Colombo nell'Etiopia, fedele a Mosca Menghistu vuol aprire all'Occidente? di Mimmo Candito

Colombo nell'Etiopia, fedele a Mosca Menghistu vuol aprire all'Occidente? Prima visita di un nostro ministro degli Esteri in 10 anni Colombo nell'Etiopia, fedele a Mosca Menghistu vuol aprire all'Occidente? L'ex colonia ha una posizione importante sulla via del petrolio - Smentita ufficialmente un'iniziativa europea (o addirittura americana) della quale Colombo sarebbe portavoce - Duemila residenti italiani DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE ADDIS ABEBA — Sono più di dieci anni ormai che un ministro degli Esteri italiano non viene fin quaggiù, in Etiopia, e in tutto questo tempo il mondo africano è stato percorso da fatti drammatici, colpi di Stato, dittature folli, guerre e grandi evoluzioni, che hanno segnato e cambiato la sua storia. Anche l'Etiopia non è più quella di quando ci venne Moro, e il vecchio Negus della lunga guerra di Graziani se n'è andato, lasciando il suo Paese nelle mani di una rivoluzione militare che vuole trasformare il destino e le speranze di questa gente. Eppure, nonostante gli anni e gli uomini, basta rimetterci piede, are a spasso per qualche n..nuto per le strade di Addis Abeba, perché questa torni ancora ad essere in qualche modo, nel suo antico odore d'Italia. quell'Abissinia favoleggiata da una generazione di ragazzi illusi e di uomini che cantava di una «Cara Virginia» cui avrebbe scritto lettere forse mai partite, o forse perdute nella sabbia bruciata di qualche amba senza leggende. C'è un pezzo di storia d'Italia scritta ancora quaggiù, insomma, e questo finisce per essere più che un ricordo malinconico, la chiave per capire l'arrivo ieri di Colombo ad Addis Abeba. Perché, quali che siano i risultati e la cautela e il riserbo che gli si vogliono cucire addosso, questo resta un tentativo diplomatico di buon rilievo internazionale, che sta sfilando attraverso un sondaggio affidato all'Italia. Se si vuole, un discorso cosi fatto è una sorta d'interpretazione approssimativa di una rete assai più sottile e sofisticata di segnali che si stanno lanciando da più capitali, e non tutte in una direzione soltanto; però, anche in questa forma piuttosto riduttiva, appare comunque chiaro che il ruolo strategico e l'importanza che ha l'Etiopia sulle vie del petrolio assegnano al «sondaggio» di Colombo un'attenzione che va ben oltre la visita di routine in una lontana e difficile ex colonia. Cosa dovrebbe scoprire questo assaggio? Sembra che sia una cosa soprattutto: quanto è fondata l'intenzione del Derg rivoluzionario etiopico di «aprire» verso il mondo occidentale un nuovo processo di rapporti economici e politici. Tutta la questione è condotta da una discrezione molto attenta, che mira ad evitare l'urto di suscettibilità politiche e diplomatiche molto sensibili. Nessuno, d'altronde, crede davvero che sia in atto uno sganciamento di Addis Abeba dalla «tutela» dell'Unione Sovietica: il ruolo dell'Urss resta ancora decisivo, tanto sul piano politico quanto su quello militare, e due miliardi di dollari dati in armamenti ai soldati di Menghistu continuano a valere sempre come un grosso ceppo capace di bloccare qualsiasi velleitaria tentazione. Però, tutto ciò non impedisce di avvertire che Addis Abeba appare oggi meno compatta dietro la scelta che fece nel '74 e confermò poi sotto la pressione della guerriglia eritrea e della guerra somala dell'Ogaden. La dipendenza del Paese dall'Unione Sovietica comincia forse a mostrarsi eccessiva e un progetto di diversificare in qualche modo le fonti di assistenza e di cooperazione traspare ormai piuttosto chiaramente nelle analisi che gli osservatori politici conducono da questa capitale del Corno d'Africa. Colombo dichiara di non poter sostenere alcuna interpretazione estensiva del suo viaggio qui, e ufficialmente respinge l'ipotesi di una sorta di proposta che venga portata in Etiopia a nome dell'Europa, per esempio, o addirittura di un quadro generale di alleanze economico-militari che tocchino perfino l'America. Però, quando gli ho chiesto se queste sue parole di esclusione di progetti tanto vasti non finivano per tradire forse il suo pensiero e ammettere più di quanto egli stesso avesse voluto dire, il ministro degli Esteri italiano ha sorriso con una cordiale battuta dialettale, e non ha affatto negato: anzi, mi ha risposto: «Diciamo che né noi né i nostri interlocutori ignoriamo il valore che comporta questa iniziativa di dialogo tra Italia ed Etiopia.'. Un linguaggio simile, in diplomazia, viene inteso con grande facilità. E il ministro Colombo non l'ignora. Il problema più delicato pare essere quello di rispondere ai «segnali» di Addis Abeba senza compromettere in alcun modo né l'indipendenza di giudizio etiopica, né il diritto di questo Paese di scegliere le strade e le forme per realizzare al meglio i propri interessi nazionali. E non vi è dubbio, per questo, che Colombo dica il vero quando smentisce che ci sia una qualsiasi iniziativa internazionale: però, poiché le strade del negoziato diplomatico sono infinite e tutte molto prudenti, contatti tra Roma e altre capitali europee (certamente consapevoli della nostra storia passata in questa terra e dei legami di popolo che ancora vi sono) paiono autorizzare a pensare senza troppi azzardi che un fumo di qualcos'altro qui certamente c'è. Una conferma indiretta la si è avuta ieri mattina, quando il giornale locale di lingua inglese «The Ethiopian Herald» è apparso senza neanche una riga di segnalazione della visita di Colombo. In un Paese dove la presenza di consiglieri tecnici e di quadri politici di molti Paesi dell'Est fa ritenere poco probabile che avvengano fatti casuali, quel silenzio vale come una dichiarazione di non gradimento della visita. Che non è poi una cosa contraddittoria: all'interno dei poteri politici che oggi controllano l'Etiopia, il ministero delle Informazioni viene considerato sotto l'influenza dell'ala più filosovietica del Derg (e qui esercitano la loro abilità i consiglieri della Germania Orientale), mentre il ministero degli Esteri pare propenso ad un atteggiamento politico articolato, meno stretto degli obblighi di schieramento. La visita continua oggi, e Colombo incontrerà anche Menghistu. C'è tutto il tempo per parlare dei duemila nostri connazionali residenti qui. e del problema degli indennizzi per quanti sono stati espropriati negli anni della rivoluzione. E' una materia mollo delicata, ma ieri sono state poste delle buone premesse. Mimmo Candito

Persone citate: Graziani, Moro, Negus