Edipo vecchio e cieco nel bosco lirico con il giovane Rossini
Edipo vecchio e cieco nel bosco lirico con il giovane Rossini Classica Edipo vecchio e cieco nel bosco lirico con il giovane Rossini CIRCONDATE tuttora da un fitto mistero circa le motivazioni della loro genesi, e databili, con buona approssimazione, tra il 1813 e il 1817, le musiche di scena per Edipo a Colono di Gioacchino Rossini compaiono per la prima volta in disco, dirette da Claudio Scimone, nella benemerita collana «Italia» della Fonit-Cetra. Si tratta di dodici pezzi vocali, più una sinfonia e un preludietto, in cui Rossini mette in musica i testi pressoché completi dei quattro stasimi, del testo di Sofocle, cioè delle parti corali cui la tragedia greca affidava la funzione contemplativa di commento all'azione e di riverberazione lirica dei fatti avvenuti. La traduzione di cui disponeva Rossini era opera di un letterato dilettante di nome Giambattista Giusti che tra il 1807 e il 1809 aveva esercitato a Bologna la professione di ingegnere idraulico ed aveva avviato il giovane Gioacchino alla lettura di Dante, Ariosto e Tasso. Traducendo la grande tragedia di Sofocle, poi pubblicata nel 1817, il Giusti aveva auspicato in un'ampia prefazione che venisse ripristinata l'usanza di musicare i cori restituendo cosi, almeno in parte, al teatro classico la sua originaria dimensione musicale. Anche il Giusti quindi si poneva in quel solco classicistico dell'estetica musicale europea che aveva dato vita al melodramma con l'intento di far rinascere la tragedia greca nella sua primitiva autenticità; non si sa con quanta consapevolezza dei suoi precedenti storici. Certo è che doveva essere impregnato di melodramma il buon ingegnere bolognese, se riuscì cosi be- ne a surgelare la sublimità dei cori di Sofocle nella compassata accademia d'una versificazione che si rifaceva in modo decisamente sbiadito all'ambientazione retorica e letteraria d'un Calzabigi e dei suoi «neoclassici» derivati. Ma tanto meglio per Rossini, che dovette evidentemente avvertire in quel testo l'aria famigliare del melodramma, procedendo poi di conseguenza nella stesura della composizione. Estendendo anche agli stasimi l'alternanza di coro e corifeo. Giusti offriva a Rossini l'impalcatura d'un testo articolato in recitativi, ariosi, arie e cori. Il musicista la raccolse, e af¬ fidò le parti solistiche a un basso che si alterna alla massa corale opponendo una declamazione potentemente scolpita (anche nelle arie, che sono tali solo per una maggiore partecipazione della orchestra, e non per un compiuto regime melodico) alle forme chiuse cantate del coro maschile. C'è dunque un rimbalzare continuo dell'azione musicale tra il solista e la massa che si alternano in una solenne e come pietrificata fissità oratoriale. Ma dentro questo guscio formale piuttosto insolito nell"800 italiano, circola con olimpica tranquillità uno stile melodrammatico della più bell'acqua, me¬ more certo dei nobili modelli di Gluck, di Sacchini, di Spontini ma sempre pronto ad aprirsi alla grazia affettuosa e sorridente d'inconfondibile impronta rossiniana. Questo avviene soprattutto nei cori, dove l'orchestra divaga piacevolmente nell'illustrazione minuta del testo che il giovane Rossini màcina con impennate quasi preverdiane di patetico entusiasmo ma anche, talvolta, con una libido melodica che non esita a mettere in bocca a Sofocle (rivisto da Giusti, però) l'aria «Per lui che adoro» dell'Italiana in Algeri Nel complesso queste pagine di Rossini, rimaneggiate in tarda età ma mai utilizzate in teatro durante la vita del compositore, costituiscono un esemplare interessante d'un genere — quello delle musiche di scena — che in Italia è pochissimo rappresentato. Certo, resterà deluso chi vorrà cercarvi un corrispettivo musicale dell'Edipo a Colono. Ma, d'altra parte, sarebbe folle cercare in un Rossini poco più che ventenne anche solo il ricordo dei trascendentali lucori di quel testo supremo, venerato poema della vecchiezza giunta sull'orlo di una veggente trasfigurazione metafisica; una sorta di Parsifal dell'antichità, ma depurato d'ogni scoria effettistica, la cui ideale intonazione, nel gioco eventuale dei «capolavori impossibili», s'affiderebbe, non senza un brivido, alle stesse divinazioni dell'ultimo Beethoven. Paolo Gallarati G. Rossini: Edipo a Colono, Nicola Ghiuselev, basso; Ambrosian Singers e Philarmonia Orchestra diretti da Claudio Scimone. Cetra - Italia ITL 70054 Rossini (da «Il libro della musica», ed. Garzanti)
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