I servizi di difesa della Nato allerta subite dopo gli spari a Washington di Ezio Mauro

I servizi di difesa della Nato allerta subite dopo gli spari a Washington Telefonate dell'ammiraglio Giovanni Tonisi ai comandi di Bruxelles e di Napoli I servizi di difesa della Nato allerta subite dopo gli spari a Washington ROMA — La notizia dei sei colpi di pistola contro Ronald Reagan non era ancora arrivata sugli schermi della televisione quando l'ammiraglio Giovanni Torrisi, pochi minuti dopo le 21,30 di lunedi sera, si è chiuso nel suo studio e dal telefono di casa ha chiamato il comando Nato, a Bruxelles. « Volevo sapere — ci ha spiegato il capo di Stato maggiore della Difesa — se stavano per scattare le misure di allarme previste per le gravi crisi internazionali*. Una telefonata di verifica, che conferma come il segnale di allerta per i servizi Nato di difesa militare sia rimasto sospeso per qualche attimo su tutta l'Europa, mentre da Washington arrivavano le prime confuse notizie sull'attentato al presidente Reagan. L'ammiraglio Torrisi era rientrato a casa da poco più di un'ora, dopo aver salutato il ministro Lelio Lagorio, partito per Milano da dove si sarebbe poi mosso per seguire un'esercitazione del Terzo Corpo d'Armata. Da Washington, una chiamata improvvisa per il capo di Stato Maggiore: era l'addetto militare all'ambasciata italiana negli Usa che telefonava direttamente all'abitazione di Torrisi con le prime, incomplete ma drammatiche informazioni sul ferimento del presidente degli Stati Uniti. Senza nemmeno rientrare nel suo ufficio di via XX Settembre, l'ammiraglio decideva di controllare le decisioni della Nato. *Le notizie dagli Usa — ci ha detto ancora Torrisi — erano frammentarie, e contraddittorie, il rischio di una gravissima tensione, internazionale non si poteva escludere. Devo dire che gli elementi di conoscenza in mio possesso, sia pure incompleti, mi portavano a considerare improbabile l'ipotesi di un allarme Nato. Tuttavia, a titolo di tranquillità, ho voluto parlare direttamente con i miei rappresentanti nei due massimi comandi Nato d'Europa*. Di qui le due telefonate: prima al comando Shape, a Bruxelles, poi a quello di Napoli. 'Ho potuto verificare che tutto era tranquillo — dice Torrisi — e che non si pensava di adottare le misure di allerta, anche perché così consigliavano le informazioni più precise e più complete sull'attentato e sulle condizioni del presidente Reagan che via via, nella tarda serata, giungevano dagli Usa*. Cosi, intorno alla mezzanotte, il ministero della Difesa poteva rassicurare Lelio Lagorio, che dal comando del Corpo d'Armata, a Milano, chiedeva notizie. Lagorio aveva saputo dell'attentato a Reagan mentre era a cena al Comando, insieme con il capo di Stato maggiore dell'esercito, il generale Eugenio Rambaldi. L'informazione era venuta dal colonnello Rinaldo Rinaldi, che per tutta la sera, visto che dai canali del ministero le notizie arrivavano a rilento, si è tenuto in contatto da Milano con la redazione dell'agenzia Ansa, a Roma. Seguendo passo passo gli avvenimenti di Washington, Lagorio si è presto reso conto che l'improvvisa crisi americana non avrebbe avuto contraccolpi internazionali tali da interessare gli apparati di difesa dei Paesi Nato, e ha deciso di non interrompere il programma che prevedeva la sua partecipazione alle esercitazioni dei mezzi corazzati, ieri, nel Novarese. Dalla Difesa, dunque, nessun segnale di tensione è arrivato nella sera di lunedi sul tavolo del presidente del Consiglio Forlani. Cosi come dalla Farnesina (Emilio Colombo era ancora in ufficio, e ha avuto la notizia dell'attentato direttamente dal numero due dell'ambasciata italiana a Washington, Bartolomeo Attolico e dal Viminale). Proprio il Viminale, per precauzione, ha disposto le uniche misure di sicurezza decise dal governo italiano in seguito alla crisi americana: un servizio di vigilanza all'ambasciata e ai consolati degli Stati Uniti, e alle sedi Nato. Un provvedimento che Virginio Rognoni ha deciso da Milano, dove si trovava per un convegno della de lombarda, e dove è stato raggiunto da una chiamata del capo del¬ la polizia Coronas, che lo ha informato del ferimento di Reagan. Con Coronas, e con il capo di Gabinetto del ministero, Ugo Gasparri, Rognoni si è sentito ancora più volte, nella tarda serata, per avere notizie sulle condizioni di Reagan. Ma ormai, mentre Fanfani, supplente del Capo dello Stato, telefonava all'ambasciata americana, e preparava il primo telegramma di solidarietà, dalla televisione accesa nei ministeri, negli uffici, nelle' abitazioni dei ministri, arrivavano bollettini rassicuranti. A Washington nessuno parlava di complotto, la vita del Presidente non sembrava in pericolo. Dopo una serata confusa di tensione, per il mondo politico italiano la televisione decretava la fine dell'emergenza. Ezio Mauro