Invest, quella mattina di giugno di 2 anni fa di Marco Borsa

Invest, quella mattina di giugno di 2 anni fa Summit di finanzieri e un assegno di 112 miliardi Invest, quella mattina di giugno di 2 anni fa MILANO — L'atto di nasci-l ta della grande Invest fu firmato la mattina del 15 giugno 1979 nella sede della Banca Commerciale Italiana in piazza della Scala a Milano. Il fissato bollato, che sanciva il passaggio di proprietà della Fingest alla Invest, era cosi lungo, 12 metri e mezzo, che un dirigente della Comit fece ritardare la cerimonia per poterlo fotografare. Era il più lungo della storia della banca. Anche l'assegno della Invest, 112 miliardi e mezzo, era probabilmente un record per una singola transazione finanzia ria. Quasi tutti i protagonisti della vicenda erano presenti: Carlo Bonomi, presidente e azionista di maggioranza del la Invest con il suo direttore generale Fausto Cigliana, Mario Schimberni, presidente della Montedison, con un paio di amministratori fiele gati. Unico assente, Enrico Cuccia, amministratore delegato di Mediobanca, che per circa un anno aveva patrocinato gli incontri fra Cigliana e Schimberni nel corso di una trattativa lunga e complicata. La trattativa, in realtà, era stata avviata un anno e mezzo prima ma i partecipanti avevano fatto ogni sforzo per tenerla segreta. Nel novem bre 1978, in occasione della fu sione fra la «Subalpina Investimenti» e la «Beni Immobili Italia», due società del gruppo Bonomi, fu chiesta una peri- zia al tribunale di Genova che durò nove mesi, costò 70 milioni e si estese a tutto il gruppo. Il vero obiettivo, confessa Cigliana, era quello di presentarsi con una perìzia non di parte alla trattativa con la Montedison senza destare sospetti. Cigliana voleva evitare a tutti i costi il polverone di una pubblicità prematura con il corollario inevitabile di pettegolezzi, illazioni sui retroscena, gelosie di potenziali concorrenti. Nei due anni precedenti la firma si era dedicato con pazienza, ma anche con la massima discrezione, allo studio di quello che avrebbe dovuto comprare. «Sono andato a pramo, a cena, a sciare, con i dirigenti del gruppo Fingest» ricorda. « Abbiamo fatto fare uno studio approfondito sulla "Previdente" (una delle compagnie di assicurazione della Fingest, n.d.r.) da cui risultava che il valore patrimoniale era dieci volte il presso di mercato» aggiunge. •Sapevamo che dentro la Fingest c'erano molte cose interessanti' conclude con un sorriso sornione. Vicino ai sessantanni, ma ancora giovanile, nato a Firenze ma vissuto fra Roma e Milano, figlio di una siciliana e di un valdostano, per 15 anni segretario generale dell'Amministrazione aiuti internazionali presso la Presidenza del Consiglio (1947-63), per 12 anni direttore centrale al Monte dei Paschi, Cigliana è stato un negoziatore duttile e prudente. «Sono una persona di sangue freddo, non mi faccio impressionare facilmente» dice di sé. Dall'altra parte del tavolo aveva un altro ottimo negoziatore, Mario Schimberni, un uomo molto controllato, altrettanto riservato (la Montedison stava uscendo da anni di accuse e sospetti) estremamente avveduto (non teneva nulla di scritto degli incontri e stracciava i foglietti su cui aveva segnato le cifre probabilmente per paura che trapelasse qualcosa della trattativa persino dai più stretti collaboratori). Quando arriva alla conclusione, Enrico Cuccia è convinto che sia la Montedison a fare un grosso affare. Schimberni è contento perché ha incassato oltre 100 miliardi preziosissimi per la Montedison e si è definitivamente consolidato al timone di Foro Bonaparte. Cigliana. invece, per un attimo, perde il suo sangue freddo. 'Quando ho preso il tram per tornare in ufficio ho visto sfrecciare le auto blu degli amministratori Montedison che avevano in tasca un assegno di 112 miliardi e mi sono chiesto: abbiamo fatto un affare? Beh, mi sono detto, forse con un po' di fortuna è la gloria, altrimenti qui finisce la mia carriera finanziaria». Marco Borsa

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