Vento d'America per Chirac di Bernardo Valli

Vento d'America per Chirac COSA DICONO I CANDIDATI ALLE ELEZIONI PRESIDENZIALI FRANCESI Vento d'America per Chirac Il leader neogollista sembrava condannato a restare ai margini del grande duello tra il socialista Mitterrand (tre tentativi in sedici anni) e il presidente uscente Giscard d'Estaing - Tutto appare meno impossibile dopo l'elezione di Reagan, del quale può essere considerato una copia europea - Oggi terrà un comizio allo stadio di Parigi: riempirà i 50 mila posti? DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE PARIGI — II neogollista Jacques Chirac è la sorpresa di questa campagna elettorale che si svolge tra gli sbadigli e che si concluderà in due tempi, secondo la regola dell'ormai più che ventennale Quinta Repubblica: prima il voto del 26 aprile, con la partecipazione di un plotone (una decina) di candidati, e poi quello decisivo del 10 maggio, riservato ai due finalisti. Questi ultimi dovrebbero essere, stando ai pronostici e anche secondo un'analisi obiettiva della situazione politica francese, Giscard e Mitterrand: sette anni dopo il moderato e il socialista dovrebbero ritrovarsi a faccia a faccia per il ballottaggio, il primo logorato dal potere ma deciso a conservarlo, il secondo logorato dall'interminabile attesa del potere, ma deciso a tentarne la conquista, sapendo che per ragioni biologiche (l'età: 65 anni! sarà l'ultima impresa del genere. Chirac sembrava condannato a restare ai margini del grande duello tra il recordman mondiale della candidatura presidenziale, Francois Mitterrand (tre tentativi in sedici anni: nel '65 contro De Gaulle, nel 74 contro Giscard e infine 1*81), e il presidente uscente, Valéry Giscard d'Estaing. Chirac era considerato un peso medio, incapace di arrivare oltre il primo turno: tra lo stupore generale avrebbe invece assunto dimensioni elettorali tali da poter sconvolgere i pronostici. E' perlomeno quel che credono o fingono di credere gli organizzatori della campagna neogolli¬ sta, i quali esibiscono un ottimismo crescente: sorpresa o illusione? Dopo l'elezione di Ronald Reagan, del quale Jacques Chirac può essere considerato, con un po'di fantasia, una copia europea, tutto appare meno impossibile. In questa campnnr.a. elettorale l'assenza di una suspense vera induce a inventarne una, autorizza all'azzardo. Ciò favorisce il candidato neogollista. Un rischio A ogni manifestazione di massa riuscita, lo stato maggiore neogollista sogna, per il 10 maggio, un finale Chirac-Mitterrand, anche se agli osservatori l'ipotesi di uno Chirac in ballottaggio non figura tra le più. attendibili. E' innegabile tuttavia che in poche settimane i sondaggi hanno rivelato un progresso notevole nelle intenzioni di voto in suo favore: da un deludente 14 per cento si è passati a un 18 per cento abbondante. Gli amici di Chirac parlano addirittura del 20 e pensano di poter superare questo traguardo, per raggiungere i quozienti di Mitterrand e di Giscard al primo turno, magari scavalcandoli di quel poco necessario per arrivare al 10 maggio. I sondaggi sono truccati? Qualcuno lo pensa. Comunque servono ad alimentare le speranze. Chirac non manca di ottimismo, è sicuro di sé: tanto sicuro che oggi, sabato 11 aprile, cercherà di riempire i 50 mila posti del Parco dei Principi, in piene vacanze pasquali, con i bambini e le mamme borghe¬ si al mare o in montagna. Né Marchais, né Giscard, né Mitterrand hanno osato correre il rischio di uno stadio semivuoto. Chirac sì. Riuscirà a riempire lo stadio parigino? La sorpresa Chirac non si limita alla sua capacità, supposta o reale, di arrivare al ballottaggio, soffiando il posto a Giscard. Il capo neogollista ha cambiato stile. Non si presenta più come un bulldozer. L'epiteto gli fu affibbiato amichevolmente da Georges Pompidou, il suo protettore, una decina di anni fa, per mettere in risalto la straordinaria capacità di lavoro, l'eccezionale energia fisica del personaggio, e poi quell'attributo gli è rimasto incollato addosso per indicare l'uomo politico più dotato d'istinto che di giudizio, più incline all'azione che alla riflessione. Adesso non gli si addice più. A 48 anni, dopo essere stato più volte ministro e una volta primo ministro, Chirac appare ragionevole, pacato, vuole ispirare fiducia, non soltanto ammirazione ed entusiasmo. E ci riesce. Questa è un'altra sorpresa. La crescita neogollista infastidisce il presidente uscente, ma l'irrita ancor più il nuovo stile di Chirac che spunta un vecchio e valido argomento elettorale: la contrapposizione della sensatezza giscardiana all'agitazione permanente chirachiana. Avendo basi elettorali che spesso si confondono, i due candidati moderati sono a diretto confronto al primo turno. Chirac è la destra popolare, con forti spinte bonapartiste, Giscard è la destra classica, che si adegua al¬ l'èra nucleare e dell'informatica. Il capo neogollista ha l'appoggio dei piccoli e medi imprenditori, il Presidente ha il sostegno del grande padronato, che sconfina nelle multinazionali. Ma questi due ritratti non sono più così netti, poiché Giscard ha invaso i territori gollisti e Chirac compie adesso incursioni in quelli giscardiani. Chi sono i gollisti? Sociologicamente erano ovunque. Nelle classi medie, ma anche fra quelle operaie e contadine. Negli Anni 60 André Malraux diceva che il gollismo era come il metrò alle sei di sera, perché nella ••famigliar, gollista s'incontravano tutte le categorie della società francese come nella sotterranea parigina all'ora del rientro dal lavoro. Dagli Anni 70, scrive adesso Alain Duhamel, il gollismo è piuttosto il metrò alle cinque di sera, l'ora del tè: non è più un'alleanza interclassista, ma un movimento di destra. Le donne e i pensionati rappresentano una percentuale più cospicua delle altre formazioni politiche. E non mancano gli agricoltori, i commercianti, i piccoli artigiani. 