Non c'è posto per i ribelli afghani al tavolo verde delle grandi potenze di Gerard Viratelle
Non c'è posto per i ribelli afghani al tavolo verde delle grandi potenze Soltanto la Croce Rossa chiede aiuti alimentari Non c'è posto per i ribelli afghani al tavolo verde delle grandi potenze NOSTRO SERVIZIO PARTICOLARE GINEVRA — Nel momento stesso in cui veniva annunciala la revoca dell'embargo americano sui cereali nei confronti dell'Urss. la Croce Rossa ha rivolto da Ginevra un appello per aiuti alimentari e materiali per i due milioni di profughi afghani. Il modo migliore per dimostrare che l'Occidente, come ha detto la Casa Bianca, è contrario -all'occupazione sovietica dell'Afghanistan- sarebbe quello di tenere il Cremlino sotto pressione e aiutare rifugiati e resistenti afghani. Ma. al di là delle dichiarazioni, tanto perentorie quanto vane, avviene il contrario. I grandi e i supergrandi. come la Francia, giudicano si -inaccettabile- l'invasione sovietica, ma in fondo vi si sono adattali. E. a quanto sembra, si impegnano soltanto ad evitare altre -aggressioni- e a mostrarsi solleciti verso il Pakistan. L'embargo sul grano non lia spostato di un centimetro la strategia dell'Urss in Asia Centrale: e quello sulle tecnologie non ha maggiori possibilità di ottenere qualche risultato. La soluzione del problema afghano dipende dalla situazione internazio¬ nale, e soprattutto da colloqui Est-Ovest. A quanto sembra, i ribelli afghani non avrebbero ricevuto maggiori sovvenzioni negli ultimi tempi. E il Pakistan non accetterà che questi aiuti passino, almeno ufficialmente, attraverso il suo territorio. D'altra parte, la causa degli afghani non è stata al centro dei recenti colloqui, avvenuti a Washington, fra Pakistan e Usa. Per il momento, il regi- me militare di Islamabad sfrutta la «minaccia» sovietica e l'arrivo di circa un decimo della popolazione afghana sul suo territorio per ottenere aiuti economici e militari e ridurre il gap nei confronti dell'India nella corsa agli armamenti. Islamabad non è disposta ad avere sul suo territorio non solo «santuari», ma neppure un'istituzione politica come un governo provvisorio afghano, a meno di controllarlo. Teme soprattutto che nella zona si sviluppi un movimento nazionalista, magari d'ispirazione filoiraniana. E l'India sembra preoccuparsi della stessa cosa. I due Paesi, insomma, si dividerebbero il peso della presenza sovietica in Afghanistan, purché questa non avanzi ulteriormente. Di qui la loro attività diplomatica per cercare una soluzione politica con il regime di Kabul, ignorando la resistenza. E presto, forse, il grano americano farà parte dei cereali che Mosca consegna all'Afghanistan per tappare i buchi di una produzione agricola compromessa dalla guerra civile. Gerard Viratelle ('np)righi «ìx Mondei- jkt l'Ilulia «In Stampa»
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