I tassisti al potere di Stefano Reggiani

I tassisti al potere Fantacronache di Stefano Reggiani I tassisti al potere Tutto cominciò quando i tassisti di Milano ottennero il coefficiente libero. Non dovevano più chinarsi sotto il cruscotto, come per anni avevano fatto, ed estrarre il cartoncino con le tariffe aggiornate di mese in mese e rapportate all'importo segnato dal vecchio tassametro (costruito negli Anni Settanta). Potevano moltiplicare la cifra indicata dal tassametro per un coefficiente libero, valutato secondo la fatica impiegata (corsa nel traffico, nella pioggia, nel buio) e la qualità del passeggero (bene educato, spavaldo, poco raccomandabile). Una persona ben vestita che andasse dal Duomo alla Stazione dopo aver salutato in modo urbano, in un'ora di poco traffico, poteva avere il coefficiente sette (cioè la somma del tassametro moltiplicata per sette): una persona con la barba lunga, i blue jeans, con un brutto odore di giardini pubblici, che andasse dal Duomo a Porla Ticinese poteva avere il coefficiente venticinque; una donna brutta e pettegola, con la mania di dare consigli di guida e di percorso, poteva avere il coefficiente trentasei. Buonissima fu la conquista dei tassisti milanesi, ma provocò una spaccatura politica nel Paese. Da una parte i più arditi rappresentanti dei passeggeri che facevano obiezioni: «Una corsa in taxi costava già come un pasto in trattoria, adesso è diventata una faccenda da miliardari». «Chi deve prendere due taxi al giorno dovrà impegnare gli abili al Monte di pietà?». Dall'altra parte la categoria dei tassisti italiani e dei cittadini più illuminati che avevano compreso l'importanza della conquista milanese e si proponevano di tradurla in vantaggio di tutta la nazione. Essi osservavano: già da un pezzo il taxi è l'unico mezze pubblico sul quale è possibile fondare una politica dei trasporti; deperito il materiale delle ferrovie dello Stato negli anni famosi di Formica; svanita la struttura dei ferrotranvieri dopo le agitazioni nonunitarie dei gruppi autonomi, restano soltanto i taxi. E' giusto che. ai tassisti, gli unici rimasti in trincea, sia data una condizione di indipendenza e di privilegio. Di nascosto, ma non troppo, le potenti organizzazioni degli agrari davano ai tassisti milanesi fondi aggiuntivi e pagavano le corse con mance strepitose di milioni. Il leader dei tassisti milanesi. Benigno Tax. divenne il capo di un movimento, il taxismo. che presto si diffuse in Italia e ottenne ovunque consensi. Non solo la tecnica del coefficiente libero fu estesa a tutta Italia (a Torino si ottenne un coefficiente parzialmente ridotto per i pensionati dalle sei alle sette del mattino), ma si capì chiaramente che solo il taxismo poteva riportare nel paese Trasporto e Ordine, due cose che vanno insieme da che la politica è politica (il Cile non insegna nulla?). Tax a Milano, al Teatro Lirico, aveva fatto il famoso discorso: «Basterebbe un taxi giallo per rovesciare il grigio governo che ci troviamo. Noi stiamo serenamente al posto di guida, pronti ad accorrere ad ogni chiamata». Era una chiarissima candidatura che i circoli conservatori presero come una buona occasione per ricostruire un paese in dissesto. Infatti a Tax una notte giunse una telefonata abbastanza concitala: «Due taxi a Palazzo Madama». Tax era ancora semiaddormentato: «Due taxi a Roma? Ma noi siamo a Milano!». Risposta: «Non avete i taxi-letto, i camper o qualcosa di simile?». Tax era sveglio del lutto: «Ho capilo benissimo, due taxi, uno per chi va. uno per chi viene. Parto subito, domattina sono a Roma, avvertite l'ammiraglio Thaon de Revel, consigliere del presidente». In quegli anni, come ricorderete, Roma era in una fase governativa di grande transizione, perfino il Quirinale aveva cessato di essere, dopo un glorioso settennato, un punto chiaro di riferimento. Faceva tutto l'ammiraglio Thaon de Revel. approfittando anche del fatto che Craxi era in vacanza in Tunisia. Quando Tax arrivò a Roma con la sua coda di taxi (per prudenza ne aveva portati un centinaio, a spese degli agrari) l'ammiraglio aveva preparato tutto, perfino i sensi unici. Tax andò al potere senza neppure una corsa a vuoto, il resto è noto. La filosofia del taxismo è stata pubblicala nella nuova edizione della Treccani: «Il tassametro è il simbolo dell'Italia progressista. dell'Italiu che va a scatti. Si paga salato per andare avanti un poco; si paga tanto per restare fermi; gli altri vadano a piedi».

Persone citate: Craxi, Formica, Thaon De Revel