Prima d'essere fucilato Perotti scrisse «Muoio sereno, almeno ho combattuto» di Luciano Curino

Prima d'essere fucilato Perotti scrisse «Muoio sereno, almeno ho combattuto» A colloquio, 37 anni dopo, con la vedova del generale ucciso al Martinetto Prima d'essere fucilato Perotti scrisse «Muoio sereno, almeno ho combattuto» La signora Fiorenza ricorda quelle tragiche giornate del 1944 - Apprese dal direttore delle Nuove che l'esecuzione della condanna, per gli 8 appartenenti al Cln del Piemonte, era avvenuta I martiri del Martinetto, cioè i membri del primo Comitato militare di liberazione trucidati dal nazifascisti nel poligono di tiro, tono stati ricordati Ieri, a 37 anni di distanza, nel luogo In cui caddero sotto I colpi del plotone di esecuzione. La cerimonia, semplice e breve, ha visto la partecipazione di autorità civili e militari, tra le quali il sindaco Novelli ed II presidente del consiglio regionale Benzi. Presente anche l'on. Silvio Geuna, unico superstite del processo fascista nel quale furono condannati a morte II generale Perotti e I suoi sette compagni. L'orazione ufficiale è stata tenuta del presidente della Provincia di Torino, Eugenio Maccari, che ha ricordato il sacrificio di uomini che consentirono al nostro Paese di risorgere alla libertà. E' il giorno che le fucilarono il marito: la signora Fiorenza Perotti aspetta i figli per andare, come tutti gli anni il 5 aprile, con dei fiori al cimitero di Torino. Aspetta nel salotto dove c'è il ritratto del generale Giuseppe Perotti medaglia d'oro della Resistenza. Nell'attesa rivive ogni minuto della lunga notte di 37 anni fa, rivede volti, risente voci. Ci sono ricordi che il tempo non intacca. A Carrù, dove era sfollata, un conoscente era venuto a dirle che il marito era stato preso dai fascisti, già lo stavano processando. Lo aveva visto l'ultima volta per il suo onomastico, il giorno di San Giuseppe, ed era stato un breve incontro clandestino. Sapeva che il marito, ritornato avventurosamente dal fronte di Salerno dopo 1*8 settembre, era nella Resistenza, ma non sapeva che era impegnato nel comando militare del Comitato di liberazione piemontese. C'erano cose che il generale non poteva dirle e lei non faceva domande. Era corsa con i tre figli a Torino, vi era arrivata di notte, con il coprifuoco. Era andata in prefettura, dove c'era festa in onore del ministro dell'Interno Buffarini Guidi, venuto da Salò per il processo che si sra appena concluso con otto condanne a morte: ma questo la signora Perotti non lo sapeva. Le avevano detto che -sua eccellenza il prefetto è disposto a ricevervi, ma sema i bambini, non vuole vedere bambini». Ricorda il prefetto Zerbino in abito da sera: -In questo palazzo c'è il ministro inviato dal duce, quindi state calma, non fate scene ». le aveva detto. « Vorrei sapere di mio marito, so che c'è un processo*. « Vostro marito si è messo con ì banditi, si è messo contro di noi-. - Veramente, contro i tedeschi Il prefetto aveva borbottato qualcosa, era irritato o a disagio, e aveva fatto cenno alla donna di andare: «Le cose che mi chiedete le sa il questore». In corso Vinzaglio, dal questore, che sembrava inteneri to dai bimbi frastornati e as sonnati. -Processano mio ma rito. Zerbino dice che non sa nulla-. Il questore era scatta to: -Come non sa? Ma se era in aula-. In quel momento era entrato un funzionario a comunicare: -La sentenza è stata dura. Lui ha fatto mettere tutti sull'attenti e ha fatto gridare viva l'Italia-. La signora Perotti aveva capito che si parlava del marito, ma cosa significava «sentenza dura»? Aveva interrogato con lo sguardo il questore, che aveva detto: -Sono fascista perché ci credo. Ma se ammazzano Perotti, me ne vado-. Dice ora la signora Fiorenza: -Ho saputo più tardi che il questore era stato compagno di mio marito al''Accademia. Qualche tempo dopo la fucilazione ha lasciato davvero il suo ufficio. Se ne ' andato, come aveva detto-. Il questore aveva fatto accompagnare lei e i figli alle Nuove per sapere qualcosa di più, per vedere, se possibile, il marito e parlargli. Nel cortile del carcere, dopo la mezzanotte, tra la soldataglia. Ricorda la gioia malvagia di un fficiale della guardia repub¬ blicana (quello che avrebbe comandato il plotone di esecuzione), ricorda che aveva un frustino e una gran voglia di staffilare qualcuno, ricorda le sue brutali parole: «Finalmente lo hanno condannato a morte quel generale dei miei stivali». Cosi lo aveva saputo. Tutta la notte ad aspettare alle Nuove. Le avevano detto che il marito non era li. era all'albergo Nazionale per un interrogatorio dei tedeschi. (Giurili dopo il comandante Schmidt le aveva detto: -Suo marito era un tecnico di altis¬ simo l'alore e avrebbe potuto lavorare per noi. Non ha voluto-). Ricorda: -Era l'alba, alle Nuoi'e. Io e mia figlia Marisa di 18 anni eravamo interrogate in un ufficio. Non si piangeva, eravamo furenti. Marisa litigaim con quell'ufficiale che aveim il frustino, e lui le ridetta in faccia. Graziella e Nanni di 8 e di 6 anni erano rimasti nel cortile-. Qui i due bimbi avevano visto arrivare un'auto, il padre scendere tra due tedeschi. Si era inginocchiato per abbrac- ciarli: -Dov'è la mamma?-. -Di là, in un ufficio-. -Ditele che stia tranquilla, che va tutto bene-. Era sereno e sorrideva. I bimbi erano corsi da lei eccitati: -Abbiamo visto papà». Ventiquattro ore in giro per Torino, a battere a molte porte. La speranza che il marito sia salvato in uno scambio con fascisti prigionieri dei partigiani. Ma c'erano «ordini dall'alto»: nessuno scambio, fucilazione al più presto. Il mattino del giorno 5 la signora Perotti era ritornata alle Nuove e aveva saputo dal direttore: -Più niente da fare. Lo hanno fucilato al Martinetto-. Con il marito erano stati fucilati il capitano Baibis, il professor Braccini, il meccanico Giambone, lo studente Giachino. il bibliotecario Biglieri. l'impiegato Montano, il mosaicista Bevilacqua. Gli otto caduti sono stati commemorati ieri al sacrario Da allora sono passati 37 anni, ma è come fosse appena accaduto. Fra poco arriveranno i figli, la signora Perotti andrà con loro al cimitero, nell'attesa rilegge l'ultima lettera del marito, che pure conosce a memoria. «A differenza della grande maggioranza dei mortali mi è dato di sapere che fra poche ore morirò e ti posso assicurare che ciò non mi spai'enta... Io mi considero morto in guerra, perché guerra è stata la nostra. Ed in guerra la morte è rischio comune... Si muore in tanti ogni giorno ed i più innocentemente; io almeno ho combattuto... Io muoio, te l'ho già detto, tranquillo...-. Luciano Curino

Luoghi citati: Carrù, Italia, Piemonte, Salerno, Salò, Torino