Un'Africa di randagi di Alfredo Venturi

Un'Africa di randagi OSSERVATORIO Un'Africa di randagi Il caso limite riguarda la Somalia, dove un milione e mezzo di profughi rappresenta oltre un terzo dell'intera popolazione: è come se l'Italia dovesse ospitare venti milioni di esuli. Ma l'intero continente africano è un caso limite di questo gigantesco problema: più di cinque milioni di rifugiati, per la massima parte donne, bambini e vecchi, vegetano ai limiti della sopravvivenza nei campi profughi di 25 Paesi. E si tratta quasi sempre, come nel caso somalo, di Paesi poverissimi, già afflitti da una quantità di problemi disperati, già alle prese con la scommessa di uno sviluppo negato dalla storia e dalla natura, dai conflitti esplosi sulle drammatiche condizioni dell'Africa postcoloniale. dalle calamità naturali che bersagliano il continente. Questi 25 Paesi hanno chiesto aiuto al mondo, e il mondo ha deciso di dar loro una mano. Ci vorrebbero 1150 milioni di dollari, oltre 1200 miliardi di lire per garantire cibo e assistenza ai profughi e per avviare, dove possibile, le procedure di rimpatrio, in una previsione di spesa scaglionala su cinque anni. Per ora di questa cifra è stata garantita circa la metà, come ha annunciato venerdì Kurt Waldheim. chiudendo a Ginevra la conferenza Onu sui rifugiati in Africa. I risultati di questa conferenza, organizzala dall'Alto Commissariato dell'Onu per i rifugiati, vengono definiti incoraggianti, anche perché i Paesi africani hanno chiesto e ottenuto l'impegno a una riconvocazione nel futuro. Scopo della riunione di Ginevra non era soltanto la raccolta di fondi, ma anche la promozione di questo problema nella consapevolezza mondiale, in una fase in cui ogni questione internazionale rischia di essere appiattita nella prospettiva del confronto Est-Ovest. Come ha osservato il danese Poul Hartling. Alto Commissario per i rifugiati, i profughi sono «il sottoprociotto di conpitti e persecuzioni», ma al tempo stesso rappresentano di per sé un problema esplosivo, capace a sua volta di generare nuovi conflitti e nuove persecuzioni. Gli esperti di questa agenzia delle Nazioni Unite hanno potuto esaminare nei dettagli quanto sia traumatico l'impatto di una massa di profughi sulle fragili strutture di quei Paesi che un eufemismo internazionale definisce «in via di sviluppo». La generosa tradizione africana dell'ospitalità viene a scontrarsi con tragici dati di fatto: insufficienza di cibo, di acqua, di attrezzature sanitarie, di strutture educative. Il risultato: più fame, più malattie, il sottosviluppo che si avvita su se stesso, un avvenire già incerto pregiudicato del tutto. Di qui la responsabilità internazionale, che la conferenza di Ginevra ha messo alla prova nei giorni scorsi, non senza che l'iniziativa abbia mancato di rivelare le rituali tensioni. Da un lato. l'Unione Sovietica ha disertalo la conferenza, fedele a una politica che le fa preferire l'approccio bilaterale, politicamente meglio «pagante», alla partecipazione a sforzi multinazionali. Dall'altro, alcuni Paesi arabi hanno contestato la presenza della delegazione israeliana: l'incidente ha ritardato di alcune ore l'inizio dei lavori. Assente l'Urss con gli altri Paesi del blocco orientale, è stato l'Occidente a garantire il finanziamento dell'operazione profughi: soprattutto gli Stati Uniti, con la promessa di 285 milioni di dollari, oltre 300 miliardi di lire. Alfredo Venturi Waldheim: 1200 miliardi per cinque milioni di profughi

Persone citate: Kurt Waldheim, Poul Hartling, Waldheim