Un Paese da scoprire di Bernardo Valli

Un Paese da scoprire Un Paese da scoprire Sette anni dopo, la Francia appare di nuovo al punto di partenza, ancora indecisa, immersa nello stesso dilemma. Continuare o non continuare con un regime che dal 1958 governa il Paese? Accettare o non accettare il cambiamento con una svolta a sinistra? In Occidente, al di qua e al di là dell'Atlantico, prevalgono ormai da tempo, sotto forme diverse, le tendenze moderate, di destra, l.a Francia, che gli stranieri guardano come un'isola abbastanza privilegiata in un continente in crisi, sembra andare invece controcorrente. Comunque esita. Forse appare perplessa perché insondabile nei suoi umori profondi. Riflette le incertezze dell'Europa benestante e insicura, tartassata dalle difficoltà economiche ma opulenta rispetto al resto del mondo. Questa Francia, in cui altre nazioni si possono specchiare, si ripropone il dilemma: Giscard o Mitterrand? La risposta all'interrogativo non lascerà indifferente il resto dell'Europa. Molti sintomi (ossia i sondaggi, che imprigionano le impressioni in un'aritmetica approssimativa) spingono in queste ore a pensare che il candidato-presidente e il candidato socialista si qualificheranno oggi al primo turno, sia pure di stretta misura per la dispersione dei voti tra i candidati minori, e che quindi affronteranno poi solitari il secondo, tra 14 giorni, il 10 maggio, esaltamente come nel 1974. Il «fenomeno» Chirac, affiorato durante la campagna elettorale, ha espresso il malumore delk destra sanguigna nei confronti di un Giscard in cui non si è mai riconosciuta. Il caso Chirac ha creato un po' di suspense, ma potrebbe rivelarsi un semplice brontolio, di cui dovrà tener conto il presidente eletto, di sinistra o di destra. L.a Francia ritornata alla linea di partenza non è tuttavia quella del 1974. che dette la vittoria a Giscard per una manciata di voti, ma anche con uno slancio di cui il Presidente non può più usufruire. E' cambiata anzitutto politicamente. Mitterrand non è più il candidato unico della sinistra, rafforzato e al tempo stesso appesantito dalla alleanza con i comunisti: è un candidato socialista solitario che non propone un «cambio di società», che al contrario si presenta come una «forza tranquilla». Giscard può esibire meno la sua immagine di tecnocrate illuminato e ascoltato perché propone «riforme senza rischi»; è un presidente che esibisce il bilancio di un settennio inevitabilmente controverso. Un settennio che si è iniziato con la crisi economica mondiale e che si conclude con quella crisi irrisolta. Entrambi. Mitterrand l'umanista e Giscard l'esperto, subiscono gli attacchi degli alleati che erano reali nel '74 e che sono potenziali nell'81: il primo è incalzato dal comunista Marchais, ascoltato dalla Francia del rifiuto, il secondo è incalzato da Chirac, interprete degli umori della Francia profonda. Il Paese ha continuato a trasformarsi socialmente: l'inurbamento si è accentuato negli ultimi sette anni, i cittadini a reddito fisso, i salariati, sono cresciuti, e se i disoccupati si sono moltiplicati (per quattro: sono adesso circa un milione 700 mila), si sono moltiplicati anche i «detentori di piccoli patrimoni» (residenza secondaria e modesti pacchetti di azioni). Sono dunque più numerosi coloro che. privi di un lavoro, hanno giustificati motivi di essere scontenti, e al tempo stesso si è irrobustito quel «blocco centrale» di elettori che i sociologi giudicano determinante al momento del voto. Di solito quest'ultima frangia «pensa a sinistra e vota a destra». Non a caso Giscard ha lanciato lo slogan «la Francia proprietà dei francesi», cercando di indirizzare i piccoli risparmi verso gli investimenti industriali, attra¬ verso la Borsa. I problemi economici dominano questa elezione e ne determineranno il risultato. l.a crisi accompagna oggi i francesi alle urne. Anche la consultazione per il rinnovo della Camera dei deputati si è svolta nel '78 sotto l'effetto degli choc del petrolio. Ma allora ha prevalso l'atmosfera creala dalla drammatica rottura dell'alleanza tra comunisti e socialisti, ed altresì la diffidenza verso l'ir realistico «programma comune» proposto, sia pure in diverse stesure, da Mitterrand e da Marchais. Questo è, in fondo, il primo scrutinio nazionale dominato dalla crisi, dalla disoccupazione e dall'inflazione, che soltanto i comunisti attribuiscono alla «sete di profìtto dei capitalisti». Mitterrand promette un rilancio selettivo dell'economia attraverso un miglioramento dei redditi più deboli, e punta su una crescita del 3 per cento. Giscard insiste sulla competitività dell'industria francese, più forte nei settori di punta, e accenna a una crescita di mezzo punto in più rispetto agli altri grandi Paesi dell'Occidente. Chirac parla di un rilancio «vigoroso*. Ma tutti si presentano come gestori della crisi. II dilemma francese. Mitterrand o Giscard?. racchiude in realtà una tentazione: la socialdemocrazia, che la Francia, indicata come il Paese con le disuguaglianze economiche più accentuate nell'Europa comunitaria, non ha conosciuto, pur disponendo di una ricchezza nazionale non di molto inferiore a quella della vicina Germania di Schmidt e di Brandt. Non attuando le riforme promesse all'avvio del settennio. Giscard non ha né soddisfatto né attenuato quel desiderio. Ha perduto una grande occasione, ma non è detto che perda le elezioni. Ci penserà probabilmente Marchais a dargli una mano, distogliendo con il suo linguaggio manicheo, i cittadini esitanti a volare per la sinistra al secondo turno. l.a fine dell'epoca d'oro, dei boom economici spettacolari che consentivano riforme di struttura senza troppi rischi, limita adesso drasticamente il campo d'azione. Mitterrand si accontenta in sostanza di proporre un tipo di socialdemocrazia redistributiva. Per questo lo ritroviamo sulle soglie dell'Eliseo con qualche probabilità di entrarvi, spinto da una Francia solleticata dall'idea di un cambiamento, e al tempo stesso prudente. Ma chi la conosce questa Francia abitata da cittadini sempre più individualisti? In questi giorni gli elettori, tra cui milioni di diciottenni, hanno visto i candidati avvolti nei tricolori che parlavano della forza atomica nazionale e che esaltavano il ruolo della nazione giscardiana nel mondo. Ma tre mesi fa quegli stessi elettori si dichiaravano tutt'altro che disposti a difendere il Paese e la democrazia da eventuali aggressioni esterne. Alla domanda: «Cosa fare se l'esercito sovietico entrasse in Francia'/», il 63 per cento degli interrogali ha risposto: «Avviare subito negoziati di pace». I problemi individuali, come nel resto del'Europa Occidentale, sono quelli che contano. Bernardo Valli