Il vino sardo in cerca di fortuna di Mario Guerrini

Il vino sardo in cerca di fortuna Mercati extraeuropei per sconfiggere la gravissima crisi Il vino sardo in cerca di fortuna Ottantamila produttori e un «micro-fatturato» di 70 miliardi - L'esigenza di esportare in altri continenti emersa in un convegno, a Cagliari, sulle «prospettive degli Anni 80» - Metà degli impianti sono ormai logori - Unificare tutte le cantine sociali isolane CAGLIARI - Anche quest'anno il rinomato vino sardo è in crisi. C'è una grande produzione ma i mercati non la recepiscono e tra i produttori serpeggia una profonda preoccupazione: «Se non si interviene subito e con messi adeguati, tutto il settore della vitivinicoltura sarda verrebbe a trovarsi davanti a situasioni davvero insostenibili», dice Cenzo Aresu, presidente regionale della federazione delle cantine sociali. Per lui non ci sono dubbi: la crisi nel settore, uno dei più importanti per l'economia agricola dell'isola, ha raggiunto ormai livelli di guardia. Sul problema è stato anche organizzato a Cagliari un convegno al quale hanno partecipato i presidenti della maggior parte delle cooperative vitivinicole della Sardegna. Il tema era: -Realtà e prospettive della vitivinicoltura sarda negli Anni Ottanta». Su circa 80 mila ettari coltivati a vite, vengono mediamente prodotti in Sardegna oltre tre milioni di ettolitri di vino, per un valore che si aggira intorno ai 70 miliardi di lire, quasi un decimo dell'intera produzione lorda vendibile. Circa il 65 per cento della produzione si registra nella provincia di Cagliari, il 15 per cento a Oristano, e poco più del 10 per cento nelle province di Nuoro e di Sassari. -Nella nostra regione - dice Albino Pisano, presidente dell'Unione delle cooperative - esistono due tipi di viticoltura: una vecchia, con impianti logori che hanno superato i trent'anni; l'altra moderna che però subisce una crisi dovuta alla situasione del mercato». Da un lato c'è quindi la necessità di ristrutturare i vigneti; dall'altro quello di consolidare la presenza dei vini sardi nei mercati tradizionali e nell'individuarne altri. -Occorre uscire dai confini della Cee per rompere l'accerchiamento del mercato», ha sostenuto in un intervento molto seguito il presidente della Commissione regionale del Consiglio sardo per l'agricol-tura. l'on. Battista Isoni, che ha lanciato l'idea di unificare la produzione delle diverse cantine sociali dell'isola. Sono diversi i fattori all'origine della crisi che da alcuni anni attraversa il settore della vitivinicoltura sarda. Ci sono problemi di produzione, di scarsa efficienza di numerose delle trentotte cantine sociali dell'isola, i costi dei trasporti. Il cinquanta per cento dei vigneti sono vecchi e improduttivi. Si imbottiglia poco, non si seguono le tendenze del mercato e si spende molto poco per la pubblicità, che resta — è stato ribadito da più parti - l'anima del commercio. C'è un progetto promozionale previsto dal programma incmiiUe della Regione che non decolla e che prevede per il comparto 63 miliardi e 670 milioni. E' un progetto che gli 80 mila produttori sardi di vino attendono che sia varato da anni. «Le ultime difficoltà stanno per essere superate», dice l'assessore regionale all'Agricoltura, on. Domenico Pili, che per fronteggiare l'emergenza ha annunciato il suo intendimento di proporre un emendamento alla legge finanziaria per il trasferimento della somma di un miliardo prevista per il risanamento delle passività delle cantine sociali dal Credito industriale sardo ad un altro istituto di credito agrario. Pietro Tandeddu, della Lega delle cooperative, sostiene dal suo canto la necessità di istituire un marchio unico regionale per la valorizzazione e la commercializzazione dei vini sardi. Mario Guerrini

Persone citate: Albino Pisano, Battista Isoni, Cenzo Aresu, Domenico Pili

Luoghi citati: Cagliari, Nuoro, Oristano, Sardegna, Sassari