Ercole Marcili, niente prestiti di Marco Borsa

Ercole Marcili, niente prestiti Scaduto il termine entro il quale le banche dovevano intervenire Ercole Marcili, niente prestiti MILANO — Le banche sono pronte ad abbandonare al proprio destino la Ercole Marelli. una delle maggiori aziende milanesi, in difficoltà finanziarie ormai da tempo. In un telegramma inviato ieri ai sindacati infatti la nuova direzione aziendale, insediata da meno di un mese con il compito di avviare il risanamento del gruppo elettromeccanico, ha annunciato che non disponendo di una lira di nuovi prestiti la Ercole Marelli è in grado di pagare a fine aprile solo il 30 per cento residuo dei 5,6 miliardi di stipendi di marzo che erano stati pagati al 70 per cento. Da aprile in poi mancheranno i fondi sia per gli stipendi sia per i fornitori che ovviamente bloccheranno l'inoltro del nuovo materiale paralizzando definitivamente la produzione. La crisi di liquidità è precipitata in queste ultime 24 ore dopo che è scaduto il termine entro il quale 15 banche creditrici si erano impegnate a fornire nove miliardi alla società per pagare un mese di stipendi e tre miliardi ai creditori commerciali. Delle 15 banche che si erano riunite il 31 marzo su iniziativa della Regione, che si sta prodigando per evitare il fallimento del gruppo di Sesto San Giovanni, dopo tre giorni ne erano rimaste solo 11 disposte a versare complessivamente non più di 5 miliardi alla condizione, però, posta da alcuni istituti che tutte le banche partecipino all'operazione. Siccome quattro hanno già defezionato, l'intera costruzione realizzata in faticose trattative durate circa tre settimane è saltata lasciando l'azienda priva dei mezzi necessari a sopravvivere. La vicenda iniziatasi circa un mese fa con l'esplosione della crisi aziendale e l'annuncio che gli stipendi di marzo sarebbero stati pagati al 70 per cento con il contestuale mutamento al vertice che vedeva il nuovo amministratore delegato Vittorio Ponti sostituire Luigi Nocivelli, azionista di maggioranza, alla testa del gruppo, sembrava destinata a concludersi positivamente il 20 marzo scorso con una riunione delle 32 banche creditrici del gruppo Ercole Marelli. In quell'occasione infatti le banche avevano esaminato una proposta di risanamento formulata dall'azienda e patrocinata dalla Regione che prevedeva lo scorporo di tre aziende del gruppo (Emg. Industrie elettriche di Legnano e Adda) per un totale di 3500 dipendenti da conferire ad una nuova società a cui avrebbero partecipato il Tecnomasio e altri azionisti attorno alla Franco T.isi con 15 miliardi di nuovo capitale, e l'ingresso nelle altre cinque aziende (2300 dipendenti nei settori ventilazione industriale, condizionamenti, pompe, motori elettrici e impiantistica) di nuovi azionisti di minoranza. Le banche avrebbero dovuto garantire un consolidamento per tre anni dei 140 miliardi di debiti a tassi inferiori al prime rate. In attesa di varare il piano tuttavia l'azienda aveva bisogno di tre mesi di respiro con un finanziamento bancario ulteriore di 18 miliardi. Gli istituti di credito si erano riservati di dare una risposta entro cinque giorni, scaduti i quali sono rimaste in pratica solo 15 banche disposte a rifinanziare il gruppo. Nuova riunione il 31 marzo il cui esito è stato quello di ridurre il numero a 11 di cui solo 8 in realtà abbastanza convinte. A questo punto il consiglio di amministrazione della società, convocato per 1' 8 aprile prossimo, dovrà prendere atto della drammatica situazione in cui versa il gruppo il cui fatturato nel mese di marzo è sceso a 12 miliardi contro una media di 22 miliardi al mese nei primi due mesi dell'anno quando la crisi di liquidità non era ancora esplosa. I bilanci del 1980, inoltre, mostrano una perdita intorno ai 23 miliardi, una cifra quasi pari ai 24 miliardi di capitale e riserve della holding. Di fronte ad una simile posizione finanziaria procedere ad ulteriori rivalutazioni, ancora possibili, a copertura parziale o totale delle perdite diventerebbe un espediente inutile in mancanza di un piano di risanamento che offra qualche prospettiva futura al gruppo. Per le banche l'eventuale fallimento Marelli comporterebbe il rischio di perdere non solo i 140 miliardi di crediti ma di dover pagare anche 130 miliardi di fideiussioni rilasciate sui contratti di impiantistica all'estero (Brasile. Costa Rica. India, ecc.) come è accaduto già al Eanco Ambrosiano con il gruppo Ger.ghini (che ha coinvolto tra l'altro la stessa Marelli nel suo fallimento con perdite di 7-8 miliardi) costato all'istituto 70 miliardi di fidejussioni. Marco Borsa

Persone citate: Ercole Marcili, Ercole Marelli, Luigi Nocivelli, Marelli, Vittorio Ponti

Luoghi citati: Brasile, Costa Rica, India, Legnano