismo, anzi, spingono i simpatizzanti a entrare nel partito armato» perché fanno esclusivo ricorso alla mano dura della legge. Peggio ancora: aprono le porte allo Stato di polizia: «Rastrellamenti di sinistra memoria» (le perquisizioni nei quartieri), pratiche inquisitorie: «Testimoni della corona infidi e interessati» (i pentiti). Chi é favorevole alla legge osserva che bisogna esaminare la situazione senza cedere «alla suggestione di immagini che travisano la realtà». E la realtà è questa: la domanda di sicurezza che sale dal Paese «esprime esigenze più che giustificate». Il terrorismo, nonostante l'impegno assiduo degli inquirenti, é lontano dall'essere debellato. Le istituzioni democratiche possono subire nuovi pesanti attacchi. Ce il pericolo di altri sequestri, di altro sangue: magistrati e forze dell'ordine sono i più esposti all'attacco. In un periodo carico d'incognite lo Stato ha diritto di difendersi adottando strumenti disciplinati da norme urgenti e temporanee. Da che mondo è mondo, si sostiene, gli ordinamenti hanno sempre previsto la possibilità di interventi d'emergenza. Queste considerazioni inducono a superare le perplessità che pure sussistono su alcuni punti della legge Cossiga tra i fautori del «no» all'abrogazione. Accanto, infatti, a chi considera le norme organiche e equilibrate, c'è chi rimprovera alla legge un certo «permissivismo» e chi. all'opposto, guarda con sospetto al fermo di sicurezza e all'allungamento dei termini della carcerazione preventiva. Sul fermo ritornano i temi sostenuti soprattutto dai radicali e dal pdup nella recente battaglia parlamentare: la sua dubbia legittimità costituzionale, la sua inutilità, la scarsa (o nulla) applicazione nelle zone colpite dall'eversio- ne armata, sicché il termo «oltre che pericoloso è istituto inutile». Chi difende integralmente la legge ribatte: la scarsa o nulla utilizzazione del termo (e delle perquisizioni nei quartieri) dimostra l'infondatezza dell'allarme su possibili abusi e atti arbitrari: è improprio sostenere che poiché uno strumento non e stato applicalo, tanto vale eliminarlo: con un nemico sempre pronto a colpire e possibile che si verifichino particolari situazioni di pericolo che richiedano interventi tempestivi: «In tali casi fermo di sicurezza e perquisizioni forniscono un valido aiuto». L'allungamento dei termini della carcerazione preventiva è un altro istituto che suscita riserve. Esso, si dice, può rendere lettera morta il principio della «presunzione d'innocenza», stabilito dalla legge fondamentale. Che in questo caso si scontino le croniche inefficienze e i ritardi dell'apparalo della giuslizia non appare dubbio. Nello stesso tempo però alcuni ricordano che anche i terroristi hanno ostacolato il regolare corso della giustizia con i processi di «rottura» in aula, in cui da accusati hanno preteso di trasformarsi in accusatori, con gli assassinii fuori delle aule. Il processo di «rottura», a parte le viete e stolide giustificazioni ideologiche, è stato utilizzalo dagli imputati anche per dilatare i tempi del dibattimento e impedire che si giungesse a una sentenza definitiva nella speranza di usufruire della scarcerazione per decorrenza dei termini, i quali sino a poco tempo fa. non potevano superare i quattro anni. Ma gli strumenti di garanzia processuale non possono trasformarsi in strumenti di frode processuale. Le critiche alla legge non sono però tali da impedire di darne un giudizio finale positivo. Per indurre a conservare la legge, si afferma, basterebbe resistenza di norme indubbiamente utili come quella sul controllo in banca del denaro «sporco» e quella che favorisce i «pentimenti». E' il famoso articolo 4. grazie al quale oltre duecento terroristi hanno parlato permettendo di assestare duri colpi all'eversione armata (semmai, si ricorda, la portata dell'articolo dovrebbe essere estesa). I promotori del referendum sostengono che i testimoni possono essere inattendibili. Ma si rileva che le affermazioni di Peci e dei compagni di Peci sono state sempre controllate in modo rigoroso dagli inquirenti proprio per evitare errori, provvedimenti avventati, abusi. Clemente (ìranata

Persone citate: Cossiga, Peci