Una terra arida che può rendere

Una terra arida che può rendere Una terra arida che può rendere L'agricoltura lucana ha subito, negli ultimi trentanni, trasformazioni sconvolgenti, che hanno inciso profondamente sul tessuto economico e sociale della regione. Gli occupati in agricoltura erano nel '51 oltre 210 mila (il 73 per cento della popolazione attiva), oggi non arrivano a 70 mila (meno del 40 per cento). Basta questo raffronto per comprendere come l'esodo sia stato massiccio e desertificante, e come sia difficile, oggi, trovare un motivo di interesse che torni ad agganciare questi agricoltori di montagna alle loro terre scoscese e aride. Il terremoto del 23 novembre ha sconvolto un tessuto economico-sociale già lacerato, aggiungendo miseria a miseria, disperazione a disperazione. Durante i primi soccorsi non molti hanno insistito — come ha invece fatto il nostro giornale — sul fatto che i due terzi dei terremotati vivevano in zone agricole e, nella maggior parte, traevano il loro sostentamento dalla terra o da piccoli allevamenti. Questa constatazione ha spinto «Specchio dei tempi» a rivolgere una parte delle offerte ricevute dai lettori verso il mondo agricolo, così importante ma così spesso dimenticato. Potenziare, nella piccola misura che è possibile farlo, la zootecnia lucana è sembrato il modo migliore per aiutare economicamente molte famiglie contadine che hanno perso l'unica vacca che possedevano o le dieci pecore. Non solo: è anche sembrato il modo più pratico per far toccare con mano a questi stremati agricoltori lucani che, forse, con mezzi e sistemi più moderni, di agricoltura si può anche vivere discretamente. Per questo, verranno scelte razze altamente selezionate, indenni da malattie; animali, in sostanza, che renderanno certo molto più di quelli spazzati via dal terremoto. L'augurio è che ciò serva ai contadini lucani per comprendere come l'allevamento — al di là della dedizione che ognuno di loro dedica alla stalla — dev'essere un'attività produttiva, che rende. E può rendere. Ecco perché abbiamo puntato sulla zootecnia. Cosa, del resto, che ha fatto anche la Regione Basilicata, nel suo piano agricolo regionale, redatto in base alla legge 984. L'attuale patrimonio animale della Lucania è stimato sulle 45 mila vacche e sulle 300 mila pecore, mentre, secondo quanto ha accertato la Regione, una disponibilità di risorse pari a 24 milioni di quintali di fieno è in grado di alimentare circa 350-400 mila vacche (o il corrispettivo in pecore). E' evidente l'enorme discrepanza tra gli allevamenti attuali e le possibilità future. Di ciò anche la Regione Basilicata è convinta («lì raddoppio dell'attuale patrimonio è un obiettivo certamente raggiungibile»;, e l'iniziativa dei lettori di «Specchio dei tempi» per i terremotati può forse dare quella spinta necessaria affinché qualcosa si muova, all'insegna del nuovo e del moderno anche in un settore così chiuso e rallentato come l'agricoltura, specie nel Sud. Livio Burato

Persone citate: Livio Burato

Luoghi citati: Basilicata, Lucania