Lolita a Broadway: risate e furore di Furio Colombo

Lolita a Broadway: risate e furore COLLOQUIO CON ALBEE SULLA DISCUSSA COMMEDIA TRATTA DA NABOKOV Lolita a Broadway: risate e furore NEW YORK - Si tratta di un malinteso, di un terribile malinteso. Intorno al Brooks Atkinson Theatre, nella Quarantasettesima Strada, c'erano le femministe, aggressive e intrattabili, tenute indietro da poliziotti a cavallo. Dagli autobus di Long Island scendevano coppie anziane, di quelle che vengono in abbonamento a teatro (la spesa comprendeva Io spettacolo e la cena) senza sapere con esattezza qual era lo spettacolo. Le dimostranti le accusavano di «immoralità e sfruttamento» e loro si guardano intorno disorientate. Sui tabelloni era scritto in grande, accanto al titolo dello spettacolo. Lolita, quello di Vladimir Nabokov. Ma la famiglia di Nabokov aveva già dato causa. I legali avevano fatto sapere a Edward Albee, autore della Lolita teatrale ricavata dalla Lolita letteraria, che «non aveva diritto». «Non ho capito bene se non avevo diritto o noto avevo "i diritti", nel senso di essere autorizzato a usare il testo di Nabokov», spiega Albee, con gli occhi segnati, i capelli un po' lunghi e una maglietta Lacoste verde, dopo aver deciso di sospendere le rappresentazioni nonostante la famiglia Nabokov avesse frattanto ammesso: «Ci siamo sbagliati». La Lolita dello spettacolo di Albee è una ragazzona di ventiquattro anni. Bianche Baker, figlia, è vero, di quella Carroll Baker che debuttò in Baby doli, un film non dimenticato e certo non femminista. Ma a ventiquattro anni non è la ninfetta di cui parlava Nabokov. E non si sarà sbagliato anche Edward Albee a mettere in scena una Lolita in piena stagione di neo conservatorismo, di cro¬ ciate femministe, di evangelisti e neo cristiani che si mobilitano ormai quasi ogni giorno «contro l'immoralità dilagante»? Albee si mangia le unghie (non ne ha. ma continua a mangiarle) e saetta intorno con gli occhi come se potesse spazzare questo cespuglio di malintesi: «Primo, questa è la Lolita di Albee e non quella di Nabokov. L'adattamento, in teatro, è una cosa fondamentale. Sì può riscrivere Shakespeare. E il merito o il disprezzo va a chi lo riscrive, non al maestro. Secondo, pornografia e sfruttamento esistono solo se non c'è arte. C'è arte qui? lo dico di sì Comunque deciderlo spetta ai critici, non alle dimostranti. Terzo, nella mia versione c'è un distacco d'ironia, di sarcasmo, un distacco che tiene conto del tempo, tiene conto del fatto che il "lolitismo" ormai è nel sistema della moda». Risate Ma i malintesi non finiscono con le spiegazioni di Albee. Succede questo. Per lo sforzo di rinnovare, per amore di invenzione teatrale, per il bisogno di segnare la separazione da Nabokov, tutta la Lolita di Albee ha un tono vivace, frizzante, allegrotto. ed è tutto scritto con la tecnica che i produttori americani chiamano one liner, cioè ogni riga una battuta. Sarà stato Albee o l'educazione così «inglese» di Frank Dunlop, il regista, a indurre il pubblico al riflesso condizionato di ridere, ridere, ridere, al ritmo di una risata per ogni battuta, quasi nessuna esclusa? Eppure è imbarazzante ridere di una bambina che sarà provocatrice e ninfetta. ma intanto subisce da un uomo — sia pure colto, tormentato e gentiluomo come Humbert Humbert — tutte le versioni possibili di ciò che il codice penale chiama «violenza a un minore». Albee risponde triste che «loro (il pubblico) arrivano in pullman, mariti e mogli per mano, gente che vive insieme da quarant'anni. contabili e segretarie, negozianti e donne di casa. Ma cos'hanno dentro, in fondo alla testa? Hanno pensieri torbidi, come tutti. E allora, per negarli, per far finta di credere che il mostro sia soltanto Humbert Humbert. gli ridono addosso. Ridere del "diverso" non è sempre stala la vendetta antica del villaggio?». La difesa dell'autore sarà ineccepibile, e non è il caso di ricordargli quel suo odio anti donna che ha segnato tutto di lui. da Chi ha paura di Virginia Woolf? fino a The lady Form Dubuque dove la donna non solo è «cattiva» ma è addirittura il simbolo della morte. Qui. in Lolita, la donna ha due incarnazioni e sono entrambe tremende. La madre di Lolita esibisce una grassezza da circo. Quando cade dalle scale, e si uccide, il suo immenso corpo molle si schiaccia a terra come un puff surreale, impossibile da compiangere. La «piccola» invece è l'autrice perversa della sua stessa degradazione, ne conduce ogni atto e quella animalesca ottusità infantile che era stata l'intuizione e. come dire, la «poetica del lolitismo» di Nabokov diventa con Albee il provocatorio attivismo di una personcina aggressiva e stupida. Per la madre grassa non c'è alcuna ragione di compassione. Nella «ninfetta» che dovrebbe essere il delicato ed effimero simbolo della pre-adolescenza distrutto da un sogno stravolto, c'è calcolo, minaccia, inganno e partecipazione attiva, per quanto stupida. Dice Albee: «Ma certo. Quanti anni ha Brooke Shields. la ragazzina che mostra il sedere ogni volta che fa pubblicità per certi blue jeans, in televisione, tredici, quattordici? L'ultima