Il bisturi del restauratore su opere d'arte in Piemonte di Angelo Dragone

Il bisturi del restauratore su opere d'arte in Piemonte I monumenti_erano destinati alla totale rovina Il bisturi del restauratore su opere d'arte in Piemonte GIÌ interventi sono stati possibili grazie al lascito dell'ing. Carlo Felice Bona TORINO — Più che un libro, .Restauri di Opere d'arte in Piemonte», presentato ieri all'Accademia delle Scienze per iniziativa della Società piemontese di Archeologia e Belle Arti (Spaba). costituisce un vero e proprio rendiconto, morale prima ancora che scientifico, sull'impiego di un lascito di 70 milioni a suo tempo disposto per testamento da quella singolare figura di moderno manager-umanista che è stato l'ing. Carlo Felice Bona. Molti lo ricorderanno anche per la brillante carriera fatta alla Fiat, dove s'era dedicato prima alla progettazione di motori d'aviazione per trovarsi infine alla testa di nuovi laboratori specializzati nelle ricerche più avanzate. Ma i vecchi amici, come l'ing. Mario Catelle, che in apertura di libro ne ha tracciato un limpido profilo, ne rievocano i fervidi interessi spirituali e la partecipazione alla vita artistico-culturale torinese. Fondatore nel 1921 del «Gruppo Universitario Musicale (Gum) con l'intento di favorire la diffusione della cultura musicale tra i giovani, l'ing. Bona non mancò di lasciare anche al Conservatorio «G. Verdi» un fondo altrettanto consistente per la ricerca, la pubblicazione e l'esecuzione di antiche musiche di autori piemontesi i cui manoscritti siano conservati in archivi e biblioteche musicali. Non meno appassionati erano stati i suoi interessi artistici: nei frequenti viaggi culturali se non aveva per meta un festival musicale, c'era sempre un museo o una esposizione ad attenderlo. O la visita, in campagna, a una delle tante cappellette che, trascurate, andavano in rovina. Di qui, probabilmente gli venne l'idea del legato alla Spaba perché potesse -eseguire esclusivamente e tempestivamente' quei restauri che talora valgono appunto a salvare certe testimonianze d'arte. Ad aver goduto d'un tale intervento sono stati monumenti, di epoche diverse e di diverso valore, scelti da un'apposita commissione. Ne hanno fatto parte il compianto dott. Luigi Malie, il Soprintendente ai Monumenti prof. Chierici anch'egli di recente scomparso e, nella sua duplice veste di Soprintendente alle Gallerie e. dal 1972 al '77. di presidente della Spaba, il prof. Franco Mazzini cui è dovuto anche il coordinamento scientifico del volume dedicato ai restauri nel frattempo portati a compimento, mentre alla presidenza della Spaba gli succedevano prima il prof. Cazzola. poi il prof. Rosboch. La disponibilità dei fondi è stata certo provvidenziale, ma non sempre è bastata a far superare incresciose difficoltà, come nel caso del restauro a Serravalle Langhe. dell'ex Oratorio della confraternita di S. Michele. Trasformato in ripostiglio e garage, l'antica cappella era stata spogliata d'ogni sua suppellettile mentre il parroco del tempo ne aveva illegalmente alienato persino gli oggetti d'arte. La Soprintendenza nel '71 aveva provveduto al distacco dei quattrocenteschi affreschi della volta a cura di Guido e Gian Luigi Nicola, ma nella primavera del '75. senza dar tempo ad un nuovo intervento, passato l'ex oratorio in proprietà del Comune, ci fu chi con gesto insano incredibilmente fece scrostare per intero le pareti interne del monumento, distruggendo cosi ogni resto dei dipinti che qua e là ancora s'intravedevano sotto lo scialbo. Esemplare, in compenso, è stata la collaborazione del Comune di Castelletto d'Orba, ente proprietario, nel restauro della chiesa cimiteriale di S. Innocenzo: una costruzione del XII secolo sorta attraverso tre fasi costruttive con un ottimo apparato murario e una precisa lavorazione della pietra, presentando una decorazione scultorea con motivi zoomorfi di chiara ascendenza paleocristiana. Si sono dovute interamente consolidare le strutture, risanandole, come ricorda l'arch. L. Pittarello della Soprintendenza ai Monumenti, dall'umidità interna: ciò che ha consentito di ricollocare in sito gli affreschi strappati e restaurati. Notevole è stata anche la sistemazione del palazzo marchionale di Revello con un globale risarcimento del complesso, valorizzato dalla splendida architettura gotico-rinascimentale della cappella e dall'armonioso spazio del cortile, cui s'aggiunge la scoperta di un gruppo di documenti topografici e disegni relativi al corso del Po e a monumenti locali. A Voragno di Ceres oggetto di restauro sono stati i famosi affreschi dipinti nel 1541 — probabilmente da un Oldoni — sulla parete esterna della cappella con l'immagine della Sindone che nel 1535 era stata segretamente trasferita da Chambéry a Torino per metterla al sicuro. Nel Monregalese. a Torre di Mondovì gli affreschi rinvenuti nel 1967 dalla Gabrielli, che col Perotti li datò di epoca carolingia. vennero a loro volta consolidati e restaurati mentre si rinvenivano altre pitture come il S. Sebastiano e un S. Rocco «dai modi rozzi, ma vigorosi». Su segnalazione di Anna Maria Brizio nel piano di interventi finanziato col «lascito Bona» venne incluso anche il Sacro Monte di Varano prendendo in considerazione il preoccupante stato di conservazione di alcune delle più famose cappelle, tra le quali si sottopose a restauro quella di Pilato che si lava le mani, una delle più rappresentative dell'intero «teatro montano» anche per la presenza di affreschi del Tanzio e delle sculture del fratello Giovanni che vi avevano lavorato tra il 1616 e il 1628. Angelo Dragone

Luoghi citati: Ceres, Mondovì, Piemonte, Revello, Serravalle Langhe, Torino