Pettini lascia ai piemontesi un messaggio pieno di fiducia: «Fossero tutti come voi» di Carlo Moriondo

Pettini lascia ai piemontesi un messaggio pieno di fiducia: «Fossero tutti come voi» Dopo due intense giornate di faticosi incontri e di entusiasmanti esperienze Pettini lascia ai piemontesi un messaggio pieno di fiducia: «Fossero tutti come voi» Così ha detto ieri mattina in prefettura agli alpini del Battaglione Piemonte identificando in essi tutta la popolazione Calore e affetto del pubblico - «Non sono un presidente, sono un capofamiglia» - Allo stadio: «Vi ho portato la pioggia» Concluse le due laboriose giornate torinesi, il presidente Pertini è rientrato ieri sera a Roma. L'aereo militare ha lasciato dietro di sé Caselle per immergersi nelle nubi basse che avvolgevano la collina. Per un attimo sulla pista si è visto attraverso il vetro del finestrino il Presidente che agitava la mano ancora una volta per ricambiare il saluto della città che aveva gridato il suo nome, che lo aveva applaudito, che gli aveva gettato fiori per due giorni, nelle vie, nelle piazze, in teatro, nei centri storici che egli aveva visitato. Attraverso il finestrino dell'aereo, Pertini ringraziava Torino: ed il gesto ci ha richiamato alla mente una frase, mezza sullo scherzo e mezza sul serio, che gli avevano detto poco prima, allo stadio, nell'intervallo del derby: «Ci scusiamo, come torinesi, dell'orribile clima che le abbiamo preparato E Pertini, di rimando, accettando la battuta: -Ma no, io invece vi ringrazio di avermi dato modo di farvi un regalo. Vedete? Volevate la pioggia, io ve l'ho portata, sapevo che qui, in Piemonte, ne avete un grande bisogno C'è molto di Pertini in queste frasi: il suo accettare qualsiasi domanda, una disponibilità al dialogo in qualsiasi istante, in qualsiasi momento, un bisogno che diremmo fisico di essere in contatto con la gente e soprattutto, testimonianza di un animo di alta generosità. In altra occasione aveva affermato: -Presidente, io? Macché, io mi sento piutto¬ sto il capofamiglia degli italiani E lo vedevamo: in questi due giorni in cui lo abbiamo seguito e sovente anche inseguito, ogni volta che l'auto si arrestava, lo vedevamo addirittura tuffarsi verso la folla che lo attendeva: come se vedesse davanti a sé dei familiari, tutti da abbracciare, da ascoltare, con i quali rallegrarsi oppure da consolare se qualcosa non va. Sabato mattina, alla prima uscita dalla Prefettura, la gente gridava -Viva Pertini.. Ieri mattina era già passata a « Viva Sandro*. Sono segni di una popolarità meravigliosa, che Pertini non fa nulla per accrescere: si comporta semplicemente cosi, come egli è. Agli alpini del battaglione Piemonte, ieri mattina in Prefettura, ha detto: 'Siete la forza dell'Italia, fossero tutti come voi». E gli alpini, reduci dal Montenegro, gente carica di onore e di ferite, sono usciti con gli occhi lustri. Ricevendo le scolaresche, le ha invitate a fargli qualche domanda. Un ragazzotto della II D della scuola Ruffini di Ivrea, gli ha chiesto: «Afa tu sei proprio amico di papa Wojtyla?*. Non riusciamo ad immaginare chi altri avrebbe osato rivolgere una domanda di questo genere. Che il bambino l'abbia chiesto, è appunto segno di una popolarità stupenda, ma è altrettanto bello che Pertini molto seriamente abbia risposto: «Per la verità, io non sono molto devoto. Ma con Wojtyla vado d'accordo perché è molto aperto e molto cordiale. Eppoi, lo invidio perché viaggia più di me: lo vedete, che non è mai a Roma!*. Le strettoie del programma cronometrico gli hanno impedito di realizzare un desiderio, che era di farsi una passeggiatina per via Roma. Ma forse non avrebbe potu¬ to: la sua presenza fa accorrere la folla, gente che lo ha visto mille volte in tv vuole trovarselo sotto gli occhi, stringergli la mano, almeno, toccarlo, magari chiedere un autografo, a quest'uomo paziente ed instancabile. E' quest'altro l'aspetto che ha stupito: -Non ho mica quarantanni...* dice Pertini, eppure l'abbiamo visto stringere centinaia di mani, dire una parola particolare a tutti, visitare Centri importanti, intrecciare dialoghi, assistere al «Matrimonio segreto» al Regio (concentratissimo, il volto tra la mani affilate, attento a non perdere una battuta) e infine, sabato, convincere autorità ed amici a finire la serata in un ristorante di corso Filippo Turati (nome emblematico...), con una buona cena conclusasi con il rituale grappino. E il giorno dopo di nuovo, su un ritmo che davvero avrebbe stroncato un quarantenne, ricevere delegazioni, visitare il Centro Gobetti, poi a Rivoli, poi a Venaria, poi di corsa allo stadio, a non perdere il fischio d'inizio, anzi a ritardare l'avvio perché, sceso in campo, Pertini è stato avvolto da un nugolo di giocatori e di gente sbucata chissà da dove, che non lo lasciava più. Carlo Moriondo Una delle scolaresche ricevute ieri mattina in Prefettura dal Presidente Il commovente incontro stamane nel castello di Rivoli tra il Presidente e mamma Piol