Marco Donat-Cattin difende l'amica arrestata a Brescia di Clemente Granata

Marco Donat-Cattin difende l'amica arrestata a Brescia «La Lorenzi mi ospitò ma non conosceva il mio passato» Marco Donat-Cattin difende l'amica arrestata a Brescia TORINO — Prima della sua fuga in Francia il terrorista Marco Donat-Cattin trascorse qualche giorno a Brescia, ospite di un'amica, l'insegnante Teresa Lorenzi. 31 anni, nata a Goito. La Lorenzi è stata arrestata assieme al commesso di un fornaio, Tiziano Rota di 26 anni, anch'egli di Brescia, su ordine di cattura della magistratura torinese. Il provvedimento parla di partecipazione a banda armata con funzioni organizzative. Non si sa se il terrorista estradato dalla Francia e sottoposto a continui interrogatori nella caserma di via Valfré (riprenderanno lunedi prossimo) abbia fatto spontaneamente il nome dell'insegnante bresciana o se esso gli sia stato sollecitato dagli inquirenti, impegnati a ricostruire la marcia di avvicinamento del terrorista al confine francese. Pare però che quando si è affrontato il discorso sulla Lorenzi, Marco Donat-Cattin abbia detto: «£' vero sono stato suo ospite, ma lei nulla sapeva dei miei trascorsi*. Una mano tesa all'amica nel tentativo di sottrarla a gravi conseguenze. Ma, come dimostra il provvedimento adottato nei confronti della Lorenzi, i magistrati non sembrano disposti ad accettare a scatola chiusa la ricostruzione degli eventi fatta dall'imputato. Vogliono indagare, approfondire la questione. A distanza di pochi giorni dall'arresto di quattro giovani torinesi sospettati di appartenere all'organizzazione terroristica «Prima linea» e a poche ore dalla cattura della Lorenzi, si ripropone ancora una volta il problema dell'atteggiamento processuale di Marco Donat-Cattin. In un incontro con i giornalisti, ieri mattina a Palazzo di giustizia, il difensore Vittorio Chiusano ha detto: «Non ho idea se i recenti arresti dei quattro giovani torinesi siano ricollegabili alle dichiarazioni dell'imputato». Poi ha voluto ricordare qual è, da un punto di vista generale, il comportamento dell'ex capo di «Prima linea»: 1) accettazione delle leggi della Repubblica: 2) nessuna rivelazione di nomi di personaggi che, secondo l'imputato, già si sono dissociati dalla lotta armata: 3) conferma di nomi di personaggi, già noti agli inquirenti e disposti, se si trovano liberi, a compiere ancora delitti; 4) ammissione di responsabilità personali (ferimento a Torino dell'agente della Digos Martini, furti, rapine, danneggiamenti) al di là dei confini tracciati dal decreto di estradizione. «E' un problema mio cercare di dimostrare che que- ■ sto comportamento rientri tra quelli previsti nell'art. 4 della legge sul terrorismo a favore dei terroristi dissociatisi dalla lotta armata-, ha affermato ieri l'avvocato Chiusano. Ma già è noto che per i magistrati inquirenti una simile condotta non sarebbe sufficiente ad ottenere provvedimenti di clemenza: occorrerebbe, invece, qualcosa di più: un «pentimento» veramente operoso, una dissociazione più autentica. E' una questione che si ripresenterà nei prossimi giorni e nelle prossime settimane. L'interrogatorio di Marco Donat-Cattin, infatti, è ben lontano dal concludersi. Esso si muove lungo quattro indirizzi. Il primo ha carattere generale: formazione, imprese criminali della banda armata «Prima linea», attività del terrorismo in Italia dagli esordi ai nostri giorni. Mercoledì scorso l'imputato è stato sentito sugli anni 1972 e 1973 e ha accennato anche a Negri e Scalzone cercando di sminuire le responsabilità. Di Scalzone per esempio ha detto che è un «non violento*. Gli altri tre indirizzi riguardano fatti specifici: omicidio Alessandrini (nuovo interrogatorio previsto il 27 aprile) e Ciotta, sparatoria e omicidio Iurilli in via Millio. Le parti civili sono ammesse soltanto quando s'indaga su questi episodi criminosi particolari. Clemente Granata

Luoghi citati: Brescia, Francia, Goito, Italia, Torino