Restituisce il premio Pulitzer ««Ero false il mie urticele sul bambine di 8 anni drogato»

Restituisce il premio Pulitzer ««Ero false il mie urticele sul bambine di 8 anni drogato» Una giovane giornalista della Washington Post Restituisce il premio Pulitzer ««Ero false il mie urticele sul bambine di 8 anni drogato» WASHINGTON — Con un franco resoconto dei fatti e un editoriale di scuse, la Washington Post ha cercato ieri di chiudere l'imbarazzante vicenda della sua giornalista Janet Cooke. insignita lunedi del prestigioso premio Pulitzer per un drammatico servizio-verità sulla tossicomania infantile risultato invece un falso. La Cooke. ventiseienne. aveva pubblicato lo scorso settembre un lungo articolo in cui descriveva le esperienze di un bambino negro di otto anni. Jimmy. eroinomane, che si faceva iniettare la droga ogni giorno dall'amante della madre. Il servizio, che aveva suscitato grande scalpore in tutti gli Stati Uniti, descriveva minuziosamente la vita di Jimmy e della madre. Dopo la sua pubblicazione, le autorità avevano cercato invano il bambino. La Cooke sosteneva di averne cambiato il nome per non metterne a repentaglio la vita. Lo scandalo, il primo che colpisce il massimo premio letterario-giornalistico americano nei suoi 65 anni di vita, non ha mancato di mettere in subbuglio non soltanto il mondo culturale ma tutto il pubblico statunitense, abituato a considerare il Pulitzer una istituzione «sacrosanta». Pur nell'imbarazzo per essere stata coinvolta nella vicenda, la Washington Post ne è uscita lodata per l'onestà con cui ha affrontato la crisi e ha preso l'iniziativa — ai primi sospetti — nello smascherare il falso. Il premio è stato subito restituito e assegnato a un'altra giornalista, seconda classificata, mentre Janet Cooke si è «dimessa- con una lettera in cui chiede perdono «al giornale, alla professione giornalistica, alla commissione del premio e a tutti coloro che ricercano la verità-. Oltre a un editoriale con le proprie scuse, la Washington Post ha pubblicato in prima pagina un articolo su quattro colonne sulla vicenda. Ne emerge che è stato lo stesso direttore del giornale. Benjamin Bradlee. a essere messo in allarme da una segnalazione della università di Vassar secondo cui la «premiata- non aveva le prestigiose lauree da lei vantate ma aveva abbandonate i corsi dopo il primo anno. Rafforzati i dubbi sem¬ pre covati sull'autenticità del clamoroso servizio. Bradlee ha affrontato la Cooke con uno stringente interrogatorio fino alla sua confessione, e ha quindi informato la commissione Pulitzer e le autorità municipali, in allarme per quanto il servizio aveva denunciato. L'articolo incriminato era | stato pubblicato dalla Wai shington Post il 28 settembre ■ scorso. Sotto il titolo «Jimmy's world- (Il mondo di Jimmy). la Cooke denunciava il caso di un bambino di 8 anni di un quartiere povero di Washington, dedito all'eroina da quando aveva cinque anni, con tutte le drammatiche conseguenze della tossicomania sulla sua visione della vita e della società. Dopo aver sostenuto di non poter rivelare l'identità del bambino, la Cooke è stata messa alle strette con un esame dei suoi appunti (in cui non è stata trovata traccia dei suoi, presunti colloqui) e un «controllo- in cui la giornalista è risultata incapace di ritrovare la casa da lei menzionata. «La credibilità di un giornale è il suo bene più prezioso, ed essa dipende quasi interamen\te dall'onestà dei suoi cromisti-, ha proclamato il direttoIre Bradlee a conclusione del Jcaso. «Quando questa onestà le messa alla prova e trovata : mancante, le ferite sono proj fonde. Non vi è altro da fare \che mettere le carte in tavola \con i lettori.

Luoghi citati: Stati Uniti, Vassar, Washington