Si ri pon racconta le sue umiliazioni di Renato Rizzo

Si ri pon racconta le sue umiliazioni Convegno sugli stranieri a Torino. Si ri pon racconta le sue umiliazioni E' una colf thailandese, giunta 7 anni fa Ma molte cose, da allora, sono cambiate Su ri man e Si ri pon, sedute nella grande sala di Palazzo Lascaris, hanno gli occhi a mandorla puntati sul palco da dove si parla anche un po' di loro: dal tavolo degli oratori, infatti, giungono le voci di chi discute del -fenomeno migratorio dal Terzo Mondo all'Europa», degli -straniari in Piemonte: dimensione e caratteristica del fenomeno», dell'-attuale legislazione italiana sugli stranieri» e della -politica del sindacato sull'emigrazione straniera». Su ri mon e Si ri pon sono sorelle thailandesi di 19 e 23 anni, faccine lisce, corpo minuto e quasi infantile. Ti parlano e ad ogni parola fanno seguire un sorriso. Sorridono anche quando raccontano la loro storia di -straniere in Italia» e, specialmente sentendone l'inizio, viene spontaneo domandarsi che cosa ci sia, poi, tanto da ridere. Sono -colf», collaboratrici familiari: giunte nel nostro Paese probabilmente perché qualcuno ha pensato che sarebbero state assai bene in casa sua con quegli cechi esotici ed una «crestina» bianca sulla testa. Per prima, circa 7 anni fa, è arrivata Si ri pon: regolare contratto di lavoro, tramite un'agenzia specializzata, presso una famiglia di Bari. «Non bene» dice ora la ragazza con il solito sorriso. E aggiunge: -Non mi davano ferie né giorni liberi, né potevo parlare con la gente». Poi la famiglia si è trasferita a Torino: -Niente cambiato, anzi». Questo -anzi» detto mostrando tutti i denti, significa «coffe»: -Si, maltrattamenti, oltre a 15 ore al giorno di lavoro senza riposare, poco mangiare e la solita faccenda delle ferie vietate». Ma a Torino qualcuno le dice che esistono Questura e sindacati: la prima registra poche settimane dopo una denuncia di Si ri pon contro i suoi datori di lavoro, i secondi si occupano di trovarle un'altra sistemazione. E adesso? «adesso bene: so/o 70-72 ore di orario, sabato e domenica liberi, 350 mila lire al mese». Idem per Su ri mon, arrivata da BangKok sulla scia della sorella e, attualmente, «colf» a Moncalieri. Maltrattamenti, umiliazioni: acqua passata. Ma è stato duro aspettare che scorresse. Cosi come per un'anziana domestica eritrea che, anni fa, aveva seguito in Italia la famiglia presso la quale era in servizio ad Asinara: -Nel '74 abbiamo scoperto — ricorda un giovane eritreo che si occupa di difendere i diritti dei suoi conterranei — che le davano 30 mila lire al mese. Naturalmente niente orario, niente ferie, niente di niente». Questo giovane, laureato da pochi mesi al Politecnico, ed altri come lui, alla precaria situazione di chi è costretto a vivere come può in una terra straniera, aggiunge il dolore e la nostalgia dell'esule politico: «So che non tornerò mai più a casa. E anche i miei amici lo sanno». E dove andrà, ora che ha finito di studiare? -Chissà, forse all'estero». Dice proprio cosi «estero» quasi che l'Italia fosse davvero ormai quasi una seconda patria. Renato Rizzo

Persone citate: Lascaris