A Genova «santuario» del terrorismo appare più dura la sconfitta delle Br di Vincenzo Tessandori

A Genova «santuario» del terrorismo appare più dura la sconfitta delle Br I commenti dei magistrati liguri dopo gli ultimi arresti A Genova «santuario» del terrorismo appare più dura la sconfitta delle Br Il sostituto procuratore Carli: «La città ha ora pulsazioni regolari. Il grosso del lavoro lo abbiamo già fatto» - L'ambiente universitario da cui proviene il prof. Enrico Fenzi DAL N08TRO INVIATO SPECIALE GENOVA — C'è via Fracchia, il 28 marzo dell'anno scorso, con quattro brigatisti uccisi dai carabinieri e sui muri della città compaiono alcune scritte: -Onore ai compagni caduti». Un anno dopo un mazzo di tulipani rossi viene deposto sulla soglia dell'appartamento trasformato in base; nuove scritte, anche sulle fiancate di undici autobus urbani. Poi l'altro giorno c'è l'arresto di Mario Moretti ed Enrico Fenzi e al giornale Il Lavoro arriva una telefonata: «Qui Brigate rosse. La nostra organizzazione ha ricevuto un duro colpo dallo Stato, ma ci faremo ancora vivi con una rappresaglia nel capoluogo ligure e in quello piemontese. Seguirà comunicato». I carabinieri hanno più di un dubbio sul messaggio. Commenterà Renato Curcio, nell'aula della Corte d'assise milanese dov'è sotto processo: •L'arresto di Moretti? Irrilevante. Non vale un nostro comunicato». Nient'altro. La roccaforte del terrorismo sembra abbandonata, eppure qui la guerriglia strisciante ha colpito più duramente che altrove: il primo agguato mortale contro Francesco Coco, procuratore generale, e la scorta, 8 giugno 1976; l'uccisione, sul tram in mezzo alla folla, del commissario Antonio Esposito, 21 giugno '78; l'assassinio di Guido Rossa, operaio comunista, il 24 maggio 1979. E c'era stato, qui a Genova, il primo sequestro di persona a scopo di autofinanziamento, il 12 gennaio '77: catturato in mezzo alla strada l'armatore Piero Costa, ottenuto 1 miliardo e mezzo di riscatto: • Tassazione imposta alla Multinazionale», scrissero le Br in un documento. E ancora agguati mortali, ferimenti, incendi, «processi proletari», il sequestro di un giudice, Mario Sossi. E il «terrore stalinista» esercitato dall'organizzazione clandestina sui militanti. Gli incerti sarebbero stati obbligati a rimanere legati al gruppo. Chi voleva disertare era trascinato sui monti, alle spalle della città, e costretto a scavarsi la fossa e il capocolonna, Riccardo Dura, morto in via Fracchia, avrebbe avuto su tutti il diritto di vita e di morte. Un santuario del terrorismo che pareva inattaccabile. Ma dopo via Fracchia c'è stata un'operazione antiguerriglia assai estesa: 46 persone sono finite In carcere, altre 16 identificate e fra costoro alcuni considerati «capi», come l'operaio Francesco Lo Bianco, che era responsabile della colonna, succeduto a Rocco Micaletto, a Luca Nicolotti, a Dura; e Livio Baistrocchi, e poi Lorenzo Carpi, Fulvia Mìglietta, Corrado Balocco, Gregorio Scartò. Colpita l'intera colonna, dicono gli inquirenti, forse spazzate via le «brigate» Ansaldo, Italsider, Porto e S. Martino. Soltanto la «brigata Buranello» è ancora attiva, ma sarebbe formata da fiancheggiatori, «La città ha ora pulsazioni regolari», può dire non senza soddisfazione il sostituto procuratore Luigi Carli. -Il grosso del lavoro lo abbiamo già fatto». Entro Pasqua la Procura depositerà la requisitoria. Il colpo di bisturi è andato in profondità e una volta in carcere gli arrestati sono apparsi fragili, vulnerabili, legati a schemi politici e culturali vecchi, osserva il dottor Carli. • Molti, quando parlano, usano ancora una terminologia in uso almeno dieci anni or sono, non più in sintonia con la realtà». Nel gruppo, sottolinea il magistrato, parecchi di questi terroristi presunti o dichiarati 'trovava il coraggio per compiere certe azioni. Ma una volta davanti alla realtà della galera, con l'incapacità di scaricare sul gruppo le tensioni, avviene il crollo». Qui a Genova, forse più che altrove, soprattutto la classe borghese ha generato questi «rivoluzionari». Il tentativo di una saldatura con gli operai si è però risolto in un fallimento, dice Carli, -anche se a un datò momento, forse, un certo ammiccamento c'è stato». Ma l'uccisione di Rossa, definita dal giudice «un errore politico incredibile e incalcolabile», ha provocato una frattura insanabile. Cosi, sostengono gli inquirenti, sono rimasti gli intellet- tuali, gli studenti, coloro che avevano a Balbi, la Facoltà di Lettere soprattutto, luogo d'incontro. Anni or sono c'erano Gianfranco Faina, ideologo di «Azione rivoluzionaria» ed Enrico Fenzi, che secondo l'accusa occupavano nella colonna genovese «una posizione di rilievo». Ribellismo e contestazione si fondevano forse più che altrove e l'ambiente, dice Carli, «era un caleidoscopio delle più differenti tendenze». Qualcuno ha finito per passare nelle file del terrorismo. Sostiene il sostituto procuratore Luciano Di Noto: -Oggi le Br hanno subito un duro colpo con la cattura e l'identificazione dell'intera direzione di colonna. Ma che cosa possono fare non è prevedibile». Osserva il dottor Giuseppe Ioele, capo della Digos: «Più che fermo a Genova, il terrorismo è un po' inattivo dappertutto e questo certo dipende anche dagli arresti compiuti». Martedì il dottor Ioele è stato a Milano per esaminare le cose trovate a Moretti e Fenzi, e a Milano sono andati anche i giudici: nessuna traccia concreta sembra portare a Genova. Qualcuno ora dice che questo pare una rinuncia. Vincenzo Tessandori

Luoghi citati: Genova, Milano, Porto