Bordoni ha paura di essere ucciso i pasti glieli prepara la moglie di Ruggero Conteduca
Bordoni ha paura di essere ucciso i pasti glieli prepara la moglie Controllato a vista in cella l'ex braccio destro di Sindona Bordoni ha paura di essere ucciso i pasti glieli prepara la moglie ROMA — Carlo Bordoni dice il vero o dice il falso? Perché si è deciso a parlare proprio ora tirando in ballo «nomi grossi»? Quali potrebbero essere i suoi tornaconti personali in questa vicenda? Perché dalla commissione parlamentare sul caso Sindona continuano a trapelare indiscrezioni a raffica? Immancabilmente su questi interrogativi già cominciano a circolare le prime ipotesi: «Bordoni chiacchiera perché è ormai sciolto dal patto con Sindona il quale, vista ormai irrimediabilmente compromessa la sua posizione, avrebbe concesso al suo ex braccio destro la possibilità di salvarsi»; «Bordoni ha deciso di coinvolgere i grossi nomi della politica per mandare tutto all'Inquirente sperando nell'insabbiamento»; «Bordoni sta creando il polverone al solo scopo di prendere tempo in attesa che scadano i termini di carcerazione preventiva. Tornato libero, si vedrà». «Sono illazioni assolutamente ridicole — dice uno dei suoi difensori, l'avv. Rinaldo Taddei —. Per il reato di cui è accusato Bordoni (bancarotta) i termini scadono dopo due anni: è in carcere, ormai, da quattro anni, sei mesi e otto giorni. Non ha voluto che presentassimo l'istanza di scarcerazione perché ha paura: si sente più tranquillo nel carcere di Lodi dove è detenuto dal settembre scorso e dove ogni giorno, per motivi di sicurezza, la moglie va a portargli i pasti. Vive nel terrore da anni. Fu lo stesso procuratore distrettuale Kenney, il magistrato che istruì negli Stati Uniti il processo per la bancarotta delle banche sindoniane, a denunciare per primo, in una lettera inviata al dipartimento di Stato, i gravi rischi che correva, sin da allora, l'imputato Bordoni. Lo stato di pericolo venne segnalato anche alle autorità italiane che predisposero imponenti servivi di sicurezza all'aeroporto della Malpensa in occasione del suo arrivo in Italia. Ancora oggi continuano a giungere telefonate e lettere minacciose». Allora è attendibile? «Il suo unico interesse è quello di collaborare con la giustizia per poter ottenere al processo il maggior numero possibile di attenuanti. Partendo da una pena prevista nel massimo a dieci anni e considerando due anni di condono e quattro anni e mezzo già scontati non gli rimane molto. Dopo di che, o addirittura in attesa del processo se glielo consentiranno, si trasfe¬ rirà negli Stati Uniti, dove, grazie alla "relazione Kenney", potrà fruire della protezione permanente che gli Usa garantiscono ai testimoni di Stato». Ma perché si è deciso a parlare adesso? «E chi lo dice? Bordoni le prime deposizioni, negli stessi termini di quelle rese l'altro giorno alla commissione parlamentare, le ha fornite ai giudici ordinari sin dall'ottobre scorso. Le prime indiscrezioni sono apparse sui giornali quando la commissione si è fatta consegnare copia degli interrogatori dai magistrati milanesi». Il presidente De Martino pare abbia intenzione di proporre alla commissione di rendere pubblici atti e interrogatori. Che ne pensa? «Aft sembra una soluzione saggia». Bordoni, dunque, ha «confessato» sin dal primo momento? • Certo. Ma non è tutto. Sin dal 77 Bordoni ha aderito alla estradizione chiesta dall'Italia al Venezuela. Quando nel gennaio di quell'anno gli venne contestato l'ordine di cattura della nostra magistratura. Bordoni manifestò subito l'intenzione di tornare in patria e raccontare come erano andate le cose. C'è un accordo fra Sindona e Bordoni? «Assolutamente. I due, da tempo, hanno rotto ogni rapporto. Il dissidio nacque ancor prima del crack quando cioè Bordoni capì che Sindona manovrava nel vuoto». Ruggero Conteduca
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