1 quadri intermedi si dividono in giscardiani e gollisti. Il declino gollista è un argomento che riaffiora periodicamente a ogni appuntamento politico francese. Ed è di rigore anche in questa occasione. Basta citare due quozienti: quello ottenuto dal -movimento- nel 1968, il 37,6 per cento dei voti, e quello ottenuto nel 1978, il 22,6. Chirac è il dinamico generale di questa ritirata. In un Paese in cui tutti — i comunisti, i socialisti e i giscardiani — citano De Gaulle, quelli che si considerano gli eredi del generale, i depositari della sua dottrina (che non è mai esistita) hanno ben poco da fare. Per distinguersi dagli altri conservatori della mitologia gollista hanno provato a gridare più forte. L'effetto è stato disastroso: hanno accelerato il loro declino. Il nuovo linguaggio di Chirac, più razionale, meno rivolto alla Francia dei bottegai e degli ex combattenti, è un cambiamento di rotta, ma esso tende più a dare una dimensione presidenziale al personaggio che a imporre un mutamento al partito. «Con allegria» Jacques Chirac è uscito da una grande scuola tecnocratica per alti funzionari dello Stato come Valéry Gis^rd d'Estaing. E' un prodotti l'Ena (Scuola nazionale attl'amministrazione), è stato ministro giovanissimo, come Mitterrand, ha una resistenza fisica eccezionale, come Marchais. E' un uomo spesso di buonumore, ma senza humour, dirige il partito con un'autorità indiscussa ma senza drammi (-con allegria» dicono i suoi collaboratori), non è un esperto come Giscard o un esteta come Mitterrand: è uno specialista nelle elezioni. La sua vita politica è stata ritmata dalle avventure elettorali. E'conquistando un piccolo feudo della sinistra, Ussel, nella Corrèze, cuore montagnoso della Francia, che si distinse tra i fedeli di Georges Pompidou, leader del tardo gollismo. Ed è con un'operazione elettorale rischiosa (-Un tradimento! -), che nel '74 girò le spalle al candidato gollista ufficiale Chaban-Delmas per appoggiare Giscard d'Estaing. In cambio ottenne la carica di primo ministro. Quando poi nel 1976 si oppose al Presidente, che aveva praticamente eletto, conquistò il municipio di Parigi per farne Vanti-Eliseo. Con l'odierna campagna elettorale tenta di restituire al movimento gollista, nel frattempo rifondato e battezzato Rpr (Rassemblement pour la République), il ruolo di partito del presidente per il quale è nato. Per realizzare l'impresa Chirac deve ovviamente conquistare la presidenza. Nonostante la sorprendente crescita delle intenzioni di voto registrata dai sondaggi, più o meno puliti, è assai improbabile che Chirac abbia successo subito, nelle prossime settimane. Può gettare le basi per la scadenza dell'88. Ma un altro settennio giscardiano potrebbe essere fatale ai gollisti. Il Presidente rieletto porterebbe a termine la lenta, tenace epurazione dei chirachiani dai posti chiave: dalla televisione, dai giornali, dalle banche, dall'amministrazione statale che in Francia è efficace e potente. Senza il potere i gollisti deperiscono. Senza un capo dello Stato gollista si sentono orfani. Una vittoria di Mitterrand in fondo li aiuterebbe: diventerebbero infatti i salvatori della Repubblica, il partito al quale si ricorre per strappare la patria «dalle mani della sinistra collettivista». Il destino dei gollisti è quello di avere un monarca da difendere, se quello sul trono non appartiene alla loro famiglia è un disastro. Il programma elettorale di Chirac è stato definito reaganiano perché contiene le proposte di un netto alleggerimento della pressione fiscale e di una drastica riduzione della spesa pubblica. Nei 50 Dipartimenti visitati finora dal capo neogollista, quei due temi si sono rivelati popolari, come se il vento d'America soffiasse adesso sulle pianure di Francia. Ma non tutti i notabili della famiglia gollista approvano il programma reaganiano di Chirac. Alcuni lo ritengono insufficiente, troppo generico. Il severo Michel Debré, esecutore testamentario del generale De Gaulle, del quale fu primo ministro, ha deciso di non abbandonare la gara presidenziale, nella quale si era impegnato prima ancora di Chirac. Considera in sostanza il capo neogollista un figlio illegittimo del movimento, e quindi incapace di difenderne i princìpi fondamentali. Per Chirac è fastidioso, perché il due o il tre per cento dei voti Debré glieli porterà via, al primo turno. Ma questo non gl'impedisce di essere ottimista. Né i vetero-gollisti come Debré, né i gollisti giscardiani schieratisi col Presidente uscente offuscano il suo sorriso elettorale. Bernardo Valli A ' MEI* 1;PP? ! DM 1 -, „>• <m Parigi. Chirac canta la «Marsigliese», accompagnato dalla folla, durante un comizio (G. Neri)

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