Navigando sul Nilo tra nuovo e antico Egitto di Tilde Giani Gallino

Navigando sul Nilo tra nuovo e antico Egitto Le scoperte del turista Navigando sul Nilo tra nuovo e antico Egitto I mesi migliori per un viaggio in Egitto sono quelli tra l'autunno e la primavera. Ottimi i nostri mesi invernali, durante i quali non c'è il pericolo di tempeste di sabbia. Al contrario, i 52 gradi all'ombra, temperatura media dell'Alto Egitto nei mesi estivi, sconsigliano il viaggio al turista europeo. Una volta giunti al Cairo, si potranno visitare i monumenti importanti che stanno nelle immediate vicinanze: le piramidi e la Sfinge di Giza, la vecchia Memphis, il cimitero di Sakkara con le antiche tombe («mastabe»), e la piramide di Zoser, a gradoni. Dal Cairo sarà opportuno prendere un aereo per superare i circa 700 km di deserto, che separano dai grandi monumenti che si devono assolutamente vedere a Luxor, l'antica Tebe dalle cento porte, oggi distrutta, di cui rimangono solo i templi. Nei dintorni di Luxor si trovano i templi di Karnak, di Abydòs. di Deriderà, dedicato alla Dea Hathor, e le maestose Valli dei He, delle Regine, dei Nobili, dove sono state trovate le antiche tombe. Durante un viaggio in Egitto, non si dovrebbe mancare dì risalire o scendere il fiume Nilo con una motonave, che rappresenta non solo un ottimo mezzo per raggiungere anche i templi di Luxor, di Esna, Edfu, Koin Ombo, Philae, ma anche l'unico modo per godere delle suggestioni, spesso uguali fra loro, dell'antico e del nuovo Egitto. Infine, occorrerà prendere un altro aereo per arrivare, sorvolando il nuovo lago Nasser creato dalla diga di Assuan e lungo 500 km, fino ai templi di Abu Simbel, fatti costruire ai confini del Regno, circa 3300 anni fa, da Ramses II. Anche ai giorni nostri, l'Egitto non ha perso nulla del fascino che ha esercitato sui viaggiatori stranieri sin dall'antichità: assieme ad Erodoto, che attorno al 450 a. C. giunse fino alla prima cateratta del Nilo, possiamo ancora ripetere: «Le meraviglie dell'Egitto, invero numerosissime, e le opere di questo Paese, sono di una grandiosità indescrivibile». Ma, a parte le piramidi, i templi, le tombe dei faraoniche costituiscono il ri-. chiamo culturale maggiore per il viaggiatore medio che si propone un itinerario in Egitto, un ulteriore ed eccezionale motivo di interesse è rappresentato dagli abitanti attuali di questa terra antica, e dai loro comportamenti. Fin dall'arrivo al Cairo, colpisce l'attaccamento di uomini e donne agli abiti tradizionali, la lunga tunica (galdbeja) dalla gonna ampia e svolazzante per gli uomini, e in forma più contenuta, a tubo, per le donne. Il capo è sempre coperto: quello maschile da turbanti di foggia diversa, quello femminile da ampi scialli e mantelli che scendono a coprire anche la veste. La maggior praticità dell'abito occidentale non sembra interessarli: al Cairo si vedono uomini arrampicati su alti ponteggi mentre costruiscono case, per nulla impacciati dalle gonne lunghe, e nell'Alto Egitto, risalendo il Nilo, si possono osservare i «marinai» nubiani manovrare con abilità le loro feluche e magari salire fino in cima all'albero. Anziché ostacolare i movimenti, questo abito sembra conferire loro una dignità regale. Navigando sul Nilo, si vedono i medesimi paesaggi, i palmizi ed i villaggi con le case fatte di paglia e di fango che vedevano 5000 anni fa i faraoni che, nelle barche dorate, risalivano la corrente per essere adorati come dèi nei templi loro consacrati o per essere sepolti nelle loro ricchissime tombe inviolabili e subito violate dai beduini e dai predoni del deserto. Le donne, avvolte nei lunghi manti neri che non permettono di vederne il volto, scendono ancora al fiume con le pesanti giare in testa a prendere l'acqua, gli uomini ne percorrono la riva con i cammelli carichi di canne da zucchero. Sul fiume mancano solo i coccodrilli sacri: con la costruzione della diga di Assuan sono rimasti al di là dello sbarramento e vìvono soltanto nella Nubia. Per il resto pare che nulla sia mutato: l'immagine dell'arabo che nella sua lunga veste scende maestoso all'alba la ripa del fiume per inginocchiarsi vicino all'acqua e pregare Allah rivolto ad Oriente, verso il sole che sorge, è la medesima immagine trasmessa dai bassorilievi del distrutto tempio di Teli el Amarna e di quello di Karnak, dove si vede il faraone Akhenaton adorare Aton, il disco solare che, con la riforma religiosa, era diventato per un breve periodo l'unico dio dell'Egitto. Il dio. le divinità, la religione, la paura della morte e la convinzione di una vita oltre la morte, le formule magiche e religiose ed il potere della parola nella vita terrena e nell'aprire le porte dell'Aldilà, sono i temi dominanti in tutto ciò che è giunto fino a noi degli antichi Egizi. Un mondo di religiosità affascinante e misterioso, che per millenni ha dato ai faraoni un potere sovrumano, che ha consentito di far erigere «meraviglie» sempre più grandi, come le piramidi (costruite non grazie agli schiavi, come comunemente si crede, ma piuttosto con il contributo di tutta la popolazione, in una sorta di corvée un po' religiosa, un po' feudale), come i templi sempre più immensi, gli obelischi sempre più alti, magari ricoperti d'oro, e le tombe sempre più fastose, in una gara incredibile, tra padri e figli divini, a chi inventava e portava a termine le opere architettoniche più ineguagliate e irraggiungibili. Un mondo di religiosità in cui, dietro la facciata del faraone figlio di dio, si svolgevano tremende lotte di successione, dove i sacerdoti avevano assunto un potere eccezionale e regnavano spesso in luogo del faraone, di cui rimaneva solo l'immagine. Un mondo di religiosità in cui le divinità stesse e le famiglie di dèi si confondono e si moltiplicano, cambiano a seconda delle città e delle province dell'Alto e del Basso Egitto e a seconda della dinastia regnante, e risentono delle diverse interpretazioni che innumerevoli osservatori e studiosi hanno dato via via, nelle varie epoche, delle divinità e del modo di manifestare il profondo senso religioso degli antichi Egizi: adoravano un dio solo, o decine di dèi o centinaia di dèi? Erodoto, il Padre della Storia secondo la definizione di Cicerone, si era convinto che gli Elleni avessero copiato i loro dèi olimpici dagli Egizi, ma non si capacitava del fatto che questi dèi avessero una testa animale e spesso anche il corpo dell'animale. E i «misteri» di Iside, ancora praticati diversi secoli dopo Cristo anche a Roma, e di cui ci hanno parlato Plutarco e Apuleio, non sono conosciuti nep-' pure oggi. Tilde Giani Gallino

Persone citate: Cicerone, Iside, Nasser