copertina di Vogue. l'ha vista, sa quanti anni ha quella. Kara o come si chiama? Tredici. In quella posizione, la guardi. E questa? Una celebre linea di cosmetici, come dicono loro. Anni? Dieci. Non dodici, limite pauroso di sfida e di eccesso, come sembrava a Nabokov. quando scriveva Lolita. Dieci, ho detto dieci». Ma è vero che l'Humbert Humbert di Albee non è cambiato, che è ancora l'Humbert Humbert di Nabokov? L'attore è Donald Sutherland. Ci è presentato come un intelligente e svagato intellettuale europeo assorbito da un sogno che sembra innocente e che invece è il suo speciale tormente. L'impronta dell'Humbert Humbert di Nabokov si è perduta. Albee gli ha imposto battute brevi, con finali sospesi, un linguaggio che nella solida tradizione televisiva americana provoca sempre risata. «Non si ride di sola comicità, dice Albee esasperato. Si ride di imbarazzo. Si ride di furore. Si ride di impotenza. Si ride perché uno si identifica e scopre che nella sua testa c'è la stessa ossessione di Humbert. Possibile che non vi siate accorti che il linguaggio è mio. non di Nabokov e che questo linguaggio è fatto per mettere distanza, fra la situazione e il pubblico, per provocare quella estraneità critica che quando la fa Brecht tutti si buttano in ginocchio pieni di doverosa ammirazione? Ridere, qui. è come cauterizzare una ferita, è uno sguardo a distanza sul pozzo di una disperazione. E' anche un comportamento anomalo. Ma non più anomalo del ridere quando una persona scivola e cade per la strada. Nessuno ride se cade un cavallo. Culturalmente abbiamo dato a un cavallo una grande dignità simbolica. Ma si ride se una persona va in terra. Dunque si ride della paurosa caduta di Humbert. Un po'per esorcismo. Un po' per disperazione». In scena Contro l'accusa di «sfruttare» un soggetto morboso e di cercare il favore del pubblico non proprio lungo la strada dei suoi istinti migliori. Albee ha introdotto nel suo play un'altra trovata. L'autore in scena. Non se stesso, naturalmente. C'è un attore, elegante, cinico, distaccato, che pirandellianamente dialoga con Sutherland-Humbert guidandolo da una scena all'altra. Che sia questa la ragione che rende un attore come Sutherland. tanto bravo al cinema, così monotono, impacciato, monocorde, indeciso in questo teatro? Dice Edward Albee: «La presenza dell'autore sarà un debito a Pirandello, come il tentativo di estraniamelito è un debito con Brecht. Ogni autore ha un debito con l'altro. Il fatto è che c'è un passaggio, lungo la costruzione di questa pièce, da Nabokov a me e da me al pubblico. Perché avrei dovuto cancellare questo passaggio? L'autore in scena rappresenta il lavoro critico che è stato fatto da me. rileggere Nabokov e costruire, partendo da Nabokov. un'altra Lolita». Questa Lolita è una bella ragazza, ha ventiquattro anni e «finge» di essere adolescente. Albee qui ha usato la stessa trovata della versione teatrale di Elephant man. In quel dramma si doveva mostrare un uomo deforme, e la sua deformità è stata affidata esclusivamente alla suggestione creata da un attore (un grande attore) senza il minimo trucco. Qui si è chiesto a Bianche Baker non tanto di cancellare i suoi anni, quanto di «essere» adolescente nel modo in cui il teatro dovrebbe, magicamente, trasformare le cose, i sentimenti, le immagini. Bianche Baker si fa adolescente lungo la strada, un po' ovvia, della sensualità animalesca. Non dobbiamo decidere se è brava. Sexy lo è certamente. L'ottusità è nel testo di Nabokov. La meschinità e cattiveria in quello di Albee. Ma Sutherland-Humbert. da una parte è scortato dall'attore che fa l'autore e gli parla fuori scena, bloccandogli espressioni e intenzioni sulla facciona bionda un po' spaesata. Dall'altra si confronta, nella sua tormentata «diversità» di pedofilo, con questa ragazza un po' stupida e un po' cattiva. Ma sensuale, ma bella. La stranezza di Humbert — terribile, detta a parole, in questo suo bisogno di impossessarsi di una bambina — sulla scena resta lì. immotivata e ferma, una tragedia che non nasce mai. E forse questa mancanza di profondità l'ha capita il regista che fa muovere tutto — persone e oggetti — solo da destra a sinistra e da sinistra a destra, come tante figurine di superficie, e nessuno si muove mai verso il pro- scenio o dentro il fondo. «Che sciocchezze, commenta Albee. non potevo certo abbandonarmi a un bel drammone realistico dopo che c 'era stato il libro di Nabokov. I movimenti sono esemplari come la scrittura del testo. Lolita non dev'essere i una bambina, perché il tormento di Humbert è l'essenza, non il corpo della bambina». Ma le donne del movimento contro lo sfruttamento dei piccoli hanno protestato, pensando che tutto fosse «vero». Sembravano non sapere che in tea¬ tro non c'era nessuna bambina anche se la celebrazione della distruttiva cattiveria delle donne in questo teatro trionfava. E' un malinteso, questa Lolita di Albee. E'finita presto, senza scandalo e senza gloria. Furio Colombo New York. Bianche Baker, ventiquattro anni, protagonista della discussa «Lolita» teatrale

Luoghi citati: Bianche Baker, New York