Meglio non farlo, questo processo di Lietta Tornabuoni

Meglio non farlo, questo processo Il professore, la studentessa, la violenza carnale, eccetera Meglio non farlo, questo processo Magari era meglio non farlo, il processo per violenza carnale intentato da Simonetta Ronconi contro il professor Giuseppe Saracino, e finito venerdì a Milano con la sentenza d'appello che ha condannato l'imputato a due anni e due mesi di prigione, che gli ha concesso la libertà provvisoria dopo quasi sette mesi di carcere. Era meglio non farlo, e non perché lei ai'esse torto: è vero che ogni cosa imposta contro la propria l'olontà con la sopraffazione, fisica o non fisica, è una violenza; è vero che se la prevaricazione avviene durante un abbraccio carnale è una violenza carnale; e l'eventualità che l'incontro sia consensuale non attenua la violenza, anzi l'aggrava come imbarbarimento d'un rapporto accettato e desiderato fiduciosamente, amorosamente, gioiosamente. Era meglio non farlo, e non perché lui avesse torto: è vero che condannare una persona soltanto (o quasi) in base alla testimonianza di un'altra persona che si considera sua vittima non è giusto e permette troppe possibili illegalità; è vero che la prima condanna a quattro anni di prigione poteva apparire troppo dura; è vero che forse sarebbe stata diiersa se l'imputato non fosse stato un ex Sessantottino, un ex leader dei maoisti milanesi, uno chiamato -Popi-. Era meglio non farlo per altre ragioni, questo processo, per svariate ragioni. Ha offerto una cattiva immagine della giustizia, condensando crudeltà, volgarità, futilità. Il pregiudizio misogino di alcuni magistrati e avvocati ha fatto pesare sulla ragazza Ronconi un clima di diffidenza e di sospetto ette colpevolizzava la vittima. L'iniziativa del processo l'aveva presa lei. e l'episodio comportai^ necessariamente indagini indiscrete, scabrose. Ma nel proclamato intento di «appurare la verità, servire la giustizia», certi interrogatori sono risultati più violenti della violenza, esercizi volgarmente pruriginosi intorno al genere e all'intensità di carezze, sfregamenti, abrasioni, lividi, toccamenti e infiammazioni, analisi minuziose di biancheria strappata o intatta, di pillole prese o non prese, di morsi che forse erano baci o di baci che forse erano morsi. Questo processo ha offerto una cattiva immagine anche dei suoi protagonisti. Da un professore trentaseienne e da una studentessa diciannovenne della Nuova Sinistra si poteva aspettare un diverso atteggiamento in aula: un rifiuto di rispondere all'inutile indiscrezione di certe domande. una rinuncia a discutere ipotesi sentimentali o comportamentali con magistrati o avvocati di mentalità, esperienza e cultura certo inconciliabili con la loro. Affascinante, intellettuale, di sinistra, lui s'è invece lasciato andare a ragionamenti da classico maschilista piccolo borghese. Bellissima, femminista e impavida, lei ha perseguito l'accusa con una inesorabilità troppo assoluta per apparire soltanto ideologica. Ma l'incerto sentimento e la poca simpatia suscitati da entrambi sono dovuti forse alla sensazione che l'intera vicenda fosse irragionevolmente fuori luogo in un tribunale: tra una donna e un uomo esistono conflitti, violenti ma non tragici, troppo speciali e prillati per venir davvero risolti da un processo. In un caso simile, poi. sembra contraddittorio e persino ridicolo ricorrere al Padre-Stato, al Maestro-Magistrato, perché impartisca lezioni di condotta e castighi della prepotenza, perché insegni una buona volta a un compagno a essere compagno anche nei rapporti amorosi con le compagne. Questo processo ha offerto una cattiva immagine pure della piccola società che ri è stata coinvolta. Ha rivelato un'idea antiquata del sesso, drammatica, sacrale, sproporzionata sino all'ossessività. Ha l'isto schieramenti politici insensati per cui, in nome dell'antifemminismo, si sono fatte appassionate sostenitrici dell'imputato le ragazzine dell'estremismo cattolico. Ha provoca tocu n'osi tà popola re e attenzione giornalistica abbastanza losche e senz'altro eccessive, una conferma del fatto che il sesso parlato è la forma più apprezzata d'intrattenimento nazionale. Insomma, un disastro.' Macché. Magari era meglio non farlo, questo processo, ma almeno due elementi positivi li ha presentati: una sentenza che riconosce come violenza carnale anche atti compiuti al di fuori del consueto feroce scenario dello stupro; una discussione colletth'a intorno ai diritti femminili e alla moralità sessuale che. con tutte le sue scemenze, è sempre più utile della rimozione e del silenzio. Lietta Tornabuoni

Persone citate: Giuseppe Saracino, Ronconi, Simonetta Ronconi

Luoghi citati: Milano