Il prestito alla Ceat dei dipendenti «è finite in una bolla di sapone»

Il prestito alla Ceat dei dipendenti «è finite in una bolla di sapone» Il gruppo (ancora in perdita) alla ricerca di un partner internazionale Il prestito alla Ceat dei dipendenti «è finite in una bolla di sapone» TORINO — A prima vista sembrava l'uovo di Colombo, poi «è finito tutto in una bolla di sapone». «Nei giorni scorsi — dice Franco Macario, della segreteria Piltea-Cgil —abbiamo avuto un incontro a Roma con l'azienda e l'argomento non è stato neppure sfiorato». U«uovo di Colombo», tanto per intenderci, era il prestito che i 5873 dipendenti Ceat avrebbero dovuto fare all'azienda rinunciando a circa un terzo dello stipendio per tre mesi. La somma (circa 2 miliardi) sarebbe poi stata restituita dall'azienda a fine anno, con l'aggiunta degli interessi a un tasso del 22wt. Il fatto, in sé clamoroso, aveva anche avuto un'eco vastissima e i sindacati si erano persino divisi. C'era soltanto un piccolo inghippo: nessuno sapeva da dove proveniva la proposta. Angelo Tealdo. consigliere delegato della Ceat. smentisce di «aver mai fatto proposte del genere» («Semmai — afferma — è stato fatto presente ai sindacati che con la "stretta"' la situazione finanziaria si slava complicando») e di non • aver mai chiesto nulla ai dipendenti». Ma se nessuno ne ha mai parlalo ufficialmente, come è nata allora questa storia del prestito, su cui si sono pronunciati anche negativamente i delegati sindacali del gruppo? - Noi — risponde Macario — non lo sappiamo. Certamente però è nata negli ambienti della Ceat. probabilmente tra qualche persona che non vede di buon occhio quella collaborazione azienda-sindacato che ha permesso, da due anni a questa parte, al piano di ristrutturazione di procedere con una certa regolarità e di dare anche qualche risultato importante». L'uovo di Colombo, insomma, non era tale, anche perché, a conti fatti, avrebbe favorito soltanto il Fisco, che sulle buste-paga medie (da 700 mila lire lorde al mese) si sarebbe preso, nel mese della restituzione, il 15% in più. E allora? Se questa strada è risultata impercorribile («Le aziende non possono trasformarsi in banche», dicono oggi alla Ceat) quali alternative restano al gruppo torinese per uscire dalla crisi in cui è piombato negli ultimi anni? Al sindacalo non hanno dubbi. «Ci sono mille modi — dice Macario — per iienire incontro all'azienda e lo abbiamo anche dimostrato. Abbiamo consentito la mobilità aziendale e interaziendale, non ci siamo opposti alla chiusura dello stabilimento torinese di via Leoncavallo; abbiamo favorito l'aumento di produttività e da tempo proponiamo uliazienda di ricorrere alla legge 7H7. come ha già fatto la Pirelli. Di più. ai dipendenti, non si puóchiedere». E da parte aziendale? L'orientamenlo prevalente — dice Tealdo — e di continuare la ricerca di un partner internazionale («E nell'81 — fa capire — ogni questione nazionalistica è superata»; quindi può essere «francese, canadese, ma anche libico») e di proseguire sulla strada intrapresa un anno e mezzo fa di ristrutturazione del gruppo. «Una strada che — dice Tealdo — ha già dato buoni frutti». Nel bilancio varato pochi giorni la dal consiglio d'amministrazione si scopre infatti che la gestione industriale nell'80 è migliorata del 44.7'', (36.1 miliardi nell'80 contro i 27.1 del '79) mentre i debiti (187.6 miliardi, per lo più a lungo termine) sono saliti del 16.4r,. Ciò ha permesso al bilancio, pur chiudendo ancora in rosso (3.6 miliardi), di migliorare leggermente rispetto alle perdile del '78 (oltre 5.3 miliardi) e a quelle del '79 (altri 4.5 miliardi). Con questi esultali, alla Ceat. oggi sono convinti di due cose: 1) che il bilancio '81. come aveva promesso Sala due anni fa. poirà chiudere in pareggio: 2) che il partner straniero e «meno lon- C'esare Roteati tano»

Persone citate: Angelo Tealdo, Franco Macario, Macario, Tealdo

Luoghi citati: Roma, Torino