Scotti: mi sforzo perché l'Italia agisca in maniera più europea di Luca Giurato

Scotti: mi sforzo perché l'Italia agisca in maniera più europea LA COMUNITÀ', CON I SUOI SUCCESSI E I SUOI ERRORI, RESTA UN PUNTO FERMO PER TUTTI Scotti: mi sforzo perché l'Italia agisca in maniera più europea In Italia, coordinare la politica comunitaria non è più «impossibile», come disse, nel Natale scorso, il ministro per l'Europa Scotti, minacciando di mollare tutto e abbandonare il governo dove, -su un tavolo, il ministro dell'Agricoltura decideva una cosa e sull'altro tavolo quello del Bilancio annullava tutto». Oggi, Enzo Scotti. 47 anni, napoletano brillante e intelligente, democristiano molto vicino ad Andreotti ma, contemporaneamente, amico personale di Forlani, non rappresenta più un «caso» unico in Italia: quello di un ministro che vuole dimettersi perché non viene messo in condizione di lavorare. Il ministro per l'Europa (istituito per coordinare la politica comunitaria) ha superato la sua crisi acuta, la condizione di malato cronico clie rischiava di trasformarlo in un -sarcofago burocratico» imbalsamato ed inutile, sbattuto in un angolo tra i più sperduti della presidenza del Consiglio. Scotti non ha ancora vinto la guerra contro le amministrazioni dei ministeri, contro le burocrazie accentratrici, contro quegli «apparati» anche del Parlamento, che hanno una concezione quasi ottocentesca dello Stato e delle relazioni internazionali, tanto da custodire gelosamente nei cassetti il 'flusso d'informazioni indispensabile per esercitare il lavoro di coordinatore della politica comunitaria». Ha però vinto molte battaglie, prime tra tutte quella, fondamentale, della «delega» per i rapporti con la Comuni-, tà. dal presidente del Consiglio e da alcuni ministri. «Quello che ancora proprio non funziona — dice il ministro tra una raffica di telefonate e l'altra, prima Forlani, poi i colleghi Reviglio (Finanze). Pandolfi (Industria) infine il leader del sindacato Cisl. Pierre Camiti — è il rapporto governo-Parlamento in materia europea. E' scarso. Meglio ancora: non c'è». I parlamentari italiani se ne infischiano dei problemi dell'Europa? «C'è una specie di braccio di ferro del Parlamento sulla materia necessaria per applicare le direttive comunitarie — dice il ministro —. Si fa dell'ostruzionisrno per non attuare le leggi della Comunità. Di qui, l'indifferenza dell'opinione pubblica italiana di fronte alle questioni europee». Come pensa di superare, dopo averne risolti altri, questo problema? -Battendomi, alla Camera, per sensibilizzare i deputati, per sviluppare una sorta di dibattito preventivo sulle questioni, per esempio, del bilancio della Comunità. E' importante, se non indispensabile, per un negoziatore italiano, avere il consenso del Parlamento su questi temi delicati». Quali sono le battaglie che ha dovuto affrontare per far decollare il ministero? «Lo prima, sulla quale ebbi anche una discussione molto dura con Forlani, che si arrabbiò un poco, era la definizione dei poteri che il Presidente del Consiglio mi doveva delegare». Lei era un ministro senza poteri? - Come ministro senza portafoglio, non ho una competenza propria. Svolgo soltanto dei compiti delegatimi dal Presidente del Consiglio. Il Presidente ha il potere, d'indirizzo e di coordinamento dell'azione di governo. Tutta la polemica sulle competenze del ministero per l'Europa che ha scatenato le resistenze di numerose amministrazioni è falsa». Falsa? -Non si tratta di costituire una nuova amministrazione accanto alle altre. Così non avremmo risolto il problema, che esiste in tutti i Paesi della Comunità, del coordinamento della posizione italiana. Si tratta di esercitare i poteri del Presidente. Ecco perché ho posto la questione in termini di delega dei poteri e di riorganizzazione della Presidenza del Consiglio. Questo della politica comunitaria è uno degli aspetti più rilevanti del coordinamento politico del Presidente». Scotti ha vinto le sue bat- taglie convincendo le amministrazioni dei ministeri che non era sua intenzione -togliere niente a nessuno, ma solo chiedere — spiega — che le amministrazioni svolgano il loro compito sulla base di posizioni concordate, all'in¬ terno del nostro Paese. C'è — precisa — una questione di interdipendenza delle scelte e di condizionamento reciproco delle scelte stesse». Il ministro conferma la -resistenza delle singole amministrazioni a gestirsi il loro pezzo di responsabilità, sema misurarsi con gli altri e arrivare quindi a una posizione comune. Ma, alla fine, la maggioranza si è convinta, grazie anche alle esperienze degli altri Paesi, che sono le stesse che noi vogliamo fare». Cosa vuole fare, esattamente? -Non un vero e proprio ministero degli Affari europei, che sarebbe un errore, perché la politica europea è parte integrante della politica interna. Bisogna invece attuare un indirizzo unitario di governo anche su questa materia, senza frammentazioni e resistenze settoriali». Il lavoro è avviato. Ora si pongono nuovi problemi, dall'organizzazione generale a un maggior flusso d'informazioni. -Appena anche in questi campi le cose andranno bene, posso andarmene ■tranquillamente, senza clamori. Il mio compito è finito. Un altro potrà continuarlo al posto mio». Luca Giurato Vincenzo Scotti, ministro per gli Affari europei

Persone citate: Andreotti, Enzo Scotti, Forlani, Pandolfi, Reviglio, Vincenzo Scotti

Luoghi citati: Europa, Italia