Passò diecimila fiumi e mille montagne per fare rossa la Cina di Renata PisuGino Nebiolo

Passò diecimila fiumi e mille montagne per fare rossa la Cina Mao e la lunga marcia Passò diecimila fiumi e mille montagne per fare rossa la Cina E9 un fatto che non si perde nebulosamente nella lunga notte dei tempi ma è precisamente databile, in anni a noi prossimi, eppure si è subito imposto con la vigoria del mito, come impresa degna di semidei fondatori di civiltà. «E' stata davvero un'impresa sovrumana?» ha domandato Gino Nebiolo, a Chu Teh, uno degli epici eroi della Cina. E Chu Teh, con il distacco del personaggio mitologico, al di sopra e oltre Marx che era in fin dei conti soltanto un uomo, git ha risposto: «C'è una frase di Marx di cui non ho afferrato il senso, dove dice che bisogna porsi soltanto i problemi alla cui soluzione si può concorrere. Perché soltanto quelli? In verità la Lunga Marcia era un problema che gli uomini, se fossero soltanto uomini, cioè se avessero ragionato come si suol fare vagliando i prò e i contro, stando attenti a, per evitare che... mai avrebbero osato affrontare. E invece partirono in centomila U16ottobre del 1934 dal soviet del Kiangsi, un territorio grande quanto il Belgio situato nella Cina centro-meridionale, ruppero l'accerchiamento delle forze di Chiang Kai-shek e si misero in cammino. Camminarono per un anno fino a quando raggiunsero l'altro estremo della Cina, con un percorso intricato di più di diecimila chilometri. Ma non fu un semplice camminare: costantemente minacciati dai soldati nemici, attra¬ versarono undici province, mortali terreni paludosi, diciotto catene montane, ventiquattro fiumi («L'Armata rossa non teme la difficile Lunga Marcia, diecimila fiumi, mille montagne, una cosa da nulla» poetava Mao nelle soste); sconfissero decine di reggimenti nazionalisti, occuparono sessantadue città. Arrivarono nello Shensi in meno di trentamila .belli di fama e di sventura.: tutti gli altri erano morti in combattimento, o per la fatica, le privazioni, il gelo. E' un episodio che risale soltanto a 45 anni fa, un fatto storico sul quale dovremmo disporre di fonti, informazioni, magari filmati, invece la ricostruzione di questa impresa, inimmaginabile in tempi moderni, si affida soltanto alle reminiscenze, è storia orale sema tracce documentarie. L'immaginario collettivo si è cosi sbizzarrito a paragonarla all'anabasi dei diecimila soldati greci dalla Pewsia al Mar Nero, un episodio di 2400 anni fa; oppure alla marcia di Annibale attraverso le Alpi che in confronto, nota Edgar Snow, .fu soltanto una gita di piacere.; o a collegarla con eventi più vicini a noi, ma sempre densi di significato: la spedizione dei Mille del nostro Risorgimento, la Rivoluzione d'Ottobre in Russia. Il fatto è che questa impresa, interpretata vuoi come .ritirata strategica, (fuggire all'accerchiamento del Kuomintang), vuoi come avanzata per com¬ battere in prima linea l'invasore giapponese, vuoi come momento costitutivo del comunismo cinese, si è però sempre presentata dietro lo schermo della leggenda. Per strumentalizzarla? Potrebbe anche darsi. Sfatarla avrebbe comunque poco senso, equivarrebbe a ridurre al denominatore della necessità e della congiuntura politica internazionale una .grande avventura», andando puntigliosamente a colmare tutti i vuoti, a gettar luce nelle penombre che danno fascino al mito (da che parte stava realmente Chou En-lai? Cosa è successo alla conferenza di Tsunyi? E' vero o no che Mao fu posto agli arresti?). Ridimensionare con lo scetticismo dello storico l'unica leggenda sorta nel ventesimo secolo non è quanto si è proposto Gino Nebiolo che a Pechino, nel 1964, fu invogliato a scrivere la storia della Lunga Marcia ascoltando racconti di episodi inediti e di personali esperienze di uno scrittore cinese che alla marcia aveva partecipato: d'altra parte come fanno a esistere gli storici in mancanza di archivi?. Quelli della Lunga Marcia andarono tutti perduti, almeno questo è quanto narra la leggenda. Nebiolo ha quindi raccolto altre testimonianze che confluiscono nel mito arricchendolo, ma proprio assegnando alla leggenda la sua parte di peso, cioè tenendo conto dell'aspetto umano straordinario dell'impresa, ci offre la chiave per comprendere il significato storico di quella tappa del processo rivoluzionario cinese, con tutte le sue conseguenze politiche e psicologiche ancora oggi operanti. Il mito ha una sua sconcertante attualità; i semidei sopravvissuti alle pallottole dei Kuomintang e dei giapponesi, detentori dei massimi poteri nei primi quindici anni della Repubblica Popolare, attaccati dalle Guardie Rosse all'epoca della rivoluzione culturale e sottoposti a pubblici infamanti proces¬ si, oggi paradossalmente gestiscono, come mette in luce Nebiolo, nomi e cariche alla mano — la nuova era che segna la ripresa politica e economica della Cina del dopo Mao. Ai sopravvissuti l'autore dedica il capitolo conclusivo. Prima opera organica sulla Lunga Marcia, il libro non si limita alla aneddotica (mai con i soli aneddoti si costruiscono i miti) ma analizza personaggi e avvenimenti, tenendo conto dei retroscena e degli esiti politici di questa impresa, ricollegando tutte le fila fino agli inizi di questi Anni Ottanta, raccontando le stesse vicissitudini dei principali superstiti negli Ultimi quarantanni. Dice che -questi vegliardi, comunque siano canuti, curvi, alcuni tremuli, altri sorretti da infermieri, con i segni delle antiche ferite e il soverèhio bagaglio degli anni, non hanno nulla di patetico. Li anima ancora il precetto confuciano secondo il quale la saggezza della vecchiaia è l'unico garante di buon governo? Oppure brucia ancora in loro lo spirito indomito della Lunga Marcia? E cosa succederà il giorno in cui morirà l'ultimo eroe? Teng Hsiao-ping ha settantasette anni e ha fatto la .Lunga Marcia., ovviamente. Hua Kuo-feng invece no: ha soltanto sessanta anni e corre voce che presto si ritirerà avita privata. Renata Pisu Gino Nebiolo: L'odissea cinese — Uomini e storia della Lunga Marcia, Rusconi, 320 pagine 15.000 lire! Mao Zedong nel 1937

Luoghi citati: Belgio, Cina, Pechino, Russia