Tutti insieme pedalando senza agonismo di Gian Paolo Ormezzano

Tutti insieme pedalando senza agonismo Tutti insieme pedalando senza agonismo CI sono in Italia quattro milioni di biciclette «attive», e forse altrettante chiuse nelle cantine, nelle soffitte, se non dimenticate nei portabagagli delle auto. Si producono ogni anno oltre due milioni e mezzo di biciclette, metà per l'esportazione, e questo senza tenere conto dei velocipedi per bambini, classificati come giocattoli per via degli ingranaggi in plastica (quasi un altro, milione di «pezzi»). il cicloturista è elemento fisso, nel senso di stabile, del panorama mobile domenicale. Vestito da topo d'albergo con qualche licenza cromatica, da solo ma più sovente in branchi, il cicloturista detta una sua legge silente ormai anche agli automobilisti. Logico, inevitabile e anche giusto che fiorissero le pubblicazioni per questo nuovo ciclismo, che da quello «grande», quello tecnicamente perfetto e agonisticamente iperteso, dipende soltanto per via di una certa ispirazione etica (anche il più professionale dei ciclisti professionisti viene sovente presentato come uno scopritore di strade, un divoratore di posti nuovi, insomma un cicloturista più acceso) e di una certa comunanza di materiale, sempre carissimo. Ma il cicloturista ha i suoi libri che gli raccomandano di andare piano per andare sano e lontano, libri «frenanti», con l'esame dei rischi prima ancora che delle felicita L'ultimo di questi libri, 'Andare in bicicletta', appena uscito da SugarCo (pagine 177. lire 5000), arriva addi- rittura dall'America, ed è firmato da quattordici saggi della pedalata, tutti perfettamente sconosciuti «chez nous», però capaci di osservazioni spaventosamente pratiche, di raccomandazioni banali ma esatte: perché non montare uno specchietto retrovisore sulla stanghetta degli occhiali? Uno scampanellio forte e chiaro vi dà la possibilità di dire •eccomi!»; chiunque stia usando una bicicletta Mòulton con numero di serie K. 64.29, cui non sia stata sostituita la forcella anteriore, sta seduto su una bomba. E' un libro naif, però pieno di cose, dette con lo stile del «come diventare felini e mantenersi tali in dieci lezioni». I libri italiani sono più seriosi, probabilmente danno al lettore cicloturista più cose, più informazioni, più consigli, anche senza strizzargli l'occhio o dargli una pacca sulle spalle, come fa invece il libro americano. I' libri italiani sono motti, ne citiamo alcuni, abbastanza freschi di stampa o ristampa: il 'Manuale pratico di ci¬ cloturismo; edito dal Touring Club, con molti indirizzi utili, oltre naturalmente a tutti i consigli perché il signor Brambilla si faccia la sua brava domenica, le sue brave vacanze da Moser (o da Saronni), arrivando sino all'ebbrezza del vento in faccia; 'Cicloturismo: di Josti e Maletto, edizioni il Castello, con la problematica del cicloturismo per famiglie, dove sempre uno pedala troppo forte e l'altro troppo piano; il 'Manuale di cicloturismo» di Gallizioli e Cremaschi, edito dalla Longanesi, una bibbia specialmente per chi vuole regalarsi, in bicicletta, un raid senza troppa avventura, o almeno senza pericoli; e ancora l'antico 'Prendi la bicicletta e vai' di Giuseppe Ambrosini (edizioni S.E.E.), aggiornato sino a qualche anno fa dal grande giornalista morto nel 1980; e infine 'Pedalate in serenità e salute», di Francesco Moser «doppiato» da Beppe Conti, edizioni Meb, un testo da rinfrescare soltanto per la parte statistica, visto che si occupa anche di corse. In questi libri c'è tutto, da un piano «morbido» di allenamenti ai dettami sull'alimentazione, dai consigli per la scelta dei rapporti giusti agli ammonimenti anche o v vii, ma non inutili (mai fermarsi con addosso indumenti bagnati: tutti sanno che non si deve, però bloccarsi ad un'osteria fa parte di una sagra, se non addirittura di una saga). La prossima ondata di libri tratterà forse di un cicloturismo alternativo, o economico, considerati i prezzi delle biciclette almeno un po' leggere (un milione, ormai, per fare del cicloturismo valido). Il cicloturismo alternativo sarà quello sulla bicicletta pieghevole, sull'antico «catorcio» di papà (sempre che non sia stato venduto ad altissimo prezzo ai «dietristi» o ai collezionisti: introvabili sono ormai certe vecchie biciclette con i freni a bacchetta, verniciate in bel nero antico, e le case più astute le fanno nuove, confidando nella polvere per un rapido invecchiamento artificiale). Sarà quello da praticare in maglietta e jeans e scarpe da tennis, non nella divisa ufficiale da ciclista sulla quale non si è ancora esercitato nessun creatore di moda, nessun esperto di colori, cosi che davvero un ciclista giù di bici è buffo, se non anche squallido, e non è presentabile nei salotti, dove invece può accedere un maratoneta in maglietta e mutande semplici. Già l'embrione esiste nell'ingenuo, e in quanto tale avveniristico, libro americano. I nostri libri prendono invece il cicloturista molto' sul serio, sapendo forse che per adesso lui vuole cosi, vuole spendersi molti soldi addosso e intorno per avere, nella pratica sportiva o anche soltanto igienlstica. il classico doping italiano del molto denaro da spendere per fare le cose bene (e nel santo sport, poi) e del molto denaro speso da sfruttare, anziché restare a casa avedersi la Sanremo o, peggio ancora, la partita di calcio. Gian Paolo Ormezzano Quattro milioni di biciclette

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