Il vescovo di El Salvador sovversivo per sete di giustizia

Il vescovo di El Salvador sovversivo per sete di giustizia Omelie di monsignor Romero Il vescovo di El Salvador sovversivo per sete di giustizia EL Salvador è un angolo di mondo davvero fuori mano, visto da qui: un piccolo frammento di mondo, non più vasto di una regione italiana. Ci abitano in quattro milioni e mezzo, vi si produce caffè, vi si parla spagnolo e dialetti indios. E vi si muore di morte violenta a ritmi impressionanti: è come se ci fosse una strage di Bologna alla settimana. Non nuovi i connotati di questo caso politico: una distribuzione delle risorse scandalosamente distorta e squilibrata, i «pochi felici» che per conservare questo squilibrio hpri.o bisogno di un sistema rigido, il sistema rigido che funziona a meraviglia, cinquemila massacrati soltanto nel 1980. Da una parte s'invoca il cambiamento, dall'altra l'ordine: proprio .Orden. è il nome-sigla di un gruppo paramilitare (Organizacion democràtica nacionalista), che dà una mano all'esercito e alla polizia per ripulire il paese dai «sovversivi». Fra questi «sovversivi», e fra i cinquemila massacrati nel 1980. c'è stato un arcivescovo: Oscar Romero, dal febbraio del '77 titolare dell'archidiocesi di San Salvador, capitale di quell'infelice paese. Quando costui s'insediò nella sua carica un suo omonimo, il generale Carlos Humberto Romero, aveva appena strappato il potere con un imbroglio elettorale. Generali e latifondisti non ebbero niente da dire sulla nomina del nuovo arcivescovo: «uno dei nostri», commentarono soddisfatti. E non avevano torto, allora: Romero era un prete «perbene», un moderato, un tipo con la testa sulle spalle. Avrebbe pensato lui a fare della Chiesa, se non proprio un alleato del potere, almeno un elemento di neutralità. Ma quest'uomo era destinato dapprima a sorprendere, poi a infuriare gli uomini del potere. Un mese dopo l'insediamento di Romero i soliti ignoti ammazzano un prete. Rutilio Grande. Il nuovo arcivescovo vive quella che de¬ finirà «una conversione sul campo». Da quel momento Romero è il «vescovo sovversivo». Le sue omelie, irradiate oltre la cattedrale dagli amplificatori, raggiungono le sedi del potere che orlano la piazza di San Salvador: ogni domenica è una denuncia dello scandalo sociale, un tragico inventario di massacri e torture, un'accusa alla giunta militare che terrorizza il paese. Romero scrive al presidente Carter scongiurandolo di non armare più gli assassini: dall'Inghilterra lo propongono per il Nobel della pace. Il suo coraggio, la sua coerenza gli conquistano il rispetto di quanti, credenti o no. si ostinano in un mondo cosi a considerare certe cose, la democrazia, la giustizia, valori indipendenti dai «blocchi» e dalle congiunture e dalle convenienze internazionali. L'ultima omelia è del 23 marzo di un anno fa. Conclude con un invito ai soldati: se vi dicono di sparare sulla gente, disobbedite. «una legge immorale non ha l'obbligo di essere osservata». Questo è troppo: il giorno dopo lo ammazzano a raffiche di mitra nella sua cattedrale. Un aggiornamento tecnologico dell'assassinio di Canterbury. E al funerale la gente attenderà invano gli uomini del Vaticano: non ci sarà nemmeno il nunzio apostolico. Adesso, un anno dopo quella morte, e mentre nel Salvador è di scena la grande offensiva della guerriglia, la tragica figura di Romero ci è riproposta da una pubblicazione dell'Eurostudio. Raccoglie le omelie dell'arcivescovo assassinato: tre anni di azione politica appassionata, la drammatica progressione della consapevolezza' di come andrà a finire, e insieme l'orgoglio di una riscoperta, il mito della catacomba, il fascino paleocristiano del martirio. Alfredo Venturi Oscar Romero, Il mio sangue per la libertà di El Salvador, Eurostudio. 186 pagine, 6000 lire.

Persone citate: Alfredo Venturi Oscar, Carlos Humberto Romero, Oscar Romero, Romero

Luoghi citati: Bologna, El Salvador, Inghilterra, Salvador, San Salvador