La torta del professor Valletta di Gian Lupo Osti
La torta del professor Valletta RITRATTI DEI MANAGER DEL MIRACOLO ECONOMICO La torta del professor Valletta Gian Lupo Osti, entrato nel '47 alla Finsider, assistette il presidente, l'ingegner Oscar Sinigaglia, nel predisporre il piano di rammodernamento e riorganissasione del Gruppo, nelle cui aziende ricopri incarichi di grande responsabilità. Comincia oggi una serie di ritratti dei manager del •miracolo economico-. Conobbi il prof. Vittorio Valletta all'inizio del '48 prima di andare negli Usa, per cercare di tramutare in lire (si era all'epoca della stretta creditizia di Einaudi) le fatture del carbone già acquistato, scontandole sul prestito Eximbank concesso dal governo americano all'Italia, nel primo viaggio in Usa di De Gasperi. l.'ing. Oscar Sinigaglia mi disse di accompagnarlo una mattina a un suo incontro con «il professore». Allora c'era un solo «professore» per antonomasia in Italia (come dopo ci fu un solo «avvocato»). Generalmente Sinigaglia e Valletta si incontravano al Grand Hotel di Roma alle 7,30 di nattina e spesso facevano colazione assieme. Fra Sinigaglia e Valletta c'era molta stima e compren ione reciproca. Valletta era piccolo, vivacissimo e scattante. In quegli anni direi che era l'unico capo di una grande azienda privata che non avesse alcuna preclusione di principio nei confronti delle partecipa¬ zioni statali. Per quel che potei comprendere (mi capitò poi spesso di partecipare a questi incontri mattutini) non aveva nessuna preclusione di principio tout court. Rapida ripresa Sembrava un uomo motivato unicamente aìVachievement, proprio come doveva essere un manager secondo i sacri testi Usa di allora. Il problema che lo interessava era quello di ottenere ciò che lui stesso (o la Fiat, ma per lui non c'era differenza) si era proposto. Tutto il resto non gli interessava gran che. La sua ideologia politica era quella: «Ingrandiamo la torta, poi ce ne sarà per tutti». Non gli sembrava che valesse la pena di stare a discutere su come ingrandirla o su che tipo di torta fare. Una volta che io molto timidamente affacciai la mia opinione che occorresse anche decidere se la torta doveva essere al cioccolato o alla crema, mi disse: «Davvero? Se è per questo, decida pure lei. A me piacciono tutt'e due». E si fece una bella risata. Era poi cosi? Un tecnico del fare, senza sue preferenze ideologiche? Non sono in grado di giudicare in modo sicuro; peraltro non mi sentirei di escluderlo. l.a Fiat aveva previsto l'installazione a Torino, già prima della guerra, di un treno continuo per rotoli a caldo (dai quali, con la successiva laminazione a freddo, vengono ricavati i lamierini per le automobili) e solo gli eventi bellici ne avevano impedito l'entrata in produzione. L'accordo con Fiat stabilì che di treni continui per laminati piatti ne dovesse essere installato uno solo: quello di Cornigliano. E l'indubbio successo di Cornigliano, se è certamente alla radice di tutto quello che c'è di buono nella siderurgia a partecipazione statale (per quello che c'è di meno buono il discorso è più difficile e comunque troppo attuale per poterne parlare col distacco dovuto), non credo sia stato del tutto estraneo neanche alla rapida ripresa e affermazione della Fiat in quegli anni. Dietro l'accordo l.a formula trovata da Sinigaglia e Valletta fu quella di un accordo di lungo respiro in base al quale la Fiat poteva e doveva ritirare da Cornigliano una quota importante del suo fabbisogno (in pratica per parecchi anni fu la totalità del suo consumo) a un prezzo di costo calcolato in base a un sistema già predeterminato. La negoziazione dell'accordo fu difficile. Sembrava in un pri¬ mo tempo che la Fiat volesse entrare come azionista. Ma Sinigaglia riuscì a persuadere Valletta a star fuori dalle responsabilità di gestione. «E' meglio sia chiaro chi deve guidare l'azienda, mi disse Sinigaglia una volta. £ avere un cliente così determinante come la Fiat è già un bel condizionamento. Averlo anche come comproprietario sarebbe veramente troppo». Questa frase mi è tornata in mente quando qualche anno fa venne varato l'accordo per la compartecipazione Fiat nelle acciaierie di Piombino, indubbiamente ispirato a tutt'altri concetti. Molti burocrati credono di risolvere i problemi con accordi di comproprietà, che invece non risolvono proprio un bel nulla e la fine dell'iniziativa comune a Piombino ne è una riprova, se occorresse. A Cornigliano invece l'accordo con la Fiat andò avanti in modo molto positivo. E anche nella risoluzione di tanti altri aspetti del piano Sinigaglia, la collaborazione con la Fiat, l'aiuto del prof. Valletta, i consigli del direttore della Divisione siderurgica, ing. Taccone — che rappresentava la Fiat nel Consiglio di amministrazione della Cornigliano — furono a mio giudizio elementi tutt'altro che trascurabili e probabilmente decisivi. Gian Lupo Osti
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