La lotta per un dicastero nei corridoi di Bruxelles

La lotta per un dicastero nei corridoi di Bruxelles COS'È' CAMBIATO CON THORN PRESIDENTE La lotta per un dicastero nei corridoi di Bruxelles «Di Roy non si può forse dire che abbia appiccato il fuoco al mondo, ma è certo che dopo alcuni mesi di Gaston cominceremo ad implorarlo di tornare». La frase, a metà strada fra giudizio spietato e previsione un po' avventata, è di un diplomatico inglese e fu pronunciata all'inizio dell'anno quando Roy Jenkins passò le consegne di presidente dell'esecutivo Cee al lussemburghese Gaston Thorn. La profezia non si è avverata, però è indubbio che i primi due mesi della nuova gestione non siano stati felici. Anzi, dal momento in cui Thorn ha messo piede a Palazzo Berlaymont, la sede della commissione comunitaria nel cuore di Bruxelles, si può dire che quasi tutto sia andato storto. Subito c'è stata l'indecorosa corsa alle poltrone di eurocommissario, un evento che puntualmente, ogni quattro anni, mette a nudo senza pietà l'ipocrisia dei candidati i quali affermano di aspirare all'alta carica dopo essersi svestiti dei soliti interessi nazionalistici che motivano da sempre e ognidove i politici. Una pretesa che specie in questa tornata di scelte, è apparsa trasparente come po- che volte in passato. Per Thorn il compito dunque di nominare i suoi principali collaboratori non era facile anche se, per tradizione, c'è eccedenza di offerte rispetto ai posti a disposizione. Cariche che d'altronde quest'anno sono cresciute di una unità in modo da accomodare il rappresentante greco, George Kontogeorgis, un vispo settantenne dell'isola di Tinos, nell'Egeo. Le difficoltà maggiori per Thom erano venute dalla • vecchia guardia» composta da otto ex commissari, capitanati dal belga Etienne Davignon, il visconte responsabile della politica industriale, che aveva fatto capire a chiare lettere di non essere disposta a lasciare i dicasteri chiave a loro affidati da diverso tempo. Per di più, e qui alcuni osservatori parlano scherzosamente di 'atto di pirateria», Davignon era stato abilissimo nel mettere le mani sull'Energia e sulla Ricerca scientifica, da aggiungere alle relazioni industriali, prima ancora dell'inizio dei negoziati sulla suddivisione delle 13 commissioni. A questo punto bisogna ricordare che Davignon era stato menzionato lo scorso anno come uno dei possibili successori a Jenkins. Non essendo riuscito a spuntarla, era evidente che spettasse a Thorn ricompensare con qualche premio di consolazione le aspirazioni frustrate del rappresentante belga. Poi scoppia il caso Tugendhatcon i classici ingredienti del giallo politico: spietate manovre di corridoio, abili fughe di notizie, solenne ar- rabbiatura della signora Thatcher per pretesi •insulti» al buon nome dell'Inghilterra. Cosa era successo? Facciamo un passo indietro. Essendo nuovo negli affari comunitari, quando Christopher Tugenhat giunge a Bruxelles, nel 1977, gli sembrò giusto accettare una designazione per cosi dire di secondo rango, il portafoglio del Bilancio. Due anni più tardi la sua commissione si trova proiettata nell'occhio del ciclone, a lei compete risolvere una delle crisi istituzionali più cruciali nella breve ma turbolenta storia della Comunità. E' scoppiata la disputa che oppone Londra alla Cee sulla ripartizione fra gli Stati membri delle spese necessarie al sostentamento del Mercato comune. Gli inglesi sostengono che la loro quota è sproporzionata, gli alleati d'altra parte non vogliono aggiungere ulteriori esborsi alle già pesanti spese sostenute. La diatriba appare prilla di sbocchi immediati e si decide di istruire la commissione esecutiva a formulare proposte, entro la prossima estate, in modo da chiudere il contenzioso finanziario una volta per tutte. Tugendhat, con sulle spalle quattro anni di duro lavoro e una solida esperienza da premiare con la prospettiva di diventare uno dei cinque vicepresidenti, confidava pertanto di assumere nella nuol'a Commissione un ruolo centrale nei futuri negoziati. Un ruolo secondo per ordine di importanza a quello di Thorn. Tugendhat scopre invece, con una enorme sorpresa, che il neo presidente intende delegare il lavoro di coordinamento sulla riforma del bilancio a Michael O' Kennedy, l'ambizioso neo commissario irlandese. La domanda che molti si posero in quell'occasione era la seguente: la mossa significa un 'Sinistro complotto» per indebolire la posizione inglese in vista delle trattative o è piuttosto un diversivo, dare a O' Kennedy un posto altisonante solo di nome e vuoto di veri contenuti? Ha finito per prevalere, alla prova dei fatti, la seconda ipotesi. O ' Kennedy presiede infatti il gruppo di lavoro incaricato della riforma quando Thorn è assente, o occupato in altre incombenze, e funge da tramite fra i dipartimenti interessati alla vicenda. Non possiede insomma funzioni di • viceré», perciò nessun pericolo all'autorità di Tugendhat. Infine, O' Kennedy, essendo anche responsabile per il personale, sarà occupato almeno per un mese a mediare la controversia sugli stipendi del personale Cee, cosa che lo distoglierà dal dedicare molto tempo alle questioni del bilancio. La polemica su II 'affaire si era appena sopita che l'improvvisa morte di Finn Olav Gundelach, il danese, rispettato da tutti, che aveva diretto la politica agricola per l'ultimo quadriennio, riapriva la gara per la composizione della Commissione. Per evitare di alterare delicati equilibri, Thorn optava, nonostante le molte riserve avanzate, per una soluzione di compromesso, lasciare l'euroministero dell'Agricoltura alla competenza dei danesi. Veniva quindi nominato a succedere a Gundelach il ministro per l'Agricoltura Poul Dalsager, tecnicamente qualificato, tuttavia con /handicap di parlare solo la sua lingua e di essere poco addentro nei misteri comunitari. I guai per Thorn non erano comunque finiti. Il suo capo di gabinetto il lussemburghese Adrien Ries, vecchia volpe di Bruxelles, si dimetteva dopo poche settimane, pare in seguito ad un collasso nervoso provocato da un tempestoso scambio di opinioni con il suo diretto superiore. Ora il braccio destro di Thorn è Fernand Spaak, figlio di Paul-Henri Spaak, il prestigioso leader socialista belga che era stato uno dei padri fondatori della Comunità. Thorn è sembrato pertanto in ottima forma quando si è prestato qualche settimana fa dinanzi al Parlamento europeo per pronunciare il tradizionale •discorso-rapporto» della Commissione, ma è incappato in una serie di infortuni. La tipografia del parlamento non è riuscita a stampare in tempo il testo del suo intervento, inoltre buona parte dell'attenzione degli eurodeputati era ancora rivolta al vigoroso pronunciamento fatto alcune ore prima dal presidente egiziano Suda t. Eppure le parole di Thorn meritavano la massima attenzione se non altro perché promettevano passi ed interventi coraggiosi per assicurare l'unione politica e economica entro il 1984. Il resto si vedrà. Michael Hornsby Gaston Thom